Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 34 - novembre 1992

chezza, ma pure una qualche forma di funzione sociale dell'accumulo del capitale. In realtà nella grande turbolenza che segue all'esplosione dell'impero sovietico, alla nascita di nuovi stati, in una situazione di grande movimento e instabilità, ove si fanno avanti nuovi particolarismi e vecchie intolleranze e in qualche caso veri e propri conflitti armati, si percepisce un progressivo imbarbarimento delle nostre società occidentali, che stanno perdendo i propri valori di ospitalità, di tolleranza, di cooperazione ... (valori la cui affermazione ha richiesto e giustificato la presenza di un partito socialista), per cui più che di fine della funzione del socialismo per troppi successi si può comprendere chi parla di crisi del socialismo democratico per fallimento. Certamente vista l'azione socialista in funzione della costruzione dello stato sociale si può acconsentire con chi afferma che l'obiettivo è stato raggiunto (ma anche in questo caso è una vittoria largamente incompleta, e oggi, da più parti, tenacemente contestata) tanto che si può giustificare chi dice che un ciclo è ormai esaurito. Ora, affermano i rinnovatori, bisogna cambiare le nostre vecchie categorie politiche e la principale di esse, lo scontro, che ha improntato di sé il secolo, tra capitalismo e socialismo. Esse sono obsolete e fuorvianti, travolte dal venir meno del sistema industriale, che tali categorie ha generato. Sta nascendo, ad opera dell'informatica e dell'elettronica, una nuova società, un nuovo sistema sociale, culturale e politico, sempre più differenziato,in cui la battaglia non sarà contro lo sfruttamento della natura e delle risorse vitali. Il socialismo esausto dovrebbe rivitalizzarsi grazie ad un nuovo antagonismo sociale e politico che si incentra nell'ecologia, nella difesa della natura e la sua conservazione. Un bel socialismo verde! Che dovrebbe impegnarsi per una lotta di «conservazione», sia pure ambientale. Non è forse la rincorsa al benessere dei diseredati, promossa dai partiti socialisti, la causa principale del degrado ambientale, che ci ha portato vicino al profetizzato punto di non ritorno? Non vorrei essere frainteso; ritengo opportuno che il socialismo di oggi e di domani si ponga il problema dell'ambiente. Ma temo che non possa essere il credo eco- .{)Jt BIANCO lXILROSSO liX•®ilil logico il nuovo mito che assicuri un altro secolo di vita ai partiti socialisti. In primo luogo per una ragione di rappresentanza sociale. La tutela dell'ambiente pone agli uomini nuove problematiche, indipendentemente dalla loro posizione economica o dal reddito che hanno, quindi non individua il sostrato sociale che dovrebbe supportare l'azione di un partito politico. In secondo luogo per una ragione di distinzione ideologica, filosofica, di fondo. Assumere come valore «la natura» porta a confondere la sinistra con la destra, di cui si sposano sia le tematiche, sia i principi. Ruffolo, in Mondo Operaio di qualche tempo fa, scriveva che il «nodo della crisi del socialismo sta nella crisi della società complessa e nell'esigenza di passare dall'affermazione dei valori di giustizia, fraternità, solidarietà alla prospettiva di una dinamica storica che... vede emergere diversità che vanno difese». Sarà forse vero, ma credo che, se questo concetto di diversità non viene ben definito e delimitato, si uccida la ragion d'essere dei socialisti: sia che si valorizzino i «meriti»diversi nell'ambito sociale, sia che si auspichino nuovi valori spirituali in contrapposizione alla massificazione consumistica, sia che si auspichino nuove istituzioni statali a garanzia delle diversità etniche, nazionali o locali. La diversità come valore l'attestava orgogliosamente J.J. Rousseau, forse il più acuto propugnatore della società chiusa ai tempi moderni (se non sono il migliore, sono diverso) e la proclama chiaramente Alain de Benoist quale fondamento concettuale della destra «chiamo destra per pura convenzione l'attitudine che consiste nel considerare la diversità del mondo e, per tanto le diseguaglianze relative che ne sono necessariamente il prodotto, come un bene e l'omogeneizzazione progressiva nel mondo, magnificata dal discorso bimillenario dell'ideologia egualitaria, come il male». E sì ha ragione! L'uguaglianza e quindi il socialismo è «contro natura». La natura ci fa diversi; la destra denuncia «giustamente» come «innaturale» ogni tentativo di superare tale diversità. Ma questo tentativo è il socialismo e solo riproponendoselo e, adeguandolo alle mutate condizioni storiche, culturali, economiche e sociali, può aspirare a un nuo31 vo secolo. Molte volte, quando leggo le riflessioni di alcuni intellettuali, anche di intellettuali socialisti, ho l'impressione che venga attuata una consacrazione del reale (che talvolta indossa le vesti della moda del momento) e si dimentichi che cultura è anche critica rivisitazione del passato e, se è possibile, anticipazione del futuro. Il dibattito culturale politico è perennemente ancorato a disquisizioni astratte e antiquate, anche quando si imbellettano di modernità, donde derivano tutte le fumisterie della sinistra. Credo che il socialismodei prossimi anni deve certamente partire da alcune acquisizioni ormai assodate, che tutti abbiamo ormai capito. Il socialismodeve «staccarsi dal cadavere di Marx» (Rosselli); il che significa liberarsi da ogni provvidenzialismo e organicismo e accettare la relatività delle sue premesse ideali. In una gerarchia di valori, tra stato e società il socialismo deve segnare un ruolo primario alla seconda, alla quale è necessario garantire libertà e sviluppo. Questa libertà sarà garantita in particolar modo all'individuo, anche se libertà individuale significhi intraprendere un'attività economica indipendente, finalizzata a un profitto privato. Abbiamo inoltre capito che socialismo deve far proprio il concetto di efficienza, cruciale per governare la modernità e indispensabile per combattere i privilegi e rendere sempre meno diseguali i punti di partenza per tutti i cittadini. Insomma abbiamo capito che bisogna fare i conti con i valori (quelli migliori almeno) del capitalismo. Ma il capitalismo, malgrado i suoi successi, ripropone in continuazione il problema del suo superamento: esso continua ad incontrare opposizioni morali, che «indicano che c'è qualcosa nell'uomo che si rifiuta di accettare l'idea che tutto debba essere regolato dalla legge (amorale) della domanda e dell'offerta, per la quale il concetto stesso di giustizia sociale è un'espressione completamente priva di significaloe contenuto» (Pellicani). Anche questo concetto è acquisito dal socialismo: è il suo passato e su di esso si basa il suo futuro!, del quale in questo momento forse non abbiamo il diritto alla certezza, ma non vogliamo certo toglierci almeno quello alla speranza.

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