parti ricorre, di accentuare l'intervento statale sulla donna nel momento della scelta (sotto la forma ambigua di sostegno-dissuasione-coercizione), per meglio dar voce a tutte le ragioni ed interessi presenti, della donna e del nascituro. Ma ciò che non convince è che sia affidata al di fuori del rapporto materno la rappresentanza degli interessi del nascituro, visti come «altri»da lei, e che nessuno finora garantirebbe in assenza di una figura sociale a tal fine predisposta. Si cancella così il valore e la materialità della relazione tra donna e nascituro, senza peraltro uscire dai limiti di quell'etica individuale lamentata da Amato. Se si dividono e si contrappongono gli interessi della donna e dell'embrione (come se si trattasse appunto di individui separati), trattandosi per la società di prender partito per gli uni o per gli altri, si ha semplicemente il (falso) riconoscimento di una pluralità di interessi, che non escono però dalle angustie della dimensione individuale. Si supera l'ottica individuale solo se si riconosce il rapporto assolutamente peculiare di corpo e di mente, fra la donna e il nascituro, ovvero la realtà psicofisica della DJLBIANCO '-X.IL ROSSO lit•Wilil ,.;-,· ~~··--:· •.;t· I' ~;;~~~/" ·:~'.,-,.'. ··t· ,, ..... ... ,. , .... -~ ..... ;-. ,. /.' \ 'f~~<~ '. maternità. Perciò non è giusto parlare di contrapposizione fra il diritto della donna a disporre del proprio corpo e «l'interesse del feto a nascere»: non perché il conflitto non esista, ma perché questo è interno al soggetto femminile, ed è radicato nell'iniscindibile rapporto che la maternità mette in moto. La considerazione sociale del feto non può darsi al di fuori del concreto vissuto del soggetto femminile, cui non a caso è affidata la scelta se dare o meno la vita. L'esperienza della maternità configura un'etica nuova in cui libertà individuale e responsabilità sociale non si scindono, bensì si legano: perciò risulta inadeguato il linguaggio dei diritti individuali per definire l'autodeterminazione. L'autodeterminazione configura una libertà di essere se stessa che non si contrappone alla responsabilità verso l'altro, anzi si carica di significato nel riconoscimento dell'altro. Come sostiene SilviaVegetliFinzi nell'opera intitolata «Il bambino della notte», il potere materno non è illimitata libertà e onnipotenza dell'individuo, ma ha al suo interno al capacità di contenimento e autolimitazione. In conclusione: sul piano sociale molti passi avanti si sono compiuti per prevenire l'aborto, tramite una migliore conoscenza dei contraccettivi, anche se molto rimane da fare specie rispetto ai giovani. Ma la controversia che ancora infuria sul terreno dell'etica difficilmente potrà attenuarsi, poiché sia l'elica laica che la cattolica tradizionale sono inadeguate ad affrontare il dilemma che l'aborto propone: né l'affermazione di un astratto «valore della vita», né il generico linguaggio dei diritti individuali colgono l'essenza del vissuto della maternità, a partire dalla quale le donne hanno elaborato la loro cultura ed etica. Occorremigliorarel'applicazione di tuttele partidellalegge e ome premessa al mio ragionamento vorrei dire una cosa: a me non sembra né inutile né improprio che si riapra una riflessione su un tema così delicato e che coinvolge la salute e la coscienza di milioni di persone in Italia e nel mondo. Allo stesso modo, non mi sembra inutile che si rifletta su una legge, la 194, operante da 15anni e nata in un contesto culturadi Gennaro Acquaviva le e storico molto diverso da quello attuale. Cominciamo da quest'ultimo punto. Il ricorso all'aborto non va certo considerato né la conquista di una malintesa libertà, né uno dei metodi da assumere come controllo delle nascite. L'aborto è, comunque lo si voglia considerare, un fatto traumatico egrave; e la scelta di appoggiare una legge attraverso la quale esso non fosse piu un reato è staia fatta dalla maggioranza degli italiani, attraverso il referendum, allo scopo di far emergere il fenomeno, per renderlo 46 controllabile, prevenibile e per evitare quelle tristi realtà di sfruttamento, morte, danni alla salute che la clandestinità comportava. Questi risultali si potevano raggiungere attraverso una completa informazione sulla contraccezione, accompagnata da una maturazione morale e civile capace di portare al rigetto spontaneo del ricorso a questa pratica che, comunque la si consideri, è un grave danno per l'insieme della società. Più assistenza, più sicurezza, più solidarietà, più affetto intorno alle donne, co-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==