Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 33 - ottobre 1992

tentata una più precisa ricognizione delle responsabilità che in ordine ad essa devono imputarsi ai partiti. Perché se è vero che i maggiori tra loro son stati derubati dei loro «patrimoni ideali» ad opera di giganteschi e incontrollabili processi storici, è pure vero che nel complesso la nostra classe politica ha mostrato di essere lentissima, irresponsabilmente lenta nel ricostruire, rivitalizzare, convertire quei patrimoni. Ed è facile la battuta che ben maggiore alacrità essa ha mostrato nei riguardi di altri patrimoni. Quali le ragioni? Umberto Allegretti ha ritenuto di individuare nella «mancanza di intenzionalità coraggiosa» una tara ereditaria del sistema politico italiano. Altri insistono sugli effetti tossici e ipnotici che l'assenza di una effettiva competizione per il governo ha anche sul rinnovamento ideologico dei partiti. Come che sia, la concezione economicistica della politica, la concezione aziendalistica del partito non hanno trovato nell'Italia degli anni '80 contradditori che non fossero disperante minoranze. I.:ideadi un contemperamento tra la politica di valori indivisibili e quella dei valori divisibili non ha allettato nessuno. E neanche è servito il voyeurismo di cui son stati oggetto nell'ultimo decennio gli Stati Unitid'America. In quel paese il connubio Mappamondo a due emisferi: Mercator (1588) ,P!I. BIANCO lXILllOSSO liX•®iltl tra politica e business è il più esplicito e collaudato che possa pensarsi; ma a nessuno verrebbe in mente di candidarsi ad alcunché senza possedere - o essersi per l'occasione fabbricato - una vision. È molto servita invece da giustificazione a questa classe politica pigra una pretesa crisi dei valori all'interno della società civile. Quasi che il deserto etico della nostra comunità nazionale non abbia offerto nutrimento ai partiti né si sia lasciata da questi mettere a coltura. È evidente che si tratta di un alibi. Mi chiedo come si possa intravedere aridità di valori in un paese che produce volontariato per milioni di unità, in cui dilaga - come ultimamente è avvenuto - una nuova, poderosa etica del lavoro, in cui il rigetto xenofobo è stato fin qui - bisogna sottolinearlo - il meno virulento nell'Europa continentale. Certo: il cittadino italiano è tutt'altro che innocente; ma egli non è del tutto colpevole e soprattutto non è da questa classe politica che può essere espressa una chiamata in correo a suo carico. Che fare? Quanti non vedono - o cercano di non vedere - la questione come l'ho proposta, argomentano che essa non dà comunque luogo a soluzioni praticabili. Di qui un investimento pressoché esclu43 sivo sui rimedi istituzionali o sui correttivi movimentisti e «trasversali». Mi pare invece che l'obiettivo di una riqualificazione dei partiti come mediatori di valori, di una ridefinizione calda e puntuale di grandi idee-guida, di una proposizione credibile di quelle idee sia un obiettivo realistico e costruttivo. Esso attiverebbe una dinamica tra i partiti ed al loro interno, capace di valorizzare e sfruttare ogni incentivo istituzionale ed ogni impulso trasversale. Si è sentito da ultimo parlare nuovamente di «onore» in politica. È un buon segno, purché non si alluda soltanto all'onore del mercante. A questi bastava e basta rispettare puntualmente gli obblighi che derivano dal suo contratto. Ma il sentimento dell' «onore» di cui vi è maggiore urgenza ha piuttosto a che fare con quello dell'antico cavaliere. Esso consisteva nella fedeltà, nella completa dedizione a un causa che non era frutto di negoziato. Nell'età contemporanea al politico professionale è richiesto di essere insieme mercante e cavaliere: di mediare interessi e risorse, ma al tempo stesso di testimoniare e garantire le idee più grandi. Se il richiamo ali' «onore» è il richiamo a questo duplice impegno, esso potrà costituire una ricetta ben più pratica ed efficace di quanto si pensi.

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