Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 35 - dicembre 1992

,P.tL BIANCO lXILROSSO ., ..• , .• Perchéquestosilenzio dei«boiardie»lSud? di Rino Caviglioli on l'approvazione, anche da parte dell'altro ramo del Parlamento, del decreto legge di ri- e finanziamento della legge 64/86 viene sancita, di fatto, la fine dell'Intervento Straordinario nel Mezzogiorno e vengono tracciate le linee del nuovo intervento, non più «straordinario» bensì «ordinario», dello Stato a favore dello sviluppo delle aree economicamente più deboli del Paese, e quindi non più solo del Mezzogiorno. È la fine di un'epoca durata oltre quarant'anni: un mutamento radicale di rotta che cancella con un sol colpo strutture come la Cassa per il Mezzogiorno - dall'86 si chiama Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno - che ormai fanno parte nel bene e nel male della storia e del costume del Paese. Sia ben chiaro che non vi è nessuna nostalgia per il passato: la politica meridionalistica è in crisi da moltissimi anni; la più recente normativa dell'Intervento Straordinario non ha conseguito i suoi obiettivi e l'azione delle amministrazioni ordinarie e del sistema delle autonomie, ai quali la suddetta normativa aveva affidato il compito di concorrere alla programmazione e all'attuazione degli interventi, è stata caratterizzata da ritardi ed inefficienze. Ciò tuttavia non può indurre a ritenere che non sia più necessaria un'azione pubblica di sviluppo aggiuntiva e differenziata - dal punto di vista normativo ed organizzativo - rispetto a quello destinato alla generalità del territorio. Occorre invece - come suggerisce la Svimez nella sua «Proposta di nuovo sistema di intervento per lo sviluppo del Mezzogiorno» - «un'azione radicalmente diversa da quella seguita finora: soprattutto un'azione più efficiente e, quindi, molto meno onerosa per la finanza pubblica, tale cioè da non contraddire l'esigenza, urgente e pregiudiziale, del risanamento economico-finanziario: risana7 mento in assenza del quale saremmo emarginati dall'Europa e ci sarebbero quindi precluse le opportunità che l'unione e la solidarietà europea possono offrire, in prospettiva, soprattutto al Mezzogiorno». Intorno a queste problematiche è davvero rilevatore il silenzio dei managers, degli intellettuali, dei politici e dei Ministri che negli ultimi dieci anni, hanno teorizzato, voluto, costruito e gestito l'intervento straordinario nel Mezzogiorno. Tranne qualche isolata voce, nei giorni in cui si gridano le accuse verso i meridionalisti dissipatori e inefficienti, i tanti protagonisti degli anni facili sembravano preoccupati solo di non farsi riconoscere. Non difendono, non giustificano, non spiegano. Ed il nuovo rischia così di nascere sugli stessi equivoci, errori, debolezze del passato. Presidente dello Iasm - un Ente operante nell'ambito delle leggi per il Mezzogiorno - da pochi mesi, chiamato a ricoprire tale responabilità per una particolarissima congiuntura politicoistituzionale-amministrativa, sono rimasto in silenzio per senso della misura. Ma ora che il Parlamento ha affidato al governo la delega per superare l'Intervento Straordinario per «riordinare, privatizzare o liquidare la relativa strumantazione» vorrei testimoniare dall'interno a dire la mia. Perché la legge 64/86 «... non solo non ha funzionato, ma nel giro di sei anni ha prodotto quasi solo sprechi, residui passivi, fallimenti, malversazioni»? Quel «quasi solo» a me sembra eccessivo, ma alla domanda rispondo, per ciò che ho visto: l. - le decisioni prese, nel corso degli anni, dall'autorità politica (Cipe, Cipi, singoli Ministri) si sono avvalse pochissimo di apporti tecnici qualificati, hanno falciato i campi dell'interesse politico particolare con la massima discrezionalità: quale migliore scivolo per approdare a scelte di favore per cordate

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