Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 34 - novembre 1992

.P.lL BIANCO l.XILROSSO ii id U11 iN#iti ifl (i)@i focano un autentico pluralismo). In sostanza i primi ritengono che il problema principale sia quello di rinnovare, nel limite del possibile -, che tuttavia forse è davvero poco -, i partiti, e di rilanciare le coalizioni. Sempre in costanza, i secondi pensano invece che le riforme istituzionali ed elettorali debbano consentire e favorire i seguenti risultati: - la selezione di un nuovo ceto politico; - la determinazione di due schieramenti contrapposti; - la realizzazione di una democrazia dell'alternanza. Sul piano teorico le due proposte di uscita dall'attuale situazione possono anche equivalersi. E infatti crisi analoghe alla nostra, in altri paesi, sono state superate sia creando le condizioni per governi di legislatura sia con l'adozione di sistemi presidenziali. In realtà nel caso italiano il consolidamento delle coalizioni lascerebbe la situazione più o meno come è attualmente, e lascerebbe pressoché intatti anche questi partiti, che hanno invece indiscutibilmente bisogno, tutti, di un rinnovamento profondo... Un bel risultato! Va invece detto che l'elezione diretta del capo dell'esecutivo, costringendo a programmi, schieramenti e candidati alternativi, risolverebbe il problema dell'atrofia del ricambio, - che è il male mortale del nostro sistema politico -, e libererebbe le istituzioni dalla debordante invadenza dei partiti. Tuttisappiamo che tra il bianco ed il nero ci possono essere mille sfumature di grigio, ma la serietà della situazione esige che, almeno sulle discriminanti di fondo, si debba fare una scelta chiara. Per dirla con il Vangelo è ormai proprio il caso di dire «sì,sì, no, no. Tuttoil resto viene dal Maligno». 4. Sulle condizioni del cambiamento E tuttavia occorre aggiungere che non appare fondata l'opinione di chi ritiene che riforme elettorali e riforme istituzionali possano essere affrontate in tempi diversi. Fare una cosa alla volta, cominciando magari da quella meno sgradita a chi la propone, è un gioco ormai proibito. E questo non solo perché, per citare ancora il Vangelo, «non si può mettere vino nuovo in otri vecchi», ma soprattutto perché è sempre più evidente che crisi economica e crisi istituzionale si 57 tengono e si aggravano reciprocamente. E con queste istituzioni non è assolutamente possibile il risanamento economico, finanziario, di cui non possiamo invece fare a meno, se vogliamo assicurare, tanto più alle nuove generazioni, lavoro, speranza, dignità. So bene quale è l'obiezione: che cioè le riforme istituzionali sono più difficili di quelle elettorali, a cominciare dalla maggioranza richiesta, che l'art. 138 della Costituzione esige piuttosto larga. In ogni caso questa è la strettoia dalla quale occorre avere la forza e la capacità di passare. Fuori da questa scelta c'è solo il rischio di gesti sbagliati e soluzioni finte. Non dimentichiamoci che, come ammonisce la saggezza contadina, «un sacco vuoto non sta in piedi». 5 Oltre la confusione attuale: un ricambio di ceto politico Resta da fare un'ultima considerazione, su come si stanno mettendo le cose. Fino a tempi recenti sembrava nettamente prevalente l'ipotesi del rafforzamento delle coalizioni sostenuto dalla proporzionale corretta. Era essa infatti sostanzialmente condivisa, anche se con articolazioni e divisioni interne, da Dc, Pds, Psi e da alcuni partiti minori. Ora la situazione appare in movimento, ma anche molto confusa. L'impressione è che la scelta di coalizioni rafforzate e sostenute dalla proporzionale corretta non sia affatto accantonata, ma soltanto un po' adattata. La cosa non è sorprendente. Non bisogna infatti sottovalutare che tra i vari fattori di resistenza, per passare ad un sistema alternativistico, c'è anche il fatto che così si imporrebbe un più accelerato ricambio del ceto politico. Non solo per ragioni morali, - che pure avrebbero maggiori possibilità di farsi valere -, ma per il fatto che quella che viviamo non è una delle tantissime crisi politiche, ma una crisi di sistema. Una delle caratteristiche strutturali della democrazia è di fondare sul periodico ricambio delle dirigenze politiche la funzionalità e la moralità del sistema. Per evitare che ciò comportasse periodiche distruzioni del ceto politico le democrazie moderne hanno risolto il problema garantendo che esso si alternasse nel ruolo di governare ed in quello di criticare e controllare. Da noi, come si sa, le cose sono andate diversamente, perché invece della democrazia dell'alternanza abbiamo avuto la democrazia consociativa. Se si va ad un cambiamento vero del sistema po-

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