indignazione. Alcuni partili che in precedenza avevano appoggialo il governo, segnatamente la Confederazione per una Polonia indipendente (Knp) e il Partito dei contadini (Psi), si unirono all'opposizione votando una mozione di sfiducia nei confronti del governo Olszewski e provocandone la caduta. I tentativi infruttuosi di Pawlak di formare un governo Il giorno dopo la caduta del governo O1szewski, il 6 giugno, il presidente Walesa nominò Primo Ministro Waldemar Pawlak, il giovane dirigente del partito dei contadini (Psl). Il Sejm confermò immediatamente la nomina con 261 voti a favore, 149 contrari e 7 astensioni. Nonostante tale risultato, il sostegno parlamentare al nuovo Primo Ministro non fu entusiastico; fu piuttosto il desiderio di vedere sostituito il Primo Ministro Olszewski che indusse il Sejm ad accettare immediatamente la nomina di Pawlak. Dal punto di vista politico, tuttavia, mancarono fin dall'inizio le basi per dar vita a un governo di coalizione guidato da Pawlak. Da un lato, l'insistenza del Psi a favore di politiche contro la recessione sembrava escludere qualsiasi cooperazione con i partili del blocco liberale (la cosiddetta «piccola coalizione» formata dall'Unione democratica (Ud), dal Congresso liberale (Kld) e dal Programma economico p9lacco (Ppg)) che insistevano per continuare le politiche antiinflazionistiche dei precedenti governi. Dall'altro, il fatto che il partilo di Pawlak fosse il successore dell'ex Partilo rurale satellite del Partito comunista, il Partilo unilo dei contadini (Zsl),suscitò le proteste di alcuni partiti quali l'Unione nazionale cristiana e l'Alleanza dei contadini che si rifiutarono di avere a che fare con una forza che ai loro occhi rappresentava un ritorno al comunismo. Sebbene Pawlak fosse troppo giovane per aver avuto un qualsiasi legame reale con il vecchio regime e avesse dimostralo di essere un politico capace e autorevole nel nuovo Sejm, sulla scia della questione controversa della «decomunistizzazione» la sua appartenenza politica non favorì certamente la formazione di una nuova coalizione. Inizialmente Pawlak fu in grado di raggiungere un certo numero di accordi limi- ,i)_{t BIANCO l.XILROSSO IH i i 811li.,., [ll~I un tali con alcuni partner potenziali ma alla fine di giugno fu chiaro che i suoi sforzi non avevano avuto successo. Tuttavia, su richiesta del presidente, Walesa, Pawlak continuò i negoziati proponendosi di formare un governo «al di sopra della parli» composto da ministri esperii dei precedenti governi e da tecnici. Anche questo tentativo fallì a causa soprattutto dell'intransigenza del blocco liberale che continuò a chiedere il pieno controllo sia sulla politica che sull'economia in un nuovo gabinetto. Il 2 luglio Pawlak chiese al presidente Walesa di togliergli l'incarico ma la richiesta venne respinta. Walesa confermò la fiducia a Pawlak e il 3 luglio mise il Parlamento di fronte a un ultimatum. A suo parere, la democrazia polacca era purtroppo immatura e la missione «stabilizzatrice» di Pawlak era stata impedita da interessi di partilo. Il presidente aggiunse che, in assenza di un'alternativa fattibile sostenuta da una maggioranza parlamentare presentata entro la giornata, avrebbe proposto «le misure necessarie emananti dalle sue responsabilità costituzionali» e avrebbe nominato personalmente un primo ministro e un gabinetto. Un governo del presidente? Il presidente Walesa ha avuto fin dall'inizio un ruolo di rilievo nei tentativi di Pawlak di formare un governo. Con la nomina del giovane dirigente del Psi a primo ministro, il presidente Walesa si proponeva chiaramente di prendere l'iniziativa politica. Le prime decisioni di Pawlak, in qualità di primo ministro, furono prese su richiesta del presidente, segnatamente la sostiuzione dei ministri degli interni e della difesa del governo Olszewski che erano rimasti in carica per i disbrigo delle questioni ordinarie in attesa della formazione di un nuovo gabinetto. Il presidente conlinùò ad avere un ruolo di rilievo anche nei successivi provvedimenti presi da Pawlak. Tuttavia, spiegare il sostegno di Walesa a Pawlak puramente come un tentativo per ottenere il controllo del gabinetto sarebbe sbagliato. Sulla scia della questione della «decomunislizzazione», il presidente sembrava voler dire che ciò che rendeva un governo un «buon» governo non era tanto il suo orientamento politico quanto la sua capacità di trovare soluzioni pratiche ai pro44 blemi quotidiani del paese. Per far giungere tale messaggio ai suoi ex collaboratori del sindacato Solidarnosc, ormai irrimediabilmente diviso in più fazioni, e ai sostenitori di Olszweski con il loro fervore a favore della purezza ideologica, il pragmatico «outsider» Pawlak deve essergli sembrato un ottimo alleato. La formazione di un governo di maggioranza Nel momento in cui il presidente ha messo il Parlamento di fronte all'ultimatum, i Ire partiti del blocco liberale stavano già negoziando con i cinque partili cristianodemocratici e dei contadini associali a Solidarnosc, segnatamente l'Unione nazionale cristiana (Zchn), il partito dei Democratici cristiani (Pchd), l'Alleanza di centro (Pc), l'Alleanza dei contadini (PI)e l'Alleanza cristiana dei contadini (Slch). L'ultimatum ha dato a tali negoziali la caratteristica di una corsa conto il tempo, in gran parie perché le proteste contro le condizioni imposte da Walesa sembravano del tutto fuori luogo: la verità della tesi del presidente che fino ad allora il Parlmento si era dimostralo incapace di dar vita a un govenro per contro proprio era troppo evidente. Con la mediazione di due deputali del sindacato Solidarnosc che intervennero in numerose occasioni per attenuare l'ostilità tra i due principali partecipanti, l'Ud e i nazionalisti di destra del Zchn, dopo 19 ore di negoziali venne raggiunto un accordo su una coalizione composta da selle partiti e comprendenti sei dei sette partiti che rappresentano l'eredità di Solidarnosc (Ud, Kld, Zchn, Slch, Pchd e PI mentre l'Allenza di centro ha abbandonalo i negoziati all'ultimo minuto) nonché il Programma economico polacco, il partner dell'Ud e del Kld nel cosiddetto blocco liberale. Nonostante le profonde differenze che separano i partiti presenti in questa «coalizione dell'ultima spiaggia», il cui orientamento varia da quello liberale e socialdemocratico a quello nazionalista cattolico, nelle circostanze di allora essi si sono ritrovati uniti su una serie di punii: il timore di «soluzioni presidenziali» e di nuove elezioni, un consenso pragmatico sulle linee generali della politica economica e la volontà di evitare conflitti ideologici.
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