Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 36/37 - gen.-feb. 1993

voglia avere un minimo di realismo e di razionalità. Nonché per chiunque riesca a mantenere occhi sereni, non incupiti da pregiudizi. Il primo, che riguarda gli oppositori della legge, mi sembra il seguente: qualunque restrizione si intenda porre alla cosiddetta autodeterminazione della donna si scontrerà con due problemi gravi e praticamente insolubili: l'accusa di favorire e di preferire la clandestinità (con tutti i suoi costi e pericoli) in cui da sempre la donna ha esercitato la propria autodeterminazione, e quindi l'accusa di manifesta inequivocabile, e condannabile, ipocrisia (fatelo, ma che almeno non si veda!), accusa poi che andrebbe a stamparsi soprattutto sul volto, sull'immagine della Chiesa cattolica; in secondo luogo, a chi affidare la decisione e quale il quadro di criteri per la decisione stessa (è evidente che incesto e violenza dovrebbero certamente rientrarvi - nemmeno la Chiesa, forse, si opporrebbe - ma allora si tratterebbe di un numero limitatissimo di casi, il fenomeno verrebbe pressoché totalmente ricacciato nel buio). Secondo punto fermo: concerne i difensori della legge eriguarda anzitutto le questioni inerenti all'attuazione della legge medesima, ossia la necessità di rafforzare l'attività di prevenzione e dissuasione. In merito farò qualche esempio: a) tramite unico i consultori, che sono un istanza pluridisciplinare e collettiva, col medico di fiducia soltanto in via transitoria fino a che la rete consultoriale non sia impiantanta, radicata e ben fi.mzionante su tutto il territorio; b) obbligo di coinvolgere il padre del concepito in ogni caso, salvo esplicito rifiuto della donna; ricordiamo che secondo le statistiche ministeriali le donne che chiedono di abortire sono in larga maggioranza sposate e che la contraccezione non è e non dev'essere esclusivamente femminile; c) obbligo di informare - solo informare, si badi, niente carta da bollo, niente impegni scritti - sulla possibilità di adozione subito dopo lanascita, facendo presente le migliaia di coppie in attesa quanto mai spesso del tutto vana; d) divieto esplicito di usare negli incontri consultoriali argomenti e immagini terroristiche in senso antiabortista; e) revisione sia delle norme relative all'obiezione di coscienza con la previsione di un impegno corrispettivo in favore della vita concepita e nascente (questa fu veramente una clamorosa dimenticanza del legislatore) sia di i)JI.BIANCO '-XILROSSO lit•#§iill quelle che vietano la presenza nei consultori di personale obiettore; f) reato di omissione di alti d'ufficio esplicitamente previsto per il personale consultoriale che non compie quanto previsto dalla legge ai fini di «rimuovere le cause» che inducono la donna all'aborto e si comporta come un esecutore burocratico; g) verifica concreta (e non puro vuoto), durante i sette giorni di intervallo previsti, dalle possibilità alternative eventualmente emerse nel colloquio; h) obbligo per il medico che esegue l'intervento di coinvolgere il padre del concepito nell'informazione e nel consiglio intorno ai metodi anticoncezionali (anche qui, ovviamente, salvo diniego esplicito della donna). Insomma mi sembra si tratti di rendere più evidente e soprattutto più operativamente incisivo il concetto fondamentale della legge: alla donna spetta l'ultimama l , I ·~ ~ 1 .! ·; i /' . '. ;,. l I . \ 54 non l'unica parola. Alla decisione la società organizzala partecipa e contribuisce (non è neutrale, va ribadito) ma per orientarla quanto possibile nel senso della prosecuzione della gravidanza. Modeste proposte, quelle sopra accennale: non gratuite, peraltro, implicano stanziamenti, pur se non enormi (d'altronde la quotidiana recita sul valore famiglia, sul valore della vita umana concepita, varrà pure qualche variazione di bilancio, o no?). Destinate comunque a suscitare feroce opposizione sia in coloro che vogliono a tutti i costi ribaltare l'impostazione della legge sia in coloro che sono preoccupati di esaltare come un assoluto l'autodeterminazione della donna e non badano ad altro, al grido «la 194 non si tocca». D'altronde va pur tenuto conio che la caduta del regime penale ha contribuito ad abbassare il livello di coscienza rispetto all'aborto come disvalore: un'indagine sui valori più sentiti dagli europei, svolta da un gruppo di ricerca belga-olandese e condotta in nove Paesi dell'Europa occidentale per un complesso di 12.463 interviste (né da notizia La civiltà cattolica, 144, I, 174 (16gennaio 1993) ha dato i risultati seguenti: la prostituzione non è giustificata in nessun caso dal 58,6%, le relazioni extraconiugali dal 48,9% ma per l'aborto si scende al 23,9%. Sono dati oggettivamente preoccupanti quando si tenga conio che, sotto il profilo scientifico (non metafisico e religioso) il concepito è da subito, o quasi, un programma di uomo già perfettamente individualizzato, tutt'altro che un indistinto grumo di sangue come volevano certi radicali e certe femministe arrabbiale. Agli uni e agli altri scandalizzali dalle mie proposte (modeste) di modifica mi sento di dire che le loro posizioni sono, in definitiva, non difendibili e che l'incontro e la collaborazione al fine, comune a lutti, una volta abbattuti finalmente gli steccati pregiudiziali, di ridurre al minimo l'incidenza del fenomeno si può trovare soltanto nella cultura non del divieto e della minaccia penale ma della solidarietà sociale operante. Purché la si voglia e la si sappia mettere seriamente in atto come una scomessa e una sfida sul futuro umano che una cultura nuova lancia a quella vecchia. Così a me pare che la legge italiana abbia in sé le potenzialità per essere domani il modello per una eventuale legge europea sul fatto abortivo.

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