soltanto debolezza umana. Io non so se, qui, entri poi in ballo il rigore degli ecclesiastici o la misericordia di Dio. Credo, tuttavia, che neanche una coscienza laica sia dispensata dal porsi quella domanda. La scienza, il diritto positivo, qualche concezione filosofica, una convinzione diffusa o semplicemente una indifferenza o una insensibilità personale possono anche dirle di rispondere no: che lì non c'è una persona umana e quindi può essere estirpata come un grumo di carne senza valore. Ma anche una coscienza laica potrebbe essere raggiunta da qualche indicazione diversa o per lo meno da qualche dubbio. Anche per essa, allora, la decisione diventa ben problematica. A queste considerazioni, vorrei aggiungere, infine, qualcosa di cui mantengo memoria da un po' di tempo. Ero a Montecatini, qualche mese fa, dove si teneva un convegno sull'aborto, organizzato dal Mo- ,{)JI, BIANCO lXILROS.SO IH•#OMil vimento per la vita. Più che sull'aborto in se, la discussione si era spostata sulla relativa legge. Cattolici e qualche rappresentante di partiti laici vedevano la 194, quindici anni ormai di anzianità, sulla strada della revisione. «Dal punto di vista di un realismo politico», affermava Carlo Casini, ispiratore del Movimento, «Vedoancora molte difficoltà. Tuttavia, è certo che va crescendo un certo interesse nei partili, almeno sono sorti interrogativi, dubbi, anche negli ambienti laici». «Organizzare la pace politica» sul tema dell'aborto, proponeva, citando una frase di La Pira, Antonio Patuelli, vicepresidente del Partito liberale. La «pace politica» deve essere una cosa molto bella, sebbene finora non se ne abbia mai avuto esperienza. È lodevole, quindi, che gli uomini di partilo si propongano di ricercarla. Ma non è qualcosa di politico che mi sono portato via dal convegno di Montecatini. È stata una comunicazione fatta da una psicologa, che riferiva di inchieste e osservazioni realizzate da studiosi negli Stati Uniti. Si tratta di qualcosa che è stata paragonata alla cosiddetta «sindrome del Vietnam», la sindrome dei sopravvissuti all'inferno della guerriglia. Secondo gli studiosi statunitensi, molti delle nuove generazioni, prendendo consapevolezza del grande numero di aborti, si sentono come dei sopravvissuti nell'ecatombe di tante creature umane non venute alla vita. Non so quanto questa constatazione possa essere corrispondente al vero e quante persone tocchi né quanto possa svilupparsi in futuro, ma penso che andiamo incontro a un mondo ben triste se, aggiungendo incubi a incubi, dopo quelli della droga e dell'Aids, l'uomo sulla terra dovrà sentirsi anche come uno scampato alla catastrofe quotidiana, diffusa e silenziosa, di innumerevoli suoi simili impediti di venire al mondo. La miglioreriforma è applicare la 194,prevenzionceompresa A conferma e riprova del primo fatto evocato dal lesto della rivista sembra assai opportuno ricordare quanto ebbe a dire il compianto Paolo Bonifacio,allora ministro della giustizia, concludendo in Senato la discussione generale sulla legge il 10maggio 1978: «Il Governo ritiene di dover sottolineare alcuni aspetti estremamente positivi che sono emersi nell'approfondito dibattito... con profonda soddisfazione il governo prende atto che la tesi - aberrante sul piano costituzionale, sul piano civile e sul piano morale - secondo la quale l'aborto costituirebbe contenuto ed oggetto di un diritto di libertà, ha ricevuto una secca smentita ed una non equivoca ripulsa dalla quasi totalità dei gruppi politidi Mario Gozzini ci che compongono il Parlamento ... Questa smentila, questa ripulsa giustificano e rendono apprezzabile la più volte dichiarata volontà che la proposta di legge ... da nessuno venga intesa come finalizzata alla cosiddetta libertà dell'aborto, ma, nella corretta interpretazione e nella doverosa applicazione delle singole disposizioni e delle nuove strutture in essa previste, diventi invece strumento per raggiungere il più nobile, il più alto obiettivo di libertà dall'aborto. È sulla base di tale valutazione che il Governo, mentre sollecita le forze politiche e sociali a dare un prezioso contributo nell'opera diretta a prevenire e a disincentivare l'aborto, assume il formale impegno che ... ogni sforzo sarà diretto, per la parte di sua competenza, a dare il massimo di efficienza a quelle strutture, a que52 gli interventi che sono predisposti al fine di aiutare la donna a optare non per l'aborto ma per la vita della sua creatura, in coerenza con l'art. 1 della legge». Anche Bonifacioera un dc, come lo erano i vari firmatari della legge ricordati dalla rivista. Ma si possono anche citare testimonianze diverse a sostegno di quella lesi. Per esempio i relatori di maggioranza alla Camera, Del Pennino e G. Berlinguer, avevano scritto: «I.:averposto l'accento sull'opera dt prevenzione dei consultori significa aver caricato di una valenza negativa il giudizio sulle pratiche abortive, riaffermando l'interesse dello Stato a svolgere un intervento dissuasivo nei confrontidella decisione della donna di interrompere la gravidanza». E un altro testimone, insospettabile, l'on. Piccoli, allora segretario della Dc, ebbe a
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