~JJ- BIANCO lXttROSSO lit•#OIII Oltrei parti: la leadershipnelleistituzioni M ai come in questa fase della Prima Repubblica italiana è appropriato citare una famosa espressione di Antonio Gramsci. Non solo il vecchio muore faticosamente e il nuovo nasce con difficoltà, ma nell'interregno si moltiplicano i germi della degenerazione. Non è, come parte della allarmistica cultura di sinistra paventa, una degenerazione del regime democratico, comunque difeso dalla rete di sicurezza europea, al di là e al di qua di Maastricht, anche se può essere una sua grave consunzione. Ma è sicuramente una degenerazione della Repubblica dei partiti che si disvela nel suo vero e rapace volto di partitocrazia oramai divenuta priva di ideali, di valori, di progetti, di leadership. I partiti sono andati, in tutti i sensi, per la tangente. Saranno sicuramente sostituiti da aHre organizzazioni poiché con la fine dei partiti non cesserà la politica e poiché di politica se ne fa già molta fuori e contro i partiti. Nonsono neppure più convinto, come ero dieci anni fa, che le organizzazioni, le associazioni, i movimenti, gli schieramenti, i gruppi che sostituiranno i partiti, questi partiti, saranno meno democratici, meno rappresentativi, meno efficienti dei partiti, di questi partiti. Anzi, penso proprio il contrario alla luce delle modalità di funzionamento,di comportamento, di finanziamento,e delle caratteristiche della vita interna dei partiti. Credo anche che sia diventato inutile, e forse persino controproducente per chi voglia costruire un'alternativadi governo progressista, attardarsi a resuscitarepartiti che sono morti. Il migliore, se non l'unico obiettivo intermedio, per il quale vale la pena operare oggi nei partiti di sinistra, consiste nel tentativo di coldi Gianfranco Pasquino locare in posizione significativa, sull'eventuale dirittura d'arrivo delle riforme istituzionali, le idee e le proposte di quelle frazioni di partito e di dirigenti che vogliono rinnovare, in schieramenti inediti, il sistema istituzionale, che vogliono costruire bene un'altra Repubblica. Per il resto, la politica e la democrazia, la democrazia politica e quella socio-economica si difendono e si allargano nelle e grazie alle numerose associazioni che vivono per la politica e non di politica, che costituiscono il tessuto connettivo di un paese che, al di là di superate differenziazioni fra cattolici e laici, vuole essere governato meglio, vuole partecipare per influenzare le decisioni collettive, le politiche pubbliche. Se l'obiettivo è un'altra Repubblica, più democratica perché più partecipata, più giusta perché più efficiente, più efficiente anche perché è andata oltre le defatiganti e inquinanti mediazioni partitiche, allora il problema che mi preoccupa in maggior modo è la drammatica crisi di leadership che attanaglia il paese, un paese che non ha mai avuto grandi propensioni a creare leaders e a dotarli di poteri decisionali adeguati. Il segretario democristiano è congelato; quello socialista è impallinato; quello del Pds è altalenante; quello della Cgil è rimasto con più prestigio che potere; il Presidente della Confindustria non ha (ancora?) autorevolezza; il Presidente del Consiglio non ha maggioranza, e così via (il Presidente del Consiglio Nazionale del Pds ha dato,?, le dimissioni così come il Presidente del Partito Repubblicano). Potremmo, a questo punto, preoccuparci anche della frammentazione del sistema partitico, della destrutturazione del sistema rappresentativo, delle elucubrazioni della Lega e del suo ideologo, delle manipolazioni del sistema dei mass media. Non possiamo, infatti, e non dobbiamo esonerare dalle re39 sponsabilità per la crisi politico-istituzionale l'incompetenza e la mancanza di professionalità anche di alcuni «grandi» giornalisti che svolgono in maniera tanto spettacolare quanto qualunquistica la loro funzione diseducativa. Ma il vero problema è il rapporto fra il sistema istituzionale e la leadership politica. Giuliano Amato ha detto che l'Italia non dovrebbe diventare una Disneyland. Peccato, gli ha risposto argutamente Alberto Arbasino: Disneyland è pulita, ordinata, divertente, produttiva e ben governata. È una vera e propria istituzione, con un progetto e una leadership. Proprio quanto manca all'Italia da parecchio tempo. Troppo a lungo sottovalutate, in particolare da tutti quelli che fanno della manovra l'arte della politica, le inadeguatezze delle istituzioni sembrerebbero essere oramai al centro di qualsiasi programma riformatore. Le ricette pullulano, ma la maggior parte di esse sono e rimangono tecnicamente discutibili e politicamente inaffidabili. Fra polemiche e esclusioni è stata varata la Commissione per le Riforme istituzionali, forse l'ultima Commissione di questo tipo in attesa dei referendum elettorali e antipartitocratici. Ciò che manca nel dibattito politico-istituzionale è esattamente quanto i partecipanti alla Tavolarotonda de «Il Bianco & il Rosso»di agosto-settembre in maggiore o minore misura desiderano: una formula «paretiana» per garantire la circolazione e il ricambio della classe politica e, forse, ma questa è già la mia interpretazione e sono meno sicuro che sia condivisa, un meccanismo «weberiano» che crei la leadership istituzionale. Ho formulato la mia proposta in Come leggere il governo (Anabasi 1992)e il lettore mi perdonerà se rinvio a quel libretto (nella speranza che voglia essermi grato dopo averlo letto...) per tutti gli approfondimenti del ca-
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