Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 36/37 - gen.-feb. 1993

se in forme che a me paiono ancora troppo vaghe, sulla latitanza delle politiche messe in campo per ridurre la necessità del ricorso all'aborto. Ci sono cerio anche altri nuclei di dissenso: uno riguarda l'efficacia preventiva svolta dalla legge fin qui, l'altro, più vago e incerto, la possibilità di ridurre o meno gli spazi di liceità dell'aborto. Sarebbe, è, da ciechi negare il dato evidente della curva in discesa costante degli aborti, quale che sia il parametro che si prende come riferimento. E tuttavia anche su questo piano un eccesso di trionfalismo filo 194potrebbe essere fuori luogo. In che misura la curva discendente è legala a forme regolate di sostegno pubblico e in che misura è il frullo di una maturazione culturale, della accresciuta scolarizzazione femminile, di una liberalizzazione di fatto dell'informazione e della diffusione dei contraccettivi, insomma di un modulo spontaneo di governo femminile di sé, che potremmo chiamare genericamente più moderno? Ed è possibile esaltare questi processi con maggiore efficacia di quanto fatto fin qui? I dati della applicazione della legge che fanno problema vanno in questa direzione; l'aborto è e resta una forma di controllo delle nascile (in realtà, fuori di ogni ipocrisia, che altro è se no?); gli aborti clandestini, soprattutto di minorenni, restano un dato inquietante, che denuncia doppiamente l'inefficacia di una politica di prevenzione; il lasso altissimo delle obiezioni di coscienza esprime un farsi da parte, un lavarsi le mani del problema da parie di una parte consistente della classe medica, strettamente legato alla scelta disastrosa, fatta nella legge, di una obiezione totalizzante, che in qualche modo ritarda nel paese la maturazione di un etica di condivisione. Più vago, si diceva, e sostanzialmente astratto, l'obiettivo di ridurre gli spazi di liceità (in senso giuridico si intende) a pochi casi «drammatici»; un tale obiettivo rimuove di fallo la natura della pressione abortista oggi ed è dunque irrealista; in più esso carica lo Staio, il pubblico, di un giudizio di tollerabilità e, di fatto, di eticità più grave simbolicamente di una pura regolazione delle procedure. Restiamo al nodo centrale che è quello della prevenzione. ..l).tJ. BIANCO lXILROS.SO lit•#iilil La ricerca del nucleo del dissenso, come forma di una sdrammatizzazione di esso e di una ricerca comune di soluzione, esige che si liberino intanto i punti di consenso possibile. Un primo punto ricostruttivo dovrebbe partire dal dato che una azione di prevenzione che parla dal sostegno oggettivo alla maternità è un elemento che può unire opzioni etiche diverse, non contestato e non 34 contestabile da nessuno, e, insieme, forse quello dotato di maggiore efficacia rispetto a situazioni davvero drammatiche. Non possiamo dimenticare che il nostro paese è, se si eccettua il traguardo ormai remoto della legge sulla lavoratrice madre, un fanalino di coda in Europa su questo piano, sia come trasferimenti monetari in favore di chi ha a carico figli e figli piccoli, sia come ampiezza dello spettro di situazioni prese in esame per un sostegno specifico, sia come organizzazione dei servizi all'infanzia, salvo alcune aree regionali. Nel nostro paese si è in qualche modo assistito a un intreccio perverso, che è a suo modo uno delle ragioni della sconfitta politica complessiva delle donne. Da una parle nel ricorso insistito alle ragioni della vita non ha prevalso un concreto progetto politico, da mettere in campo qui e ora, come impegno positivo della intera comunità organizzala, per mutare le condizioni materiali della maternità, ma la bandiera ideologica, argomento estremo a difesa di una unità politica dei cattolici, che, è copertura di altro, di una continuità del potere, mai chiamato a rendere conto. Di qui la debolezza anche delle sincere e, talora valide, proposte e pressioni per una politica della famiglia e di sostegno alla maternità di cui va il merito anche alle donne democristiane, ma in un quadro allento politicamente a altro. All'opposto, anche a sinistra, malgrado gli sforzi e gli impegni indubbi di autorevoli dirigenze politiche femminili, di amministratici locali, (e penso in particolare al progetto emiliano) di parlamentari, l'inserimento del sostegno alla maternità nelle politiche sociali, pur avendo ottenuto, in questa o quella finanziaria, qualche risultato, è stato spesso percepito come marginale. Una tenace diffidenza, femminista o no, ha accompagnalo (e vorrei ricordare re polemiche seguite al convegno delle donne del Pds su «Il tempo della maternità») la voglia delle donne di sinistra di impegnarsi su questo terreno come il «loro»terreno. Solo affrontando sul serio questo primo, generale capitolo della prevenzione, si può ottenere il diritto di essere ascoltati con rispetto e senza sospetti quando si vogliano affrontare gli altri. Il primo superamento del dissenso va fallo qui, incrociando la drammatica crisi economica del paese, fa-

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