Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 33 - ottobre 1992

~!LBIANCO '-XILROSSO L'EUROPA E IL MONDO La«Sussidiarietà»: perfareo boicottarle'Europa? L a nozione di sussidiarietà, da tempo al centro del dibattito per la costruzione europea, conosce da alcuni mesi una notevole fortuna nel lessico europeista. Ora è norma (di problematica applicazione) del trattato di Maastricht. Come tutte le parole magiche della politica deve, infatti, il suo successo all'uso ambivalente che ne può essere fatto. C'è infatti chi fa appello al principio di sussidiarietà per contrastare i pericoli di una opprimente centralizzazione burocratica e chi, al contrario, lo invoca con l'intento di statalizzare politiche che, per essere davvero efficaci, andrebbero invece sovrastatalizzate. Nulla lasciava presagire che un termine coniato dall'enciclica Quadragesimo Anno (nel 1931)avrebbe trovatouna seconda giovinezza, in Europa, all'inizio degli anni '90. Per sussidiarietà l'enciclica intendeva che: «Nonsi possono togliere ai singoli, per trasferirli alla comunità, i compiti ai quali essi sono capaci di far fronte con la loro sola iniziativa e con i loro mezzi. Questo equidi Pierre Camiti varrebbe a commettere una ingiustizia e turberebbe l'ordine sociale in maniera altrettanto dannosa che togliere ai livelli inferiori le funzioni che essi stessi sono in grado di assolvere per conferirle ad una collettività più vasta e di rango più elevato, (... )». Questa definizione e gli obiettivi perseguiti dal Papa non hanno però che un lontano rapporto con la riflessione attuale sulla ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di potere nell'Europa dei dodici. L'emergere del termine nel vocabolario comunitario ha perciò indotto alcuni a ricercarne le tracce nella storia recente della comunità o degli Stati membri. Tra gli Stati membri solo la Germania ha integrato nella pratica politica la nozione di sussidiarietà. Non è quindi sorprendente che i lander, ed in particolare la Baviera si vantino di essere all'origine della «conversione» di Jacques Delors (del quale per altro è nota la provenienza dal mondo cattolico) al principio di sussidiarietà. Bisogna tener presente che i lander tedeschi si sentono particolarmente minacciati dall'intrusione del49 la Comunità nella loro sfera di competenza esclusiva. Benché non faccia parte del patrimonio politico britannico, anche il governo conservatore ha rapidamente capito tutto l'interesse della nozione di sussidiarietà per tentare di limitare il potere di Bruxelles. Così, mentre il Parlamento Europeo utilizza questa nozione con l'intento di facilitare il trasferimento di competenze verso la Comunità, il governo conservatore britannico l'intende come una barriera opposta all'estensione di competenze comunitarie. Se i lander si inquietano per una possibile spoliazione di loro competenze esclusive, a sua volta l'Unione delle confederazioni dell'industria e degli imprenditori d'Europa (Unice) giustifica, in nome della sussidiarietà, il suo rifiuto di una legislazione sociale comunitaria. Quanto alla Commissione, le cui proposizioni sono sempre più frequentemente accompagnate da un riferimento alla sussidiarietà, essa ci fa ricorso a volte per giustificare la sua «inazione» (come nel caso della politica sociale), altre volte per ten-

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