i)JL BIANCO il.JLROSSO MililiMld la bicamerale (sia pure con il consenso del prof. Miglio). Gli strumenti decisivi, da recepire nella Costituzione, sono: a) disposta la elencazione tassativa delle materie di competenza statale ed assegnate le restanti alle Regioni, esclusione per le seconde di leggiquadro o leggi organiche che facciano rientrare dalla finestra l'ingerenza statale estromessa dalla porta; soppressione dei ministeri, tranne che nelle materie statali; b) diminuzione della distinzione fra Regioni ordinarie e speciali con attribuzione a tutte della «specialità» attraverso specifiche leggi costituzionali; c) trasferimento alle Regioni di tutta l'amministrazione statale, centrale e periferica, tranne giustizia, forze armate, diplomazia, ecc.; d) piena autonomia finanziaria di entrata e di spesa per Regioni ed enti locali in sostituzione della corrispondente imposizione fiscale statale: e) regime presidenziale per le Regioni (a meno di referendum popolare favorevole al regime parlamentare) con elezione diretta del Presidente (ballottaggio a due), che sceglie il governo regionale, e con separazione netta di competenze fra il medesimo e il parlamento regionale; f) rafforzamento dei principi costituzionali sull'autonomia di Comuni e Provincie contro l'ulteriore centralismo regionale della legge 142/90 e della interpretazione regionalistica della stessa; g) attribuzione alla Corte dei conti (rinnovata) del controllo di legittimità su atti amministrativi di Regioni, Province, Comuni; h) definizione ex novo, attraverso riaggregazioni provinciali, di Regioni di almeno quattro milioni di abitanti (tranne Sardegna e Sicilia), con ordinamento della specialità regionale e provinciale attuale all'interno di tali Regioni, sostitutivedello Stato. In tale disegno e solo in tale disegno, in tutti i punti elencati, si pone l'esigenza di un Senato delle Regioni, che, con Regioni come le odierne e come quelle del comitato della commissione bicamerale, non avrebbe significato. In particolare, per il Senato delle Regioni, si propone una composizione che, a parte i senatori a vita, sia fatta: dei presidenti delle Regioni; di tanti senatori quanti sono i milioni di abitanti (della Regione), eletti dal parlamento regionale e tenuti, in Senato, a votare compatti per delegazione di Regione: di altrettanti senatori eletti in ogni Regione a collegio uninominale. Beninteso tale Senato, chiamato ad intervenire, volendo, su ogni legge già approvata dalla camera, non voterebbe la «fiducia» al governo nazionale (ma in questa sede si presuppone un regime presidenziale). 8. Infine le modalità della revisione costituzionale e, in particolare, la legittimità di introdurla con procedimento diverso dall'art. 138Cost., cioè attraverso una modificazione dello stesso art. 138 o l'introduzione di una norma (costituzionale) della medesima efficacia formale. La Costituzione esclude la revisione della forma repubblicana (art. 139)e la forma repubblicana, di cui la Costituzione esclude la revisione, è la forma di Stato insomma la Repubblica democratica così come connotata nel suo essere democratica dai principi fondamentali (fra cui anzitutto l'art. 5), e non la sua forma di governo, l'essere connotata come regime parlamentare (che non è principio fondamentale; del resto, non si contesta la legittimità del passaggio ad altre forme di governo, come il regime neo-parlamentare o semipar lamentare). Si può dubitare della leggittimità di una revisione costituzionale che sia, per così dire, autorizzata (sia pure con legge costituzionale adottata col procedimento del 138) una tantum con procedimento diverso dal 138 stesso. Non si può dubitare della legittimità di una revisione costituzionale (non una tantum) dello stesso 138 in sé. In particolare, è legittimo che questo sia corretto nel senso del referendum non puramente confermativo (com'è oggi), ma alternativo, nella contrapposizione fra il testo approvato dalla maggioranza del parlamento e quello, altrettanto redatto in articoli, votato dalla minoranza maggiore ovvero sottoscritto dal maggior numero di cittadini, comunque oltre una certa soglia (si parva licet, così è nello statuto del Comune di Milano). È evidente la superiore qualità democratica di una simile formulazione (del 138 Cost.), così come è evidente che la accoppiata del procedimento di revisione una tantum e, con la stessa, del referendum solo confermativo (oltre tutto, non eventuale, come nel 138 attuale, bensì obbligatorio), presenta un carattere plebiscitario, nella accezione autoritaria del termine, che accomuna Vittorio Emanuele II, Napoleone III e Charles De Gaulle, per non dire altro.
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