è la soluzione per un problema sociale. Dire e fare, insomma, tutte le cose che la nostra tradizione socialista, umanitaria e pedagogica suggeriva. Una iniziativa di questa natura ci avrebbe rafforzatomoralmente ed elettoralmente, come ci rafforzò la posizione scomoda e impopolare, ma giusta, sulla scala mobile. Si è scelta invece la via di una estenuante battaglia parlamentare in cui si è consumata pervicacemente e, sia lecito aggiungere, ottusamente, una buona parte del patrimonio ideale del socialismo libertario e si sono persi molti, moltissimi voti, nel vano inseguimento di un perbenismo che esisteva soprattutto nella testa di chi inseguiva. Non so se l'esegesi reale della politica craxiana per la punizione del consumo di sostanze stupefacenti, corrisponda a quella universalmente accreditata dalla stampa. Forse c'è da dubitarne, perché solo una persona molto improvvida potrebbe pensare di decidere una politica sociale delicata come quella relativa ai problemi della droga dopo quattro chiacchiere con il procuratore Giuliani e senza prendere in alcuna considerazione l'acceso dibattito in corso nell'opinione pubblica americana. Sarebbe ben triste se il Craxi di Sigonella, come un qualsiasi altro dei nostri leaders politici, si fosse spinto ad attraversare quell'oceano per raccattare acriticamente la prima merce trovata sullo scaffale del supermarket politico americano, senza nep- .P-lJ,BIANCO lXILROSSO 1 ■%i#•iii pure guardare le istruzioni dell'etichetta. Detto ciò, occorre essere consci che abbiamo appena ricominciato a discutere del problema: siamo all'heri dicebamus. Approvare la riconsiderazione del problema non significa condividere tutte le tesi dell'antiproibizionismo (e ovviamente neppure pronunciarsi a favore del consumo di droga, precisazione che sarebbe del tutto superflua se il livello della polemica da parte dei sostenitori della legge non fosse cosi basso e la conseguente diseducazione del pubblico cosi elevata). Occorre essere chiari su un punto assodato da tempo eribadito duramente oggi dai fatti: proibire e punire con il carcere il consumo di droga non ha nulla a che vedere con il prevenirne l'uso e il rimediarne gli effetti negativi. E non ha nulla a che fare con la moralità, e in modo particolare con la moralità della tradizione socialista, che è sempre stata etica della responsabilità e si è sempre posta il problema del costo umano dei principi. Ma ha molto a che vedere con quella forma di morale di largo consumo che è il perbenismo e che serve soprattutto a nascondere le paure e le ansie sociali di un ceto medio, reale o presunto, che il partito socialista invece di educare ha cercato di assecondare e lusingare, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Vedo insomma la questione della droga come un significativo punto di svolta dell'involuzione del Psi, sia perché segna il 34 momento in cui si è imboccata una via ideologicamente sbagliata, sia perché in quell'occasione si è registrata l'assenza di una opposizione nel partito, e quindi, a tutti gli effetti pratici, la morte di un partito socialista democratico e pluralista. Ho già detto e ripetuto che la sinistra è colpevole, ma non vorrei che si cercasse di accreditare l'idea che poiché per molto tempo nel partito non c'è stata critica, si deve continuare così all'infinito, oppure che si tentasse di far passare la critica per vendetta. È quel che cerca di dire Giuliano Ferrara (Corriere del 9 Novembre 1992) accusando i critici del Segretario di una «orgia di parole manesche» (accidenti da quale pulpito!) e di preparare un bagno di sangue retorico. Chi ha trasformato il governo di un partito democratico in una corte monocratica, non può atteggiarsi a vittima se i suoi sudditi si ribellano quando le cose vanno male. Tanto più che per il momento i propositi di vendetta e le minacce vengono sopratutto da Craxi. Martelli, dopo un tempo non breve di distacco dalla segreteria, ha espresso un dissenso politico ed è stato accusato di sciacallaggio e minacciato di ritorsioni. La sinistra ha chiuso anni di riprovevole silenzio, per chiedere apertamente le dimissioni in un organo costituzionale del Partito, e Amato ha introdotto molto necessari cambi di rotta, mantenendo la personale lealtà al segretario, con una corret-
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