va ben aldilà di una ricerca di legittimazione, o della pulsione perdente a chiudere la propria strategia entro il cerchio delle sigle nazionali che ad essa aderiscono. Le ragioni per cui in Italia non solo è più difficilmente proponibile una aggregazione intorno al nome socialista, ma essa porta con sè un suono ambiguo, attengono tutte alla specificità del caso italiano, letto separatamente sia nel lungo periodo della storia repubblicana, sia nelle vicende recenti degli anni ottanta. Già la storia repubblicana comporta le difficoltà che sono state richiamate nella proposta di discussione, ma con alcune ulteriori considerazioni. Non solo il partito comunista italiano è stato il più forte dell'Occidente di fronte a un partito socialista particolarmente fragile; ma forza e fragilitànon sono state solo quantitative. In verità il Pci si è mosso nella storia italiana con una grande duttilità culturale, riuscendo a coinvolgere aree di cultura politica nazionale nelle sue elaborazioni, (dallo storicismo crociano, al cattolicesimo di frontiera prima della generazione dei Rodano e poi di quella conciliare, al pensiero meridionalista e alla riscoperta amendoliana dd capitalismo, al femminismo della Seroni, e così via). Per contro il partito socialista, fatta eccezione per il periodo felice del primo centrosinistra, con la programmazione, è stato assai più caratterizzato, sia nel Psdi che nel Psi, da un intreccio fra una fedeltà molto formale e ripetitiva alle sacre "tavole della tradizione e un opportunismo di governo che ha fatto spesso smarrire il senso della stessa espressione socialista. Ma l'Italia, lo si voglia o no, è anche il luogo in cui ha operato una sinistra altra dalla tradizione socialista, ingabbiata sì entro le reti dell'unità dei cattolici e condizionata da tutte le ambiguità obbligate della guerra fredda, con una propria cultura assai più vicina a quella socialdemocratica, sostanzialmente convergente con essa intorno ad alcune grandi opzioni storiche del periodo e anche in quelli che oggi appaiono a posteriori i suoi limiti, come l'enfasi sul pubblico e le derive assistenzialistiche. L'esistenza di questa sinistra, interna ali)JL BIANCO l.'LIL ROSSO iiX•®iiiiJ la democrazia cristiana, non è stata irrilevante anche per quanto riguarda gli effetti indiretti sulla evoluzione delle forze socialiste e comuniste. La mia tesi consapevolmente faziosa, è che mentre i comunisti hanno ricavato dal confronto con essa soprattutto una spinta alla revisione ideologica, su temi chiave della concezione dello Stato, - dalle autonomie locali all'Europa, al rapporto con la società civile - i socialisti hanno ingaggiato con essa, dal governo, soprattutto una competizione esasperata che ne ha fatto, oggettivamente e spesso soggettivamente, gli alleati sistematici delle correnti democristiane più legate a una concezione di destra e immobilistica del potere. Fin dal centro sinistra, la convergenza operativa dorotei-socialisti, la polemica fra socialisti e sinistra Dc, sono il dato stabile degli equilibri locali italiani. La vera sconfittadella sinistra Dc nel proprio partito, che si determina e conclude fra la morte di Moro e le elezioni del 1983, dovuta certo anche a propri errori gravissimi, e alla crescente contraddizione della centralità democristiana con l'attenuarsi del pericolo comunista, è però soprattutto segnata dal suo essere la vittoria di Craxi. Questo introduce già negli anni ottanta. Ho già scritto su queste pagine che considero la strategia craxiana di quegli anni il corrispondente del reaganismo, entro i contorni propri del caso italiano. Del reaganismo egli assume l'obiettivo di una governabilità tutta giocata sul rafforzamento degli esecutivi e dei ceti di governo, una risposta alla crisi di rappresentanza attraverso la politica-spettacolo, il ridimensionamento drastico dei miti della sinistra operato attraverso una aggressività culturale che va assai oltre le tradizionali polemiche interne alla sinistra, il favore di fatto a una idea della selezione attraverso la competizione, di mercato o no, che produce un nuovo universo antropologico anche in politica. Credo che sarebbe fare un torto a Craxi, alla originalità e forza del suo irrompere nel sistema italiano, considerare questa analisi offensiva. Personalmente l'ho ritenuta disastrosa ma mezza Italia, vedendovi, e giustamente, una forma di modernizzazione e omologazione del processo in 29 corso nel mondo, l'ha battezzata come geniale e su questo lo ha consacrato come leader. È l'intreccio di questi processi che rende, anche aldilà della disponibilità personale a non fare battaglia sulle parole, poco spendibile la parola socialista nel contesto italiano. Non dimentichiamo che l'accusa di coltivare un incontro con Craxi è stata l'arma che ha indebolito la proposta della svolta di Occhetto e qui, fra l'altro in una singolare convergenza di cattolici alla destra e alla sinistra del Pci; che il Psi, se non tutti i socialisti (ma le distanze prese dai molti fino ad ieri fedelissimi sono viste come opportunismo), è visto oggi come il soggetto politico più identificato nel suo insieme con tangentopoli e la sentinella più decisa a guardia del vecchio sistema. Detto questo ciò che impone oggi la costruzione di un soggetto politico altro da quelli che hanno caratterizzato la fase storica chiusa con gli anni ottanta non è una questione di nome. È una questione politica. In primo luogo il passaggio necessario a una democrazia bipolare impone una semplificazione e ridisegno geografico delle forze in campo, sulla base delle due discriminanti politiche destra-sinistra. Potranno certo restare, salvati da una certa percentuale di proporzionalismo soggetti altri, ma questo ridisegno è il punto essenziale della riforma della politica. Un tale processo impone una rifondazione culturale e pragmatica, e insieme una rifusione, comunque modulata nelle forme e nel tempo, degli attuali soggetti. Un partito che non c'è? In verità, quando, venendo da ben altra esperienza politica e tradizione culturale, ho aderito al Pds, ero convinta che si stesse facendo appunto il passaggio ora invocato dal partito che non c'era al partito possibile da far essere. Non ho cambiato sostanzialmente idea e ritengo che quel nome, partito democratico della sinistra, era adeguato all'idea. Ma è vero che il processo di costruzione esige più trasformazioni,passaggi, processi di quanti ne siano stati messi in campo fin qui.
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