Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 36/37 - gen.-feb. 1993

.P-lLBIANCO l.XILROS.SO Ni•ilil•d Possiamo metterla così: c'è una indiscutibile utilità della dimensione etica anche per il raggiungimento di obiettivi di carattere economico, o individuale. Per altro non dobbiamo ignorare che azioni solidaristiche non sono soltanto auspicabili, ma necessarie per il soddisfacimento di esigenze altrimenti non risolvibili. La solidarietà nei confronti dello sconosciuto, del viandante, di chi è in condizioni di bisogno, ha un riconosciuto indiscutibile fondamento nell'etica religiosa, ma ha anche il compito di assicurare a ciascuno una protezione, che il gioco del mercato, degli interessi individuali è incapace di garantire. In altre parole: il buon samaritano compie un'azipne meritoria, ma nello stesso tempo rimedia ai fallimenti del mercato. Il fatto che la solidarietà è utile, che conviene non significa, per ciò stesso, che sia anche facile. Tutto infatti nella società urbano-industriale sembra congiurare contro l'adozione di comportamenti solidaristici. I sentimenti solidaristici o altruistici (che sono la stessa cosa) sono infatti favoriti anche dalle circostanze ambientali, sociali, organizzative nelle quali sono inserite le persone. Proviamo a riflettere su un fatto che fa parte dell'esperienza quotidiana di ciascuno. Molti di noi vivono in grandi città. Queste città sempre più smisurate e fatte di una «folla solitaria». Viviamo sempre più ammucchiati l'uno sull'altro, ma nello stesso tempo in solitudine e nella depersonalizzazione. Ebbene, chi abita nelle grandi città di solito non saluta chi non conosce. Talvolta anche se è un vicino di casa. Ed il saluto è il primo gesto della catena di solidarietà. Le stesse persone, se si recano ad una escursione in alta montagna sono invece ben disposte a salutare qualunque sconosciuto incontrino sul loro cammino. Come mai queste differenza di comportamento? Forse perché in alta montagna soffia la cultura della civiltà montanara? È possibile, ma non del tutto convincente. Credo più vero il fatto che gli escursionisti alpini si salutano perché si trovano in una situazione di esposizione al pericolo, di insicurezza e perciò di potenziale dipendenza dall'aiuto reciproco. Se quindi la solidarietà non è facile, essa diventa invece un comportamento naturale e spontaneo 19 soprattutto quando le condizioni la favoriscono. La solidarietà non è facile anche perché il mondo contemporaneo corre a velocità sempre più vertiginose. Nel breve volgere di pochi decenni il mondo che avevamo conosciuto prima ci appare completamente diverso. In questo mutamento frenetico l'uomo nari sembra avere né tempo né modo di trovare un assestamento. Se oggi, da più parti, si invoca con tanta insistenza l'integrazione sociale. Se, malgrado il martellante incitamento all'individualismo ed alla competizione che ha contrassegnato il «quindicennio liberista», l'uomo contemporaneo si rivela ansioso di «raggrupparsi>> e di «appartenere» è proprio perchè la nostra società è profondamente disintegrata. Perché l'uomo che perde i suoi naturali tessuti connettivi si sente alienato e «senza radici». Anche se il mutamento è per il meglio, lo sradicamento resta. Resta perché all'accelerazione storica si accompagna una mobilità geografica di proporzioni sconosciute in passato. Nella società dei servizi saremo sempre meno a morire dove siamo nati. La «modernizzazione» è anche e sempre più spesso spostamento di casa in casa, di città in città. Spostamento che è perdita di legami familiari, di amici, di vicini. Che è perdita di storia personale. So bene che la perdita di radici in molti casi è stata compensata dalla liberazione di insopportabili catene-sociali ed economiche. Né voglio idealizzare «il buon tempo antico». Anche perché per molti, per troppi, non era affatto buono. Voglio solo dire che le condizioni, in cui viviamo nella società contemporanea non facilitano uno spontaneo sentimento solidaristico. Occorre quindi correggere il corso delle cose anche con un grande impegno educativo, per mostrare a tutti non solo la percorribilità, ma anche la «convenienza» delle azioni solidaristiche. Per svelare non solo le ragioni morali, ma anche pratiche che comportano una scelta di solidarietà. Ho parlato all'inizio del lavoro come del problema sociale più acuto del nostro tempo. Chi vuol impegnarsi a realizzare i rimedi necessari sa che la prima condizione è di riuscire a fare una politica economica espansiva. Con la recessione, infatti, i posti di lavoro non si creano, si perdono. Certo la cosa è facile a dirsi meno facile a farsi, perché in un sistema economico integrato a livello in-

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