Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 35 - dicembre 1992

in primo luogo come ci si colloca in questa transizione. Collocarsi a sinistra non può certo avere lo stesso significato che ha avuto nella prima repubblica. Bisogna dunque cominciare a disegnare i tratti di una sinistra per una nuova stagione della democrazia italiana. Cerio, non si comincia da zero. C'è una storia che agisce e che non può essere azzerata. È stato giustamente detto che la nuova casa si costruisce con i mattoni vecchi. Ma il disegno deve essere nuovo, altrimenti l'idea stessa di sinistra è condannata all'insignificanza o ad una lunga eclissi. Ma allora quali sono i necessari caratteri nuovi di questa sinistra di cui parliamo? C'è una questione culturale, che è a monte delle questioni politiche. Si può pensare di costruire una sinistra democratica per la seconda repubblica sulla base delle culture di ispirazione socialista?Non voglio qui riprendere la discussione sul problema se il socialismo sia o no crollato insieme al comunismo. È una discussione inutile. «Socialismo» è una metafora, come «comunismo». Un nome. Libero ciascuno di usarlo o no. Sarà il mercato linguistico, prima ancora di quello politico, a decidere se questo nome può ancora aver corso. Mi interessa la cultura politica con la quale ci muoviamo. Le culture della tradizione socialista e della tradizione comunista, comunque coniugate tra loro, non sono all'altezza del passaggio che stiamo attraversando. Faccio un esempio. Uno dei tratti più significativi della fase attuale è la nascita di una sensibilità diffusa e di una diffusa esigenza, in questo paese che non l'ha mai avuta, di un'etica pubblica. Credo che dal consolidarsi o dal venir meno di questa tendenza dipenderà molto dei caratteri del nostro futuro politico e civile. Pensiamoche le tradizioni socialistae comunista siano in grado di confrontarsi con questa straordinaria novità? Ame non sembra che avrebbero moltoda dire in materia. Non propongo di buttare via le culture della sinistra. Al contrario. Sento molto il peso positivo di queste tradizioni e in particolare sento molto il legame con quella dei comunisti italiani. E penso che la tavola di principi e di valori della sinistra possa essere ancora attuale, ancora capace di ispirare azione e passione politica. Ma solo a patto di una ritraduzione in linguaggi ,PtJ, BIANCO lX-ltROSSO l•X•#Olil ... ,,_... •' - 10 .1,GOIIO liti .• . • ua>•• ...,,. ILLAVORO 11mm UCUIJIT& • IIIUI klll 1111111 • l'lll!llllf 11.111.••lt'fKdlU,.\ l\'9il,\ •.. .~ .. ~- ....... . ........... , 1 ,.,. , ·.: Aa1•11,,..u.-no>11e •H••u•• • IL 1..- .. 0IV· 31 e strategie che siano in grado di rispondere ai problemi di una società profondamente mutata. Martelli ha il merito di aver posto, non da oggi, questo punto all'attenzione. Un punto che è stato anche centrale nel passaggio dal Pci al Pds. Proprio per riaffermare e rimotivare l'attualità del patrimonio di idee della sinistra è necessario ampliare la nostra cultura politica, cercare liberamente altre fonti e altre ispirazioni, metterci in grado di assumere i risultati di altri filoni di ricerca sui temi che consideriamo qualificanti della sinistra: i temi della giustizia e dell'eguaglianza in una società articolata e differenziata come la nostra. Per questo si rende necessario l'innesto con le culture liberali (o, come si dice in Italia, liberaldemocratiche). Non si tratta di dislocarsi un po' più al centro (moltospesso le culture liberali sono state e sono più a sinistra di noi), ma di fare riferimento ad altri paradigmi, altri sistemi di pensiero che possono rendere più produttiva e più creativa la nostra riflessione e la nostra progettazione politica. Talearricchimento culturale può consentirci di definire la sinistra democratica non solo sul terreno dello Stato sociale e dell'equità - terreno necessario e ineludibile - ma anche sul terreno della concezione della democrazia. Se si accetta la tesi che la concezione della democrazia è una sola, che la democrazia è uno strumento metodico e quindi neutro, la sinistra davvero diventa residuale, e in un momento nel quale, come oggi, la questione delle regole passa in primo piano, la sua identità tende a scomparire. La sinistra si qualifica per un modo di intendere la democrazia: una concezione della democrazia espansiva, capace di trasformazioni, dunque sempre incompiuta (il contrario, si badi, della vecchia idea di democrazia sostanziale). Su questo terreno si può iniziare a ridefinire una sinistra democratica che impegni la propria identità e il proprio progetto nella scrittura di un nuovo patto tra cittadini e istituzioni: un patto che assicuri il più ampio e più articolato esercizio dei diritti di cittadinanza. Questa è la sfida che sta davanti ai nostri partiti, ma prima ancora davanti a tutti noi, donne e uomini che si vogliono e si pensano a sinistra.

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