~JJ, BIANCO (XJLROSSO • H 1181141I i iii t11 @1 Xii - .:~ .. ~ ,.• ' - ---------- --------- TheatrumOrbis Terrarum(Anversa, 1570) cativa basata sulla massimizzazionedei profitti un tipo di efficienza altra: «quella della onestà», basata sui rapporti di fiducia tra le parti. Ma andiamo per ordine ed analizziamo uno per uno questi fattori. Il rapporto di lavoro a lungo termine Secondo le più recenti statistiche del Ministero del Lavorogiapponese circa il 30% dei lavoratori compie iì suo iter lavorativo nella stessa società dall'assunzione (che normalmente avviene verso i 18 anni per gli operai e verso i 22 per gli impiegati) fino al raggiungimento del limite dell'età lavorativa (55 anni fino a qualche tempo fa, ora 60 anni) e questa percentuale sale se si va a guardare nelle grandi industrie. In questo contesto il lavoratore non è assunto per una specifica mansione (dall'atto dell'assunzione passerà almeno due anni in corsi di formazione specifici) ma come «membro dell'azienda»; infatti non è inusuale che un contratto di lavoro in Giappone «non» specifici la mansione o il posto di lavoro. È all'interno di quella azienda che il lavoratore compierà al sua carriera attraverso meccanismi di promozione, di mobilità (job rotation) e di trasferimento (interaziendale), seguendo periodicamente corsi di formazione per adattarsi all'introduzione di nuove tecnologie (on the job training). E così salirà la scala gerarchica (con molti meno livelli che in occidente) fino a poter aspirare ad un posto di rilievo nel management (il 16% dei membri esecutivi del Consiglio di Amministrazione è formato da ex leader sindacali promossi «sul campo»). Questa filosofia di impresa che con gli Yamaguchi potremmo chiamare «principio dell'azienda per il benessere» si fonda sulla garanzia del posto di lavoro assicurata da precise leggi. In Giappone il licenziamento è molto difficile ed è considerato una extrema ratio. La normativa è molto rigida in proposito: non solo vieta il licenziamento per attività sindacali o per motivi ideologici o politici, ma introduce il concetto di «licenziamento inguisto» anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia fatto tutto il possibile per impiegare il lavoratore in altre mansioni e/o settori produttivi. Siamo quindi di fronte ad un sistema di replacement imposto «by law» che spinge gli impr nditori alla flessibiità e alla diversificazionedegli investimentiproduttivi. Ma comunque nell'ambito del patto per il benessere e la produttività, sindacati d'impresa e datori di lavoro cooperano spontaneamente nei comitati congiunti 54 sia a livello di impianto che di azienda - per limitare le dimissioni di mano d'opera, soprattutto attraverso il reciproco scambio di informazioni sullo stato di salute dell'azienda e sull'introduzione di nuove tecnologie. Il sistema salariale Se come abbiamo visto il mercato del lavoro in Giappone prevede promozioni e avanzamenti di carriera all'interno di una singola azienda diventa importante analizzare sotto quale sistema salariale avviene la redistribuzione del «benessere» prodotto. Per comprendere il sistema salariale giapponese bisogna prima di tutto mettere da parte la «filosofia del salario» occidentale. L'equazione «stesso lavoro, stesso salario» che sottende una logica di egalitarsmo formale della retribuzione non è valida in Giappone; anche perché se la distinzione tra categorie impiegatizia e operaia è relativamente ben definita (in modo molto meno netto che nei sistemi occidentali tanto che si è parlato a riguardo di «single status») la suddivisione delle rispettive mansioni non è affatto ben definita. La tabella salariale che da noi viene stabilita sulla base del tipo di lavoro in Giappone invece viene approntata prevalentemente
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