Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 35 - dicembre 1992

_p_p, BIANCO lXU,ROSSO RicostruilraeSinistra ripensandlo Statosociale L a domanda se sia possibile rilanciare il socialismo democratico in Italia e in Europa, ed eventualmente in che modo, mi pare di vitale importanza. Non c'è dubbio che, dopo il crollo dei sistemi comunisti ad Est, si è registrata anche una certa perdita di credibilità dei partiti socialisti e socialdemocratici. Si tratta di un effetto indotto, di una certa contiguità? Non voglio negare che questo fatto influisca sulla psicologia di massa, ma la spiegazione mi sembra incompleta ed un po' superficiale. Si deve invece sottolineare il fatto che la crisi dei partiti comunisti obbliga tutti gli altri a ridefinirsi e a trovare identità positive. È quello che avviene con la Comunità e con l'idea stessa dell'Europa; le difficoltà attuali trovano una spiegazione anche negli avvenimenti dell'Est per tanti motivi, tra i quali quello che non è più sufficiente identificarla come una scelta di democrazia contrapposta ad una realtà autoritaria. Insomma, quando viene meno un avversario, diventa spesso più difficile, per chi resta, trovare una propria identità. Così è per la prospettiva del socialismo democratico. Se scompare il comunismo non si può più mettere l'accento solo sul termine «democratico», ma bisogna cercare di far capire cosa significa oggi un socialismo rinnovato. Trovomolto lucido ciò che ha scrittoNorberto Bobbio su LaStampa del 3 dicembre a proposito della distinzione tra sinistra e destra. È convincente mettere l'accento sull'ideale egualitario come grande discrimine, come differenza tra chi dà più importanza a ciò che unisce e chi a ciò che divide gli uomini. La contrapposizione tra libertari ed autoritari, in effetti, non è così chiara come discrimine storico tra destra di Roberto Speciale e sinistra, ma passa al loro interno, e caso mai distingue un'epoca. La concezione libertaria non è stata sempre un carattere permanente, un valore fondante della sinistra, anche se oggi è persino aberrante immaginare la sua inessenzialità. Ammesso però, e a me pare così, che quello indicato da Bobbio sia il principio cardine per definire la sinistra, non solo in 36 Italia ed in Europa, ma ovunque, questo fatto non ci dà ancora la chiave per il rilancio di una prospettiva socialista e delle forze che ad essa si richiamano. In mancanza di un rapporto automatico tra sinistra e socialismo, dobbiamo cercare in qualche cosa d'altro questo carattere distintivo, questo qualcosa di più o di diverso, che giustifichi oggi il rilancio del socialismo democratico. Si dice, in genere, che la forza e la particolarità del socialismo democratico europeo stiano nel contributo che esso ha dato alla costruzione del Welfare State, come concretizzazione di uno spirito sociale e solidaristico. Questo è sicuramente vero. Sul socialismo democratico europeo si è costruito un modello e delle esperienze for i, come nel caso dei Paesi scandinavi. Ricordo che anche i riformatori sovietici, e lo stesso Gorbaciov, si riferivano qualche volta a quell'esperienza, a quel tratto distintivo. Oggi però anche quelle esperienze sono in difficoltà, e non come effettodella caduta del muro di Berlino, ma in conseguenza di un ciclo economico e politico diverso e forse anche a causa delle debolezze interne, della concreta evoluzione del modello di Stato sociale. Ripensare lo Stato sociale oggi vuol dire, mi pare, due cose soprattutto. La prima è che la socialità non passa necessariamente attraverso la statualità, anzi è necessario pensare a nuove forme,più fresche, flessibili ed efficienti di solidarietà sociale, siano esse volontarie, private, pubbliche, miste. La seconda questione è che quel compito non può esercitarsi senza considerare le compatibilità economiche tra impegni dello Stato ed azioni sociali. Altrimenti la solidarietà diventa sinonimo di indebitamento, di dissipazione, di rottura della so-

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