~Jl,BIANCO '-XILROSSO iiX•®iMil Unacurapergradi: concretezza, riforme,cittadinanza N ella nota di presentazione del dossier si afferma che il tema della crisi della politica «è grande come la realtà italiana». È vero, ma proprio perché è così grande, se si vuole capire e, possibilmente, costruire qualcosa bisogna evitare le generalizzazioni, respingere la tentazione di trovare la risposta unificante e risolutiva e invece distinguere fra i tanti e diversi livelli della crisi. Propongo qualche osservazione su tre aspetti. Il primo è quello delicatissimo e gravissimo del governo della transizione. La prima urgenza è che la casa non ci caschi addosso mentre disegniamo progetti per il futuro; da questo punto di vista occorre un forte senso di responsabilità della maggioranza e delle opposizioni di fronte al governo in carica e alla manovra economica che esso ha avviato. Dico anche delle opposizioni: è più che giusto che esse propongano e preparino nuove maggioranze, ma sarebbe irresponsabile che provocassero una crisi prima che qualcosa di alternativo e di concreto sia pronto, mentre la crisi finanziaria ci minaccia. In sostanza bisogna che la manovra economica non fallisca: si può modificarla nelle qualità su singoli punti, per ovviare a evidenti difetti sul piano dell'equità, ma non si può intaccarla nella quantità perché è già insufficiente. Questo atteggiamento non esclude ma anzi è la condizione di una forte iniziativa per il cambiamento. Prima di tutto sul terreno del ruolo dei partiti e delle regole della nostra democrazia: ed è questo un secondo livello. I partiti sono necessari alla democrazia; ma non questi partiti. Nessuno è in grado di dire oggi cosa saranno i partiti domani. Non c'è dubbio che la forma-partilo sia stata storicamente condizionata dalla sfida del modi Pietro Scoppola dello leninista: oggi che questa sfida è caduta è necessario trovare nuove forme-partito. Ma questa nuova forma-partito non si definisce a tavolino o in un seminario accademico. Essa sarà il frutto di una evoluzione. Il problema è quello di rendere possibile l'evoluzione, di togliere per così dire il tappo perché il nuovo venga fuori. Il tappo oggi è il sistema elettorale proporzionale che cristallizza i partiti sulla vecchia formula e obbliga il nuovo che nasce a entrare nella vecchia forma-partito per farsi ascoltare e avere spazio. Perciò quando si parla di riforme istituzionali bisogna ancora una volta distinguere: anche qui ci sono priorità; la prima e più urgente iniziativa è quella sulla riforma elettorale. È essenziale che si vada alle nuove elezioni sia municipali che - prima o poi - politiche con nuove regole e non con questa poporzionale che sta alimentando un processo di disgregazione e di proliferazione di partiti che distrugge la democrazia italiana. A mio avvisola riforma elettorale non è una delle riforme istituzionali ma la premessa delle riforme, la condizione necessaria, anche se non sufficiente da sola, perché il processo si avvii. Perciò nel momento in cui si delineano grossi pateracchi in Parlamento proprio in tema di riforma elettorale bisogna che l'opinione pubblica e la gente si mobiliti in difesa dei referendum. I referendum su un tema istituzionale come la legge elettorale sono, fra l'altro, uno strumento essenziale per ridare al cittadino italiano il senso di una cittadinanza. E tocco così un terzo aspetto della crisi politica italiana: quello appunto della crisi di identità collettiva nel nostro paese. Il senso della cittadinanza in Italia è stato sempre scarso e incerto; questione romana e mito dell'Urss, patria del socialismo, hanno contribuilo da decenni a rendere nelle masse popolari fragile il sentimento 44 di una appartenenza comune. Il paese, nel periodo repubblicano, con un sistema politico anomalo e fondato tutto sul ruolo dei partiti e sui loro compromessi è tuttavia cresciuto; è diventato un paese ricco e nel complesso prospero. Il benessere e il consumismo sono diventati per qualche tempo un elemento di identità collettiva. Ma ora nel momento in cui alcuni sacrifici sono necessari per tutti, nel momento in cui bisogna fare i conti con un disavanzo pubblico che ci colloca ai margini dell'Europa, anche questo elemento di identità collettiva è entralo in crisi. La rabbia contro il sistema politico e contro i partiti che si manifesta nella opinione pubblica è anche il segno della crisi di questa fragile identità fondata su un benessere ora messo in discussione. A questa crisi l'italiano reagisce fuggendo spontaneamente in due direzioni apparentemente opposte e contradditorie: fugge verso la base della società alla ricerca o alla riscoperta di identità particolari regionalistiche o municipalistiche che hanno solide radici nella cultura popolare (si pensi al fenomeno della persistenza e della rinascita dei dialetti); fugge verso l'alto cercando quelle più ampie identità collettive che lo sviluppo della politica internazionale va creando. Contraddittorio nelle sue espressioni il doppio fenomeno della fuga verso il basso e verso l'alto ha tuttavia un'unica radice psicologica e culturale. Ma non credo che questa doppia linea di fuga - verso l'Europa e verso le leghe, per intendersi - sia una premessa positiva per far parte dell'Europa in maniera degna delle nostre tradizioni e delle nostre stesse potenzialità. Bisogna essere più consapevolmente cittadini italiani per essere europei! Ma anche la rabbia degli italianiè un segno di vitalità; essa implica la domanda di
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