Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 34 - novembre 1992

' ~.lLBIANCO l.XILROSSO lit•@iiii Emortal'utopiacomunista. Viveil socialismos lidale p er tentare una risposta al quesito posto da Il Bianco e Il Rosso sulla questione socialista vale la pena di porsi un'altra domanda: quale sarebbe la nostra realtà senza la spinta che il movimento socialista ha introdotto sul piano politico, sociale, economico e civile nell'ultimo secolo? Non ci troveremmo di fronte ad organizzazioni statuali come quelle che conosciamo, i cittadini avrebbero meno «coscienza» dei loro diritti, le libertà individuali e collettive non sarebbero quelle che conosciamo, la democrazia non avrebbe raggiunto i livelli di rappresentatività quali quelli raggiunti nei paesi democratici, il livello di «responsabilità diffusa» che abbiamo sarebbe ancora minore. Detto questo non si può dire che siano stati raggiunti i risultati che «l'utopia» indicava possibili con la realizzazione del socialismo. Le ragioni sono tante. La prima è relativa alle deviazioni autoritarie che, in nome del socialismo, sono state messe in campo con la nascila di «mostri» come i regimi comunisti, la seconda è stata la divisione, in tutto il mondo, del movimento socialista Ira coloro, come i socialisti italiani, europei e dell'internazionale socialista, che pensavano di raggiungere i risultati previsti attraverso la democrazia e i comunisti, che hanno predicato e praticato larivoluzione come unico mezzo per conquistare il potere da tenere saldamente in mano con la «dittatura del proletariato» che non era altro che controllo ferreo del sistema e negazione di ogni elementare libertà. Avendo risolto la storia questo dilemma con la sconfitta totale del comunismo torna imperioso il bisogno di socialismo. La questione socialista caratterizzerà anche il prossimo secolo anche se i termini con i quali ci si dovrà misurare saranno diversi di Luigi Vertemati perché è cambiala la società, anzi, è cambiato il mondo intero. Restano del tutto validi i principi dell'utopia relativi alla libertà, alla democrazia, alla giustizia sociale, alla solidarietà, alla pace e alla fratellanza tra i popoli. Certamente non ci sarà l'automatismo del tutto teorico dello stato padre padrone, autoritario fino al limite da annullare l'individuo, che «ti assicura tutto, anche il futuro». Fu una deviazione propria del comunismo con la quale milioni di persone hanno fatto i conti pagando prezzi altissimi ancora tutt'altro che estinti. Avendo fatto dei principi democratici un fattore inscindibile con il socialismo, la società con la quale si dovranno fare i conti sarà una società conflittuale nella quale a confrontarsi o scontrarsi non saranno le classi come predicavano i vecchi socialisti, ma gli interessi. razione del movimento socialista dovrà puntare a difendere gli interessi generali senza limitare le libertà, ma evitando disparità insopportabili. La giustizia sociale è e deve restare elemento inscindibile con la democrazia proprio perché abbiamo alle spalle un secolo di lotte socialiste dentro i sistemi democratici. La visione generale del socialismo relativa al «conflitto» tra i forti (il padronato, il capitalismo, i finanzieri, ecc.) e i deboli (i lavoratori, i deboli, i diseredati, gli emarginati) è ancora più valida oggi con il mutamento dei soggetti che determinano lo sviluppo del mondo oltre che dei singoli paesi. In ogni paese vi deve essere la consapevolezza che i soggetti sono cambiati perché viviamo in un mercato mondiale con pochi grandi centri finanziari, con un controllo dell'infomazione sempre più diretto da parte dei più forti e con un sistema pubblicitario altamente condizionante per i cittadini del mondo. 39 Il considerare il sistema di libero mercato come quello più in grado di produrre le ricchezze necessarie per soddisfare i bisogni della gente non deve significare accettarne tutta la carica selvaggia che ignora spesso l'uomo, i suoi bisogni, le sue necessità soprattutto nei momenti difficili dei singoli o delle collettività. Per questo devono cambiare anche i riferimenti attraverso i quali si deve organizzare il consenso attorno all'idea socialista. Occorre evitare di continuare a considerare come elemento centrale la fabbrica, semmai sono le fabbriche di intere aree ad avere problemi analoghi o di concorrenza con il rischio di favorire la «guerra tra i poveri» che ormai caratterizza molti conflitti sociali (si pensi agli accordi Gal, alle politiche di settori strategici come l'agricoltura, l'automobile, la chimica, l'elettronica ecc.). Per questo devono crescere politiche a livello di aree omogenee come quella europea, devono definirsi alleanze politiche e sindacali di grande dimensione, deve entrare nel linguaggio comune del movimento dei lavoratori il problema della qualità del governo che non è soggetto neutrale della definizione delle regole con le quali si deve condizionare il mercato. Si torna ai valori propri del socialismo che nell'ottica del duemila devono intendere: la solidarietà, come un principio etico mondiale (non è accettabile una solidarietà solo tra i popoli dei paesi ricchi); la libertà, come liberazione dai tanti bisogni propri di una moderna società (liberi di pensare, dal bisogno, di organizzare la solidarietà, libertà civili), la democrazia, come capacità di governare o di concorrere a governare guardando oltre lo specifico individuale, di gruppo, di nazione ma alla generalità degli uomini e delle donne; la responsabilità, come elemento centrale per

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