Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 34 - novembre 1992

,i).tJ, BIANCO l.XILROSSO i•Xi®ilil Unsocialismorifarmato pertutelaresperanzer ali N on posso iniziare questa riflessione sullo status attuale della questione «socialismo» con l'incipit oggi di prammatica ad ogni articolo di analisi politica «Dopo il crollo del comunismo...». Le difficoltà, in cui si dibatte la prospettiva socialista in Italia e in Europa, hanno, solo indirettamente, una qualche connessione con gli eventi che si sono succeduti a Oriente in questi ultimi anni. I socialisti non hanno certamente avuto bisogno del fatidico '89 per denunciare la falsità della concezione comunista, marxista-leninista, sul piano speculativo e la sua aberrante disumanità e inefficienza sul piano praticopolitico. Le nostre sono difficoltà che hanno tutt'altra origine. Già da tempo, all'interno del mondo socialista, c'è la consapevolezza che la politica del socialismo democratico ha bisogno almeno di una profonda revisione, che, se pure non investe i suoi valori fondamentali, certamente deve interessare la loro traduzione in termini progettuali politici. Dalla coscienza di tale necessità si è sviluppato da alcuni anni un dibattilo, che talvolta si ha l'impressione (e la discussione all'interno del Psi avvalora tale sensazione) che taluni pensino che tale revisione deve essere così globale e radicale, che forse è meglio lasciar perdere e progettare (magari per accomodarvisi) un'altra e diversa automobile. [anno scorso il filosofo e politologo anglo-tedesco RalfDahrendorf, confrontandosi in un dibattilo sul futuro della socialdemocrazia europea con il cancelliere austriaco Franz Vranitzky, accordava alla secolare storia dei socialisti in Europa un ambiguo riconoscimento che si tramutava in un sostanziale epitaffio. di Nereo Laroni I programmi e i positivi valori portali avanti da cento anni a oggi dai socialdemocratici sarebbero stati assunti, fatti propri e metabolizzali dalle società democratiche dell'occidente. Sono divenuti humus comune di tutti i governi, quale sia la forza che li gestisca. Cioè non sarebbero più peculiari a un partito politico, quello socialista, che quindi non saprebbe più come distinguersi e indirizzare alla genie un proprio chiaro e innovatore discorso progettuale. Insomma il socialismo, quello occidentale, muore, o è morto, per «indiscutibili successi» e, avviluppalo dai residui tossici della sua vittoria (crescita materiale senza limiti, burocratizzazione, privilegi e sprechi, emarginazione progressiva degli esclusi dal Welfare State e dal Nord ricco, insensibile e/o incapace di risolvere il drammatico problema del Sud...) rinsecchisce nella gestione del quotidiano, ormai svuotato di una «vera energia politica di un futuro». È una sentenza che coglie certamente alcuni aspetti della società moderna o postmoderna, che sembrano negare sia sostrato sociale sia giustificazione ideologica peculiari al socialismo, tanto che taluno è stato tentato di ipotizzare un secolo ventunesimo che vedrà partiti arroccati in posizioni non chiaramente antagonisti he Ira loro. La nuova azione politica sarà un mix di elementi politici che poco distingueranno (e distinguono) un partilo dall'altro. È il mix frutto del venir meno della contrapposizione frontale socialismo-capitalismo e che ha fatto parlare qualcuno in America di fine della storia e in Italia, più modestamente, di caduta di ogni valore politico alternativo alla distinzione destra-sinistra. Questi non sarebbero altro che termini riproposti, sempre più stancamente, per nascondere, col reale vuoto di progettualità politica, l'a30 spirazione a godere di rendite di posizione assicurate dal valore allusivo ed evocativo dei suoni. Insomma, la sinistra, il socialismo, parla solo alla nostra immaginazione rievocativa: o siamo mossi da un parassitario attaccamento alle rendite del passato, o siamo obnubilati dalla vaporosa e torbida dolcezza delle «neiges d'antan». (Forse dall'aver assunto, nei fatti, quando non nell'ideologia, tale analisi, oggi sperimentiamo il discredito che ci investe, in poco gaudiosa comunanza con gli altri partiti di destra e di sinistra. Quando tra le politiche governative di destra e di sinistra non v'è alcuna differenza fondamentale, la politica si riduce alla pura gestione del potere e il potere logora sì chi non ce l'ha, ma corrompe chi ce l'ha! Appiattirsi nella sola tecnica gestionale si traduce in occupazione dei centri di potere e, molto spesso, in starci da impuniti. Tangentopoli è lì a ricordarcelo!). La constatazione di morie per troppi successi del socialismo democratico, operala da Dahrendorf e molti altri è frutto di un eccesso di ottimismo (o pessimismo?) che gli avvenimenti di questi ultimi tempi, purtroppo, si sono incaricati di ridimensionare. La funzione «propulsiva» del socialismo umanitario non è venuta meno, perché le società occidentali ne avrebbero metabolizzato i valori. Basta guardarsi attorno per constatare come i nostri valori di giustizia sociale, fraternità, solidarietà, di internazionalismo sono insidiali nella coscienza dei cittadini da nuove e vecchie intolleranze, ingiustizie, egoismi, chiusure particolaristiche e nazionalistiche. E inoltre, nel trionfo del capitalismo, più o meno selvaggio, (anche se oggi appare un po' in ribasso), è difficile intravvedere, non dico la socializzazione della proprietà, o una più equa redistribuzione della rie·

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