Volgendo lo sguardo sul mondo odierno non posso liberarmi dalla sensazione che la politica contemporanea abbia urgente necessità di nuovo impulso nel senso di una certa spiritualizzazione. Forse questo impulso arriverà da una parte del tutto diversa dei paesi post-comunisti. Però sento che il suo arrivo è imminente, deve manifestarsi, verificarsi. La civiltà contemporanea si trova a una svolta cruciale, decisiva. Mentre da un lato ha raggiunto traguardi fantastici, dall'altro proprio oggi l'umanità, a motivodi questa stessa civiltà, per la prima volta nel corso dell'esistenza corre tutta insieme un pericolo totale. L'esplosione anagrafica collegata all'abissale separazione tra ricchi e poveri, reca minacce di gravi scosse nazionalistiche e sociali, impone il rischio ecologico, l'irrefrenabile consumo delle fonti minerali, la permanenza di arsenali nucleari capaci di estinguere la vita; tutti questi contrasti e molti altri fenomeni creano una sola, immensa e pericolosissima nube che si libra sul nostro capo. Perché questa nube non si scateni, qualcosa deve accadere. E questo qualcosa, in che altro può manifestarsi se non nella sfera dello spirito, nell'umana coscienza e autocoscienza, nei rapporti dell'uomo verso se stesso e il mondo? Cos'altro deve cambiare se non la stessa autoriflessione dell'uomo moderno? E in quale altro luogo questo cambiamento deve riflettersi se non in quello della politica? E in quale altro modo potrebbe iniziare il cambiamento politico se non col mutamento del suo spirito e della sua etica? Naturalmente è bene che il politico non si abbandoni all'esasperazione e alla depressione. Altrettanto male è che li esibisca pubblicamente. D'altra parte penso che sarebbe bene invece che i politici vivessero più profondamente non solo la propria sorte politica, ma anche quella del mondo. Cercando di essere non solo il crocevia di svariati interessi e pressioni di parte, a cui devono dare soddisfazione se vogliono mantenersi al potere, ma anche di ascoltare meglio la voce inconfondibile e unica della coscienza - proprio come i poeti. Così mi pongo la domanda se non sia addirittura un obbligo, oggi, per i veri intellettuali, filosofio poeti, di smettere di provare ripugnanza per la politica e di non temere ad entrarvi, pur con tutti i rischi e le .{)_{.t BIANCO lXltROSSO ••XiX•l~•M~iki) esigenze insolite che possono derivarne. E mi interrogo se proprio questo momento non chiami gli intellettuali a cercare di imprimere alla politica un volto nuovo - un volto postmoderno. Del resto, chi altri meglio di loro sono predisposti a percepire tutte le connessioni globali del comportamento politico, per accettare infine la corresponsabilità globale dello stare nel mondo, e quindi rinnovare, in chiave politica, il significato ditali valori con coscienza, amore verso il prossimo, rispetto per la natura, per l'ordine dell'essere e la pluralità delle culture? Chi se non loro dovrebbe dare alla politica l'indispensabile misura spirituale e trascendentale, e contemporaneamente rinnovare e svegliare in essa la carica di concreta attenzione e sensibilità umana che è andata sparendo? Chi più di loro è meglio predisposto a iniziare la distruzione dello stereotipo secondo il quale il politico è una macchina per conservare il potere, praticamente in mano agli specialisti della propaganda e dei sondaggi, i quali tengono sempre sotto controllo gli umori dei cittadini? Naturalmente non voglio dire che gli uffici politici dovrebbero guidare le persone che non hanno vocazione politica. Non sono favorevolea che il consenso degli elettori venga concesso a chi non sa parlare e agire in modo comprensibile. Non vorrei che anziché decidere si finisse per filosofeggiare e sognare. Però mi sembra che il mondo della politica abbia necessità di essere radicalmente umanizzato e spiritualizzato, che la politica non debba più essere solo l'arte del possibile, e che il potere non debba trovare senso solo in se stesso. Anche il rappresentante meno significativo del più modesto dei paesi dovrebbe sentirsi responsabile non solo verso il suo partito, i suoi elettori e il suo solo Stato, bensì, tramite la propria coscienza, corresponsabile della sorte futura almeno di quella piccola parte di miracolo della Creazione rappresentato dall'umanità e della vita del pianeta. Fatto, questo, impossibile, senza avere vissuto e sperimentato la trascendenza (...). I filosofie i poeti nelle poltrone ministeriali naturalmente non salveranno il mondo. Tuttaviapotrebbero - in precise circostanze - contribuire a salvarlo. Viviamoin un mondo di specialisti e specializzazioni, così che anche la politica sta 68 diventando una professione per uomini dotati di un certo tipo di cultura e con interessi particolari. A me pare invece che essa dovrebbe essere praticata da cittadini con un senso di responsabilità molto sviluppato e di grande comprensione delle misteriore complessità dell'essere. Se gli intellettuali riconoscono di essere uomini simili, allora è contraddittorio che rifiutino di prendersi sulle spalle il peso di funzioni pubbliche, e, come si usa dire, di sporcarsi le mani con la politica. Chi mette in giro che la politica è sporca è ·colui che sporca la politica. Ciò che hanno raccolto certi intellettuali indipendenti nei paesi postcomunisti, perciò, è stata una sfida, un richiamo, un compito. Una sfida è sottoporsi a un grande rischio e a una grande avventura. Sapere rispondere a questa sfida e portare a buon fine questo compito, dipende soltanto da noi. Solo da chi come noi ha accettato attivamente questa sorte, dipende se sarà dimostrabile che il mio amico inglese ha ragione, oppure che ha semplicemente ceduto al luogo comune secondo cui ognuno deve arrendersi al proprio mestiere.
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