Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 35 - dicembre 1992

.i).tJ, BIANCO 0-ILR~ l•X•#Olil I duecardindi elsocialismo: sviluppoe uguaglianzsaociale s e si prescinde dalle valutazioni finalistiche, o di valore, allora una previsione condotta con metodo aderente alla realtà di fatto, sia pure letta nelle sue componenti tendenziali, deve partire dalla risposta alla seguente domanda: dove sta portandoci il nuovo assetto degli equilibri mondiali, in un'epoca che segna la fine del bipolarismo? Tale domanda può anche scomporsi in altre sottodomande che offriranno risposte preparatorie alla risposta principale. Fra di esse, scegliamo la più diretta: perché il precedente assetto ex-seconda guerra mondiale si è infranto? Fermiamoci sulla osservazione di due fenomeni macroscopici, vedendo in seguito se potranno essere riportati ad ulteriori elementi di base. Si tratta: 1)della politica di competizione accelerata delle ultime due amministrazioni Usa, in collegamento dialettico con gli alleati europei e specialmente con la Germania di Schmidt e altri leaders socialisti democratici; 2) della iniziativa del papato di Giovanni Paolo Il°. La catastrofe dell'Urss ha sparso un influsso negativo, diciamolo senza pudore, sul nome stesso di socialismo nelle parti dell'Europa che venivano liberate dai nuovi avvenimenti. Inoltre, contemporaneamente, i socialisti democratici che guidavano i governi occidentali venivano percepiti come gestori di politiche che, lungi dal ricercare vie alternative al capitalismo, ne curavano l'evolversi e il consolidamento. In tutto il mondo si è attenuata la associazione di idee che aveva - a torto o a ragione - unito l'idea di socialismo e l'idea di riforma (correzione, contenimento, uscita più o meno graduale) del sistema capitalistico. Lo stesso concetto di capitalismo, a sua volta, si è rivelato una semplificazione sociologica o ideologica e si è codi Guglielmo Epifani minciato a prendere atto che i sistemi economici Usa, tedesco e giapponese (per restringerci ai tre principali) si somigliano e divergono in molti elementi. Il tema proposto dalla rivista Il Bianco e Il Rosso non ci porta a una anamnesi retrospettiva o a una valutazione dei successi e dei risultati dell'azione dei socialisti. Piuttosto, chiede di guardare al futuro. E il futuro - nel periodo medio - sarà dato dalle politiche dei tre poli geopolitici principali e dalle loro reciproche interferenze e relazioni. Potremmo interpretare l'azione socialista come volta solo a amplificare le contraddizioni interne di questi e a risolvere i bisogni ad essi contradditori? In tal modo si ragionerebbe all'incirca cosi: ci sarà sempre qualcosa che non va e noi saremo i rappresentanti della protesta. Questa è una linea perdente: primo, perché non è affatto detto che il punto da cui si parte per dire e sentire che qualcosa non va, sia suscettibile di essere interpretato come progressista (le proteste xenofobe, o le spinte regionaliste, come sono? di sinistra o di destra? tutto quello che si muove è di sinistra?); secondo, perché non ha senso chiedere che venga eletto Clinton - come un novello Kennedy - in quanto rappresentativo dell'altra America e poi non stare al gioco. La politica di Clinton sarà espansiva? Proteggerà il suo continente o darà un nuovo impulso all'economia mondiale? E, se si tratterà di un nuovo impulso, quale ruolo avrà il monopolio delle nuove tecnologie da parte dei paesi leaders? Riassumendo: la politica progressista europea passerà per la costruzione della unità europea come realtà capace di un ruolo all'altezza delle responsabilità mondiali. Questo imporrà una unità monetaria e pertanto economica, la circolazione e la co27 municazione infraeuropea dei lavoratori e delle professionalità, il potenziamento del fattore umano, un rapporto di compatibilità e rispetto con l'ambiente, la rottura e il superamento di tutti i fattori che riducono la partecipazione democratica. In breve, il contratto sociale delle grandi democrazie europee va trasferito su scala comunitaria, assumendosi anche il compito della elevazione e della integrazione dell'Europa orientale e balcanica e di un nuovo disegno di rispetto e comunicazione mediterranea. I socialisti stanno dentro questo orizzonte. Forse la discriminante, oltre che verso gli anti-comunitari (e nazionalisti), sarà anche verso chi preferirà una integrazione delle singole aree-nazioni con altri poli (tradizionale sarebbe, per esempio, quello Usa) in funzione non europeistica. Sembrano talora portatori di una siffatta propensione alcuni circoli della cosiddetta finanza laica e della grande industria, ma si vedrà. Per ora è chiaro che resistenze vengono anche dai settori dello statalismo nazionale poco inclini a cimentarsi con le responsabilità derivanti dalla integrazione dei mercati. Storicamente il socialismorecente si è legato a tre esperienze: un ampliamento della spesa sociale, nella tutela delle aree di bisogno; un ampliamento e una democratizzazione della proprietà, una partecipazione di massa alla vita politica. rampliamento della spesa sociale si è tradotto in più servizi, ma anche in più burocrazia, e quindi in un tendenziale maggior autoritarismo statuale, anche a prescindere dalle degenerazioni sovietiche e di molto Terzomondo. Questo ha pertanto implicato l'esigenza di un controbilanciamento democratico, sostanzialmente nella crescita del protagonismo degli strati sociali prima né soggetti di spesa né destinatari di spesa.

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