,P.tL BIANCO lXILROS&) ilii•Ciliri buzione del lavoro e degli orari, è possibile evitare che tra un anno o due l'economia reale, la struttura produttiva dell'Italia siano definitivamente collocate tra i Paesi deboli, in un irreversibile declino prima economico e poi sociale e civile. Senza di ciò peraltro le stesse misure di risanamento del bilancio pubblico falliranno e non tra due o tre anni, ma tra due o tre mesi. Senza crescita e senza lavoro non si risana proprio nulla. Ignorare l'economia reale non è possibile. Quando ciò avviene, essa si vendica. È quello che sta accadendo. È questo che occorre cambiare. Illavordoifficile e l'impotenzdaellapolitica di Luigi Viviani occupazione è diventata, in questa difficile transizione che vive il nostro paese, l'ambito LI ed il segno dei limiti e dell'impotenza della politica. Lo stesso Governo Amato, che pure in questi mesi ha dimostrato una efficace capacità riformatrice, appare incerto ed incapace a mettere in campo adeguate politiche del lavoro. Ci troviamo nel mezzo di una crisi inedita in cui, una miscela di recessione, inflazione e deindustrializzazione sta determinando uno squilibrio crescente tra domanda ed offerta di lavoro a cui non siamo preparati ne sappiamo come farvi fronte con efficacia. Gli aspetti più evidenti che emergono sul mercato del lavoro sono la disoccupazione industriale, specie al Centro-Nord, e l'accresciuta disoccupazione giovanile al Sud. Lo storico dualismo Nord-Sud risulta così accentuato tanto che mentre dieci anni fa il tasso di disoccupazione meridionale risultava doppio di quello del Nord, ora è diventato superiore a tre volte, ed in alcune zone arriva a quattro volte il tasso di disoccupazione settentrionale. Il nostro paese è costretto ad affrontare questa difficile sfida in condizioni del tutto svantaggiate. L'integrazione internazionale della nostra economia, consolidata dall'accrescersi dei vincoli imposti della politica comunitaria, ci impedisce anche di pensare ad uno sviluppo fuori da una ripresa trainata dai paesi più torti. 13 Nello stesso tempo i vincoli derivanti dell'esigenza primaria di risanamento della finanza pubblica rendono, in larga parte, impraticabili, al di là dei loro effetti incerti, le tradizionali politiche keynesiane di espansione della domanda aggregata. Gli stessi ammortizzatori sociali, che nel nostro paese sono stati abbandonati e diffusi, sono diventati un costo insostenibile ed un ostacolo alla mobilitazione soggettiva dei lavoratori per cogliere le poche opportunità di lavoro disponibili. Siamo inoltre tra i paesi europei meno dotati di sperimentate politiche attive del lavoro tanto dal lato dell'offerta che della domanda. Il nostro sistema formativo è tra i più scassati d'Europa tanto che ci portiamo dietro ancora i tristi primati della più bassa età dell'obbligo scolastico, del più alto tasso di dispersione scolastica, di un grado di scolarizzazione nel mondo del lavoro da società preindustriale visto che, ancora oggi, quasi un lavoratore su tre non supera la quinta elementare. La formazione professionale è al collasso e non riesce, in tempi di penuria come questi, a spendere nemmeno le risorse a disposizione. Le strutture centrali e periferiche del collocamento risultano sempre più un'enclave di burocrazia sovietica in una economia di mercato. Le politiche di promozione dell'imprenditorialità e di job creation, se escludiamo qualche eccezione come la Legge 44 sull'imprenditorialità giovanile nel Sud, sono pressoché inesistenti.
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