~ll~BIANCO '-XII~ IlOSSO AITUALITA Unsistembaipolare, unregimperesidenziaulne,oStatofederale di Ettore Rotelli 1. Anche in tema di riforme istituzionali ed elettorali, in discussione nella apposita commissione bicamerale, importa stabilire qual è il problema da affrontare e risolvere. È da escludere anzitutto che sia quello di evitare con una riforma elettorale il referendum. Quest'ultimo vuole la elezione della maggior parte dei senatori col collegio uninominale a unico turno (la parte restante su base regionale ancora proporzionale) e quindi nessuna riforma elettorale, che non riguardi (anche) il Senato e non preveda tale collegio uninominale, sarebbe idonea giuridicamente ad evitarlo (a meno di non ritenere che pure per l'Ufficio centrale della Cassazione sia sufficiente qualunque riforma elettorale - anche della sola Camera - che il comitato referendario e, per esso, il suo presidente trovino di proprio gusto). Ora, in ordine al Senato, vi sono soltanto due approcci razionali possibili, entrambi implicanti la revisione costituzionale (e i suoi tempi): o la soppressione pura e semplice o la trasformazione in Camera delle Regioni. Ma quest'ultima ipotesi non consiste esclusivamente in una modifica del sistema elettorale, dovendo collegarsi, nella composizione, pure alle Regioni come tali (inoltre non ha senso autonomistico, né, tanto meno, federalistico, *Intervento al convegno del Gruppo socialista del Senato (17/11/92) 5 un Senato di queste Regioni o di quelle, praticamente le stesse, del progetto del comitato della bicamerale). Insomma, anche dal punto di vista della questione del Senato, non c'è riforma elettorale antireferendum, la quale non presupponga riforma istituzionale (e sarebbe pericoloso, oltre che subdolo, anticipare con legge l'aspetto di riforma elettorale di una revisione costituzionale di là da venire, con o senza la riserva mentale di non farla mai venire). È da escludere altresì che l'obbiettivo di unariforma elettorale possa essere il ricambio o la frequenza o la facilità del ricambio delle leadership politiche, delle dirigenze interne dei partiti (presenti o «in fieri») e quindi una specie di «surrogato» della incapacità di autoriforma. Infatti il ricambio, la cui esigenza viene chiamata oggi in Italia a motivare il passaggio dalla «proporzionale» al collegio uninominale (in questo caso per la Camera dei deputati), non solo non è di per sé garanzia di miglioramento o di miglior rendimento, ma, soprattutto, si connette nelle altre democrazie e non può non connettersi in ogni democrazia al funzionamento complessivo del sistema politico e, in particolare, al suo bipolarismo, per il quale è sostitui-
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