Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 33 - ottobre 1992

sulla base dell'anzianità di servizio ed in questa ottica la differenza di remunerazione tra un operaio e un impiegato a parità di anni di servizio è minima. In realtà la busta paga di un lavoratore in Giappone è composta non solo dalla paga base (influenzata come abbiamo visto principalmente dall'anzianità oltre che dalla capacità professionale) ma da alcune addizionali stabilite in rapporto all'entità della paga base per un coefficiente di merito e dal «bonus» che è in media una somma pari a 5-6 mensilità di stipendio suddivise in due erogazioni annue. Non è inconsueto quindi che il 30-40% del salario mensile di un lavoratore giapponese sia costituito da extra spesso integrati dagli straordinari «obbligatori» (ma sullo spinoso problema del tempo di lavoro torneremo in sede conclusiva). L'azienda «clan-grande famiglia» fornisce ai suoi «protetti» anche prestazioni aggiuntive che vanno a coprire alcuni punti critici del sistema dei servizi sociali in Giappone: la più importante di queste è la casa. Le grandi imprese si assumono spesso l'onere di approntare e mettere a disposizione le sue abitazioni per i propri dipendenti. Questa della casa e s !o una delle molte funzioni sociali dell'impresa ed è rivolta tanto agli operai che agli impiegati o ai dirigenti in un'ottica di egalitarismo sostanziale. Struttura finanziaria e mercato azionario Dalla relazione di R. Dore questo punto emerge come nodale nell'intero sistema socio-economico giapponese e segna una profonda discriminazione tra la nostra concezione di capitalismo e la loro: da un lato (quello del capitalismo «sassone» di Stati Uniti e Gran Bretagna) la spinta è a massimizzare il rendimento: «tutti i diritti e gli impegni sono soggetti a campravendita» dall'altro (quello renano) vigono «legami personalizzati» tra impresa e ditte subfornitrici. Infatti vi è una forma di azionariato reciproco che garantisce dalle scalate (Opa) e libera l'azienda dalle pressioni degli azionisti. Citando ancora una volta Dore possiamo dire che «lamaggior parte delle azioni di una impresa (70%) sono nelle mani di altre società (quali banche, assicui)Jt BIANCO l.XILROSSO I i il Kll i I iMi (i)@nn razioni, ditte fornitrici e di distribuzione) in legami d'affari con la prima»; quindi gli azionisti essendo direttamente coinvolti ed interessati al buon andamento dell'impresa - e degli affari che fanno con essa - non venderebbero mai le loro azioni senza una preventiva consultazione. I sindacati d'impresa e l'offensiva di primavera Eccoci giunti finalmente all'argomento centrale della giornata seminariale dedicata al Giappone. I sindacati di impresa sono infatti la principale prerogativa del sistema di relazioni industriali nipponico; non a caso alla fine degli anni '80 il 95% di tutti i sindacati in Giappone erano «enterprise unions». Bisogna precisare che la legge sindacale prevede anche altri livelli sindacali (quali sindacati di settore e interconfederali ciò nonostante è proprio «l'eccellenza funzionale» del sindacato d'impresa nella gestione del mercato intorno del lavoro a garantirgli la supremazia sugli altri livelli sindacali e di contrattazione. Qual è la spiegazione di che cos'è un sindacato di impresa e perché detiene un così grande primato. In primo luogo i sindacati di impresa non sono organizzati sulla base dei settori produttivi e delle categorie professionali bensì sulla base delle singole aziende (normalmente nel loro stesso nome «assumono» il nome della società: «Nissanmoto workers union», «Toshibaemployees union», ecc.) ed inoltre organizzano indifferentemente gli operai, gli impiegati e i manager fino a 35 anni. La supremazia del sindacato di impresa invece dall'insieme delle pratiche di lavoro e di gestione che abbiamo sin qui descritte; infatti in un mercato del lavoro basato principalmente sul sistema dell'impiego a vita all'interno di una stessa azienda e su un sistema salariale a sua volta basato principalmente sull'anzianità di servizio (a prescindere dalla mansione) l'impatto del livello sindacale (e di contrattazione) settoriale e nazionale è molto limitato e si riduce a (comunque importanti) funzioni dell'offensiva contrattuale di primavera («Shunto»)che solitamente fissagli aumenti dei minimi salariali per tutte le categorie. In altre parole i sindacati di impresa «riu55 niscono tutti quelli che mangiano dalla stessa scodella di riso» e rappresentano la forma di contrattazione collettiva più efficiente e funzionale per la gestione del mercato del lavoro, interno. Tra le altre caratteristiche positive citate nel seminario ricordiamo la capacità di aggiustamenti flessibili delle politiche sindacali e quella di risoluzione immediata dei problemi a livello di officina e di impianto entrambe dovute alla stretta vicinanza con il luogo di lavoro. In ultima analisi possiamo dire che il sindacato di impresa svolge principalmente due ruoli: il primo conflittuale rivoltoverso il datore di lavoro in un gioco di potere per migliorare il rapporto profitto/salari (ruolo che si esplica nell'offensiva di primavera tra aprile e maggio); il secondo cooperativo del tipo «workcouncil»da non tradurre né intendere con l'italiano «consiglio di fabbrica» bensì con il tedesco «betriebsrat» inteso quindi come organo di cooperazione con il management e di scambio di informazioni per migliorare la gestione complessiva dell'impresa. Per dirla con le parole del Prof. Araki: «le relazioni industriali in Giappone si fondano sull'apparente incompatibilità di funzioni cooperative e conflittuali svolte dal sindacato di impresa». Conclusioni: le contraddizioniinterneal sistema È proprio da questa incompatibilità che emergono le prime contraddizioni; è veramente solo «apparente» come sembranovolere dimostrare tutte o quasi le immagini dell'economia giapponese oppure c'è qualche segnale di allarme a cui dare credito. In primo luogo una delle accuse ricorrenti mosse ai sindacati di impresa (da studiosi di relazioni industriali sia europei che giapponesi, come degli stessi lavoratori nipponici) è di essere sempre più simili alle «commissioni interne» o se si preferisce alle «CompanyUnions»americane ovvero troppo vicini all'interesse del management e troppo poco sensibili alle esiycnze dei lavoratori. In altre parole nella ricerca della massima cooperazione per il raggiungimento degli obiettivi di produttività prefissati, il sindacato di impresa rischia di non agire più (sull'ambiente di lavoro)

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