{)JL BIANCO '-.Xtt nosso MARCiliil namento del sistema politico stesso, che non si bipolarizza certo a seconda della scelta dell'uno o dell'altro corno del (presunto) dilemma: scelta che diventerebbe importante ove collegata a una forma di governo bipolarizzante. Presumibilmente nel partito maggiore il contrasto, che, se fosse su opzioni elettorali o istituzionali, sarebbe risolto facilmente con l'autonomia dei parlamentari sulla questione, verte sulla strategia di assunzione della leadership di un vasto fronte, che, comunque, non si dispone lungo l'asse dell'egualitarismo, ma vuole assorbire la sinistra o, meglio, le sinistre, le quali non sembrano avvedersene, ancora prevalentemente preoccupate, come sono, dei rapporti di forza fra loro. Poiché il sistema elettorale è ora (abbastanza) proporzionale, qualsiasi riforma, che non sia volta a renderlo più proporzionale, ha come conseguenza, anzitutto, un «premio» in seggi al partito maggiore (rispetto al quale il secondo partito pesa, ormai, poco più della metà): non solo col «premio» vero e proprio (non a caso contenuto nella sua proposta e, in misura molto minore, già oggi lucrato), ma anche col collegio uninominale sia a unico sia a doppio turno, nonché, ovviamente, con ogni sistema misto. Il che può pure condurre (non necessariamente) alla maggioranza assoluta di quel partito a connessa stabilità-efficienza del suo governo, ma se e fino a quando tale maggioranza non si frammenti dopo l'elezione: per questo si tenta di ovviare con la elezione parlamentare del Primo Ministro, non revocabile se non con la cosiddetta sfiducia costruttiva (peraltro già rivelatasi clamorosamente inefficace, come da facile previsione, nei governi locali, dove è stata introdotta dalla fallimentare legge 142/1990, l'infelice combinato disposto del centralismo ministeriale e del centralismo partitocratico). 6. Riconosciuto nel bipolarismo il presupposto necessario dell'alternanza al potere, del ricambio e dalla possibilità per l'elettore di scelta fra candidati-partiti-programmi-governi e di premiopunizione dell'etica e dell'efficienza dei comportamenti politici, nonché il fattore sostanziale di stabilità-efficienza con qualunque forma di governo, la modalità di opzione (duale) analoga alla democrazia diretta (referendum), il limite alla partitocrazia, infine la conservazione delle energie politiche emergenti nell'ambito della legalità in quanto collegabili a una competizione effettiva, che en9 trambe le parti possono vincere o perdere, le linee di una riforma conseguente si possono individuare come segue: a) un regime presidenziale come quello francese nella modalità di elezione del presidente (ballottaggio a due) e come quello americano nella distinzione netta (e quindi equilibrio, mai perfetto, ma mai irreversibilmente troppo sbilanciato) fra l'esecutivo stesso e il legislativo (parlamento), oltre che nella durata del mandato; b) una camera in cui, contestualmente alla elezione presidenziale, almeno 100 deputati siano eletti con sistema proporzionale purissimo a collegio unico nazionale (in modo che all'l o/o dei voti corrisponda un seggio) e i restanti 300-400 siano eletti, per coerenza col regime presidenziale suddetto, con collegio uninominale a doppio turno (ballottaggio, senza desistenze). Naturalmente ciò implica una revisione dell'intero impianto costituzionale su tutti i fronti degli strumenti di garanzia, a cominciare dalle prerogative del parlamento (che in un regime presidenziale autentico è molto più forte che in un regime parlamentare, specie se a sistema politico non bipolarizzato), dalla assoluta indipendenza dai partiti della Corte costituzionale, del Consiglio superiore della magistratura, della Corte dei conti, ecc. Né meno essenziale è l'azzeramento del servizio pubblico radiotelevisivo con sostituzione integrale dei suoi giornalisti (parte integrante della classe politica, ma senza responsabilità, se non di fronte ai partiti di appartenenza e di origine), con drastica riduzione delle sue dimensioni e connessa pari riduzione del monopolio privato a favore, in entrambi i casi, della emittenza regionale e locale (la legge attuale è incostituzionale ai sensi dell'art. 5 Cost.). Ma soprattutto, preliminarmente, è da modificare la forma di Stato su base, appunto, autonomistica. Anche tale rifondazione postula, a ben vedere, un regime presidenziale, così come, per converso, a fronte di questo non può mancare una robustissima rete di autonomie. 7. Nella revisione costituzionale dell'ordinamento regionale non è importante che sia introdotto l'aggettivo «federale» nella definizione di Repubblica (art. 1) o soppresso l'inciso «una e indivisibile» nell'articolo 5, ma che si batta una strada opposta a quella, di pura regionalizzazione dell'amministrazione, imboccata finora nel comitato del-
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