Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 34 - novembre 1992

~.ltBIANCO '-XILROSSO iit•®•MIJ Coniugaredacapolibertà uguaglianzae fraternità uando stanno succedendo troppe cose più di quante se ne possa sopportare, puoi scegliere di far finta che non stia accadendo niente di speciale, che la tua vita stia girando e girando come un piatto di un giradischi. Poi un giorno ti rendi conto che quello che credevi un piatto di giradischi, liscio e unifome, era in realtà un mulinello, un vortice. Questa premessa di Saul Bellowal suo «L'iniziazione» forse meglio di ogni altra espressione, spiega il momento politico, sociale, culturale che stiamo attraversando. E, per quanto ci riguarda, noi abbiamo deciso di «non far finta di niente» consapevoli che non di «un piatto liscio» si tratta. Potremmo dire che il XXsecolo è finito nel 1989,ma questo - forse - ancora non basta, così come non basta irridere gli uomini del medioevo che aspettavano l'anno 1.000 come la fine del mondo, dobbiamo esprimere un diverso spirito nell'aspettare il 2.000 e, quindi, dobbiamo prepararne l'avvento. Il XX secolo è stato caratterizzato da grandi ideologie: lutto era politica e la politica era schieramento ideologico, a volte frantumato in piccole, ma «purissime» aggregazioni, che reclamava e praticava un collettivismodi massa senza limiti e remore. Quelli stessi, e/o i figli della generazione che ha vissuto quell'epoca, ora agognano la solitudine, il «particolare», lo specifico e il personale. Dimassa sono restate le mode dell'abbigliamento e dei consumi individuali, gli egoismi (a volte sfrenati) e gli interessi individuali, i corporativismi. Ma nonostante le pressioni che derivano da queste spinte, di ordine culturale, ideologico, egoistico, ci sono però tutte le premesse per un rilancio della cultura aldi Silvano Veronese ternativa della solidarietà e dell'equità, poiché l'economia di mercato incentrata sull'individualismo possessivo-competitivo deve essere condizionata e regolata se non si vuole arrivare a fenomeni pericolosi ed esasperati di particolarismo, di egoismo, di corporativismo, premesse di tensioni sociali incontrollabili. E allora non si tratta di «riproporre», aggiornate, le tradizionali ideologie (il socialismo, il comunismo, lo statalismo pianificatore, ecc.), ma bisogna aprire a nuove istanze, rinnovandole, le cosiddette strutture rappresentative degli interessi popolari e delineare - conseguentemente - uno nuovo stile di vita. Bisognerà, infatti, partire dalle idealità più vere: la giustizia sociale, la solidarietà, il valore della vita, il rispetto dell'ambiente come comune contenitore e quindi collante decisivo per la qualità della vita di tutti, la valorizzazione delle differenze e delle specificità, per dare risposte «progressiste» all'umanità di questo XXI secolo. Non possiamo appoggiarci su nulla di già visto o già fatto e dobbiamo essere consapevoli che la crisi attuale, come d'altronde tutte le crisi, contiene anche delle grandi occasioni: per noi quella di ridisegnare un nuovo equilibrio culturale e politico nella contrapposizione tra conservazione e progresso e una nuova scala di valori su cui poggiare il nostro operare. «Qualcosa» è sicuramente fallito con il dissolvimento della esperienza del «socialismo reale», ma non le finalità ed i valori del socialismo liberale né tantomeno della socialdemocrazia, al di là delle prove offerte dalle singole forze politiche che ad essi si sono richiamate. Anzi, ritengo che proprio la caratteristica di laicità, la capacità di aprirsi al nuovo, di rimettersi in discussione, l'attitudine alla dialettica, elementi caratterizanti il so37 cialismo democratico-liberale, creino le migliori premesse perché in questa situazione di grande confusione e spasmodica ricerca di punti di riferimento, se non proprio di valori, si determini un rilancio della cultura della solidarietà socialista. «Non buttare il bambino con l'acqua sporca», si diceva in anni passati, ora ritengo bisogna aggiungere - e non solo a parole - che il bambino che non bisogna buttare è qualcosa di vivo, che cresce e si trasforma, pur conservando sempre la sua essenza di essere umano. Emi sembra che sia solo questione di ordine astratto/speculativo chiedersi se la nuova sinistra sarà riformista, radicale, democratica, liberale o altro. Il problema non è nominalistico ma di sostanza, e quindi è il carattere profondamente innovativoche dovrà accompagnare oggi la concezione di «sinistra» se vogliamo che essa abbia una concreta possibilità di affermarsi. Una sinistra moderna, del tutto «nuova» questo è ciò di cui oggi l'Italia ha bisogno, perché il fallimento delle teorie liberiste e la loro inevitabile applicazione, la «deregulation» e lo smantellamento dello Staio sociale, hanno mostrato tutta la loro pochezza e profonda ingiustizia, determinando situazioni di ingovernabilità economica e sociale, in cui il conflitto risulta inevitabile. Attualmente, esiste - come reazione - il pericolo di un risorgere del massimalismo sindacale. Lo vediamo nel radicalismo di alcune posizioni ideologiche, patrimonio di una certa sinistra, che vengono estremizzate senza trovare la giusta via del cambiamento. Pertanto, è compito dei riformisti far si che non si spezzi il filo tra domanda sociale e risposta, tra realtà e valori ideali. L'attuazione di questo compito passa attraver-

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