~-V-,BIANCO l.XILROS.SO MARCiliiW sus monarchia). Non esiste, in effetti, una «democrazia dell'alternanza» (o, peggio, delle alternative), ma esiste, dove esiste, un sistema politico bipolare, conservato tale anche da una forma di governo, il regime presidenziale, con la sua variante semi-presidenziale, o della combinazione di un'altra forma di governo (parlamentare, con la sua variante semi-parlamentare) con un sistema elettorale non proporzionale (uninominale secco o altro). Nel sistema politico bipolare (non lo è se è consistente solo uno dei due poli), si dà o si può dare l'alternanza al governo attraverso l'elezione che politicamente conta di più (nei regimi presidenziali quella del presidente, nei regimi parlamentari quella del parlamento, camera «bassa»)quando sono legittimati entrambi i «poli» e, in ispecie, anche il secondo (non è legittimato finché la maggior parte dell'elettorato ritiene, a torto o a ragione, che il suo avvento capovolgerebbe l'assetto economico-sociale o politico-istituzionale vigente). 4. L'ipotesi del passaggio da un sistema frammentato (comunque non bipolare) a un sistema bipolare per effetto diretto di una riforma esclusivamente elettorale, che sia introdotta, è infondata. Nessuna delle esercitazioni politologiche o costituzionalistiche, anche recenti, è stata in grado di dimostrare che un sistema elettorale, fosse pure a collegio uninominale secco, abbia mai portato alla bipolarizzazione una grande democrazia (o meno grande) prima frammentata o la porterebbe di per sé o la porterebbe oggi in Italia, dove l'unica polarizzazione ipotizzabile - ma non bipolarizzazione sul piano nazionale - è quella di una Dc, il partito maggiore, che, con o senza stabili alleati, rinnovato o restaurato, sconfiggesse elettoralmente la Lega al Nord, il Pds e la sinistra al Centro e nel Sud, ritornando alla maggioranza assoluta del 1948. Viceversa un regime presidenziale, in cui tecnicamente il secondo turno della elezione presi - denziale sia riservato strettamente al ballottaggio fra i primi due candidati, determina, molto probabilmente, il bipolarismo (v. Francia), tanto più se accompagnato (non preceduto) da un sistema elettorale con esso coerente. L'opposizionemanifestata dai due maggiori partiti, falsamente motivata con argomenti teorici (la democrazia plebiscitaria e l'equazione fra presidenzialismo e autoritarismo), è dipesa essenzial7 mente dal timore di una perdita di potere: per il primo (Dc) l'estromissione totale dal governo o comunque dalla sua titolarità in caso di sconfitta e per il secondo (Pci-Pds) la rinuncia a candidato proprio, a favore di un altro della sinistra, per non risultare sicuramente perdente. Per contro, a parte gli altri incovenienti, di cui subito si dirà, la eventuale elezione popolare diretta del Primo Ministro, comunque organizzata, non potrebbe avere la medesima efficacia bipolarizzante perché si tratterebbe di carica e quindi di elezione politica potenzialmente meno pesante, fra l'altro anche sotto il profilo dell'immagine, di quella di un Presidente della Repubblica, esclusivo titolare del potere esecutivo (per inciso, pure la elezione popolare diretta del Presidente della Repubblica, non titolare del potere esecutivo, sarebbe assai meno bipolarizzante). Inoltre, chi propone l'inedito sistema di elezione popolare diretta del Primo Ministro (dire capo del governo è improprio perché nel regime presidenziale puro il capo dello Stato) e lo fa al fine di tenere collegato il governo al parlamento, evitando una eccessiva concentrazione di poteri nell'organo monocratico (appunto il capo dello Stato titolare del potere esecutivo), finisce coll'aprire altri problemi insolubili: in sostanza, non ha senso una elezione popolare diretta del governo, se questo non ha poteri propri da esercitare, distinti da quelli del parlamento, della cui maggioranza deve non avere un indispensabile bisogno. Altrimenti si entra in una spirale di conflitto fra i due organi, di instabilità-inefficienza dell'esecutivo (che è invero il problema da risolvere), di definizione dei poteri di revoca del governo (eletto direttamente) da parte del parlamento e di scioglimento del parlamento (da parte di chi? Del capo dello Stato, che, così, conserverebbe un potere discrezionale rilevantissimo?). Da questo punto di vista, anche le critiche mosse al regime semi-presidenziale francese, che suddivide il potere esecutivo fra il capo dello Stato, che sceglie il governo, e quest'ultimo, che non può sussistere con la «sfiducia» del parlamento, sono ineccepibili (e si traducono, peraltro, a ben vedere, in critiche all'eventuale regime del Primo Ministro, ove appunto vi sia qualche dipendenza del governo, nell'esercizio della sue funzioni, dalla maggioranza parlamentare). Nel regime presidenziale, fattore di bipolarismo e quindi virtualmente di alternanza, nonché di
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