Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 36/37 - gen.-feb. 1993

i)JLBIANCO '-'lit ROSSO Mii•ili•id Per l'immediato si tratta di operare su due direttrici: la ripartizione del lavoro e la creazione di lavoro. La riduzione degli orari di lavoro è un aspetto che torna di forte attualità. A questo scopo vanno orientati sia l'iniziativa contrattuale che quella legislativa. Anche perché lo strumento che è stato enfatizzato in questi anni, il prepensionamento, non solo è costoso, ma si è dimostrato anche iniquo. Il superamento di questo «facile» strumento di riduzione degli organici implica la necessità di considerare il lavoro una risorsa e la riduzione del tempo di lavoro una possibilità per valorizzarla. In questa direzione si muovono alcuni provvedimenti del governo che rendono possibile un largo utilizzo dei «contratti di solidarietà» per i quali la Fim e la Cisl fecero al loro sorgere battaglie aspre verso il padronato, contrario alla loro adozione, ma anche con le altre organizzazioni di categoria e confedera li. È augurabile che le vecchie opposizioni siano cadute e si possa fare oggi ciò che allora è stato ostacolato. Un secondo aspetto della ripartizione del lavoro riguarda la modifica delle leggi che regolano gli orari di lavoro e il carico contributivo ad essi collegati. Fin quando un'ora di straordinario costa all'impresa meno che una di orario normale la pressione per la riduzione o ripartizione degli orari avrà una concorrenza difficilmente superabile. Connessa con uno sforzo in direzione della riduzione temporanea o definitiva degli orari è l'attivazione di una efficace gestione del mercato del lavoro almeno in due direzioni. La prima relativa all'avviamento dei giovani al lavoro. Su questo aspetto il collegamento tra salario e crescita professionale non può essere eluso dal sindacato, il quale può operare con la contrattazione verso un controllo collettivo più efficace. Insieme a ciò particolare importanza assume la gestione della mobilità non solo negli aspetti formativi che sottintende, ma anche per la efficacia della ricollocazione. A tal proposito si rende sempre più necessaria una riforma che assegni alle Agenzie regionali dell'impiego anche i poteri del collocamento. Un'efficacia particolare devono acquisire gli strumenti pubblici e privati operanti sul versante della creazione di impresa. In questi anni si è ca11 pito quanto ritardo il nostro paese avesse accumulato nel realizzare un efficace strumentazione in questo campo. Accanto alla Gepi si sono così costituiti altri soggetti, alcuni espressamente voluti dal sindacato, che operano nel campo della job creation e della imprenditoria giovanile. Dotati di pochi mezzi e di scarse ed incerte risorse hanno generalmente ben operato. È tuttavia necessario da un lato una loro tipizzazione e un coordinamento e dall'altro dotarli di mezzi e risorse necessarie per renderli efficaci. Una componente essenziale del loro successo può essere la dimensione territoriale, tale organizzazione dei loro interventi appare la più idonea nel creare le condizioni di sviluppo. Assieme a questi interventi vi è anche la necessità di operare scelte di più lungo periodo. Il ritardo di un intervento diretto dello Stato nella politica industriale con il tradizionale strumento delle Pp.Ss. obbliga all'adozione di strumenti nuovi, sia sul piano industriale che finanziario. Un'efficace politica dei fattori (dalla scuola, all'energia, dai trasporti alle telecomunicazioni, ecc.) è compito prioritario dei programmi governativi, i quali debbono essere in grado di massimizzare, a questo fine, gli apporti degli Enti Locali, per una loro partecipazione alla delineazione dei programmi, e per la riforma della Pubblica Amministrazione. La domanda pubblica è sempre stata un forte fattore di promozione industriale, essa deve e può giocare, anche nelle nuove dimensioni comunitarie, come fattore di crescita. Il nostro paese ha tutto l'interesse ad affrontare, nella nuova prospettiva economica e sociale che si delinea con l'unione europea, la questione industriale. La prevalente visione economica e monetaria ha trascurato le implicazioni sociali degli obiettivi di convergenza. Implicazioni che sommavano i loro effetti ai tredici milioni di disoccupati già attualmente presenti nei paesi della comunità. Una politica industriale della Comunistà e l'adozione di fondi strutturali che la sostengono, sembrano oggi utopia davanti allo stallo delle decisioni comunitarie. Porre mano a questi aspetti vuol dire però dare sostanza sociale agli aspetti politici che sottendono alla costruzione europea. Se vuole mobilitare le coscienze, l'idea d'Europa deve essere connessa con l'idea di progresso nella solidarietà.

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