Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 34 - novembre 1992

~JJ,BIANCO l.XILROSSO i•Xi®hifl Oltrele ceneridi Pcie Psi: unanuova«sinistra» iustamente, nel porre «la G questione socialista», la proposta di discussione de «Il Bianco e Il Rosso» ne accentua il versante pratico politico su quello teorico da una parte, l'aspetto italiano su quello internazionale, dall'altra. Non siamo qui credo ad arricchire l'orizzonte accademico della politologia del novecento. Siamo, nel pieno di un processo di disintegrazione politica giunto all'ultima spiaggia, e che convive con forti pressioni per l'immobilità e il continuismo, a verificare la contraddizione per cui, nel nostro paese, il nome socialismo viene per così dire giocato, in qualche modo, in una ipotesi e nel suo contrario, anche se con più determinazione e convinzione in quella della immobilità che in quella della ricostruzione ex-novo. In questo senso c'è una radicale diversità fra il porsi del problema su scala internazionale e su scala italiana. È certo vero che la crisi del comunismo trascina con sé in parte anche quella del socialismo. Essi hanno profonde radici comuni, e prima ancora che nella realizzazione di una società giusta come risposta al carattere selvaggio dei processi di industrializzazione moderni. Il sogno utopico dell'uno e dell'altro si fonda nella stessa concezione moderna, di radice illuminista, della politica, legata alla moderna idea del progresso, come cammino garantito e certo, come svolgimemntounidirezionale della storia. Questa idea ha la sua sanzione, soprattutto a sinistra, con l'assunzione della politica come strumento principe e unico, insostituibile del processo di autoliberazione umana, una politica che è insieme, da una parte, luogo supremo della identità personale, dell'ingresso nella coscienza e di Paola Gaiotti de Biase nella storia comune, e, dall'altro, una funzione esaustiva e onnipotente cui viene riconosciuto il compito di costruire l'uomo nuovo e il mondo nuovo. Ma non è questo anche proprio il nucleo centrale della crisi delle idee e della identità della sinistra, la ragione della caduta del sogno dell'ottobre 1917?Intendo: non è forse l'affidamentoalla politica di un compito radicale e totale che produce il carattere inevitabilmente totalitario e liberticida del disegno che ingabbia-la storia? Ma non è del resto qui che si collocano anche gli altri mili della sinistra, aldilà di quelli sul diritto della rivoluzione e sull'enfasisulla conquista del potere a ogni costo: il ruolo del pubblico e del collettivo fino al rovesciamento del mito della estinzione dello Stato in una riconfermata centralità dello Stato, la sopravvalutazione del ruolo dei rapporti di produzione in una visione economicistica dei dinamismi sociali, le tendenze all'appiattimento ugualitario come forma della giustizia, la diffidenza per tutto ciò che non è traducibile in opzione politica? Ciò sul terreno internazionale, sanziona la rilevanza, attuale e più ancora potenziale, che hanno, nel ridisegnare l'orizzonte culturale e politico dello schieramento socialista, i nuovi apporti di culture altre; dall'ambientalismo, al femminismo, all'irrompere di una coscienza religiosa vittoriosa sulle sue diffidenze per un progressismo laicizzante, alle opzioni non violente e terzomondiste,allo stesso federalismoeuropeo come demitizzazione dello Stato nazionale, di un volontariato che fa politica da sè. Finora questi incontri sono apparsi spesso più uno scontro escludente fra fondamentalismi diversi che un intreccio di nuova cultura; ma è un fatto che l'orizzonte concettuale del socialismo (cioè di fatto, della sinistra) internazionale è sempre più carat28 terizzato dalla necessità di portare tutto ciò a una convergenza critica unificante. Tali culture non sono solo le espressioni dei problemi politici oggettivi, comuni della fine del secolo, che rilanciano le ragioni di un impegno giocato insieme, ma pulsioni che portano con sé una diversa concezione della natura stessa della politica, del suo limite, della complessità dei suoi approcci, che rompe con l'illuminismo, con il progressismo ingenuo delle tradizioni democratiche e socialiste, con una antropologia della salvezza tutta concentrata sulla militanza storico-politica, pur restando fedele a una antropologia della legittimità del progetto collettivo. Il socialismo internazionale marcia di fatto su questa strada innovativa, e la riproposizione del suo nome non è un ostacolo alla costruzione di una tale convergenza. E una tale convergenza non è solo possibile, è necessaria. Gli anni ottanta lasciano in eredità l'accentuarsi delle interdipendenze, in una chiave governata e determinata, in un contesto di crescenti contraddizioni, dalle destre mondiali; e insieme, con la caduta del comunismo tolgono alle tradizioni di destra (e penso anche in particolare ai soggetti e agli equilibri politici che hanno fin qui determinato la costruzione sbilenca della Comunità europea) l'alibi della guerra fredda del rischio comunista. È dunque non solo giusto, ma necessario, per qualunque soggetto politico nazionale che si dica di sinistra, non solo riconoscersi nello schieramento socialista che fa capo all'internazionale, ma legare strettamente la sua vocazione nazionale all'obiettivo di adeguare il soggetto politico internazionale alla fase storica che abbiamo davanti. Questo è il senso della adesione del Pds alla Internazionale socialista, che dunque

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