Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 36/37 - gen.-feb. 1993

icl.lL BIANCO lXILROSSO 1i 111111Alill tuazione politica sarà migliore quando sarà cambiata non c'è dubbio che non pochi elettori, con la loro decisione di voto, hanno inteso esprimere l'intenzione (nei limiti consentiti dalle attuali regole elettorali) che il sistema politico deve 9ambiare se si vuole che diventi migliore. Le inchieste giudiziarie, a loro volta, hanno ulteriormente affievolitola legittimità del vecchio ceto politico. Che è ormai a livelli incredibilmente e pericolosamente bassi. I magistrati stanno svolgendo un'opera meritoria che va perciò apprezzata. Non bisogna dimenticare però che in un sistema ordinato di poteri i magistrati hanno, rispetto alla vita politica, la stessa funzione che il chirurgo ha per la nostra salute: quella di intervenire sulle patologie. Il chirurgo interviene su mali che non sono risolvibili altrimenti. Quando cioè le medicine sono inefficaci e la prevenzione non serve più perché la malattia si è già manifestata. Le inchieste giudiziarie.in corso sono quindi utilissime a fini di giustizia, ma non sono certo lo strumento capace di risolvere i problemi del funzionamento del sistema politico. I problemi politici esigono, infatti, rimedi politici. C'è infine la questione dei referendum. Tutto lascia supporre che tra due o tre mesi ci sarà la consultazione referendaria. Indipendentemente dalla qualità delle modifiche alla legge elettorale che essa determinerà, si può tranquillamente ritenere che si tratterà di una sorta di plebiscito (dall'esito praticamente scontato) contro la prima repubblica ed a favore della seconda. Da quel momento la valanga del cambiamento diverrà praticamente inarrestabile. Essa investirà, in primo luogo, il sistema elettorale. Già da ora il dibattito non è più tra i sostenitori del sistema proporzionale e quelli del maggioritario, ma se il maggioritario debba essere ad un turno od a due turni. È chiaro che non si tratta di una variante tecnica, ma politica. CÒn un solo turno si avrebbe, infatti, una brutale semplificazione del sistema politico. Mentre con i due turni si eliminerebbero i guasti del proporzionalismo senza soffocare il pluralismo. In ogni caso con il passaggio dal proporzionale al maggioritario si passerà da una concezione della democrazia ad un'altra. Dietro il sistema proporzionale c'è, infatti, l'idea che la democrazia debba «dare rappresentanza» a tutte le posizioni che si esprimono nella società. Dietro il maggioritario c'è invece l'idea che la democrazia debba, prima di tutto e soprattutto, «governare». 3 Si può tranquillamente ritenere che se un'idea è considerata più moderna di un'altra è soltanto perché nessuna delle due è immortale. Infatti i sistemi elettorali, come quelli istituzionali, non esprimono una verità assoluta, perenne. Essi sono il prodotto della storia e possono perciò benissimo mutare con il mutare del contesto storico. Non c'è dubbio che la legge elettorale proporzionale, nel nostro caso, ha avuto una funzione importante. Perché ha consentito di metabolizzare cambiamenti diversamente indigeribili. Basti pensare alla migrazione biblica dal Sud al Nord; alla trasformazione di una società essenzialmente agricola in società industriale. Ma, nel tempo, il suo costo era diventato troppo alto in termini di frantumazione, di mancanza di ricambio, di moralità. Al punto in cui siamo, la realizzazione di un nuovo sistema elettorale, più che desiderabile, appare indispensabile. Non si dovrebbe ignorare però che, da sola, la modifica delle regole elettorali è una «condizione necessaria, ma non sufficiente». Perché le cose della politica possono cambiare davvero sono indispensabili contestuali trasformazioni istituzionali che consentano di realizzare, anche da noi, la «democrazia dell'alternanza». Una democrazia cioè dove, al dunque, si confrontino due programmi, due schieramenti, due candidati. Questo risultato si può ottenere solo con indispensabili trasformazioni istituzionali. Vale a dire con l'elezione diretta del sindaco (naturalmente con un ballottaggio a due e non a tre, come invece ha cervelloticamente deciso la Camera) del presidente della Provincia, della Regione e del capo dell'esecutivo a livello nazionale. Poiché una simile evoluzione, almeno per ora, non si intravede, questo resta un motivo di forte preoccupazione. Se, infatti, si perdesse il nesso tra sistema elettorale e meccanismi istituzionali, la stessa democrazia rischierebbe di avvitarsi su se stessa. C'è chi sostiene (non senza esagerazioni o forzature) che stia finendo un regime. Sicuramente sta finendo un'epoca. E, come in tutte le fasi di passaggio, si possono aprire grandi potenzialità, ma c'è anche il rischio che passi indietro siano compiuti. Questo pericolo non lo possono scongiurare né i giudici, né i referendum e, men che meno, il voto leghista. Può essere scongiurato solo da una forte ed appropriata iniziativa politica.

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