{)jJ. BIANCO (XJLROSSO iit•#OMil Diecipuntidi riflessione: ciòchefinisce ciòchepuònascere L a gamma delle questioni poste dal dibattito è molto ampia: è necessario trovare dei capi sotto cui riunire i ragionamenti, facendo riferimento ai problemi (selezionati) e non alle persone. l) Crisi della politica. Forse è necessario un chiarimento preliminare. La politica non va mai in crisi in modo generico: essa può essere vivibile o invivibile, ma con nome e cognome e non lascia vuoti. Non è necessario ricordare la sua naturalità. Ciò che è andato in crisi è una concezione della politica di carattere salvifico o soteriologico. Cioè si è attribuita alla politica un'importanza che non doveva avere perché la politica non può essere una soteriologia. In questo senso la crisi delle ideologie è importante. Ed è importante la caduta delle ideologie più caratterizzate in questa prospettiva. È certo che la guerra fredda ha esasperato questi aspetti di scelta di civiltà che via via ha sottinteso una «salvezza».Per questo il comunismo bolscevico, che ha rappresentato il tentativo pratico più freddamente conseguente in tale direzione, mette in luce il malanno che sta anche alla radice della crisi della cultura politicaoccidentale, tutta influenzata in misura diversa nei singoli casi dalla concezione politica marx-leninista. Vachiarito però che il deperimento non implica la «catastrofe» totale e completa della cultura marxista che è nata su filoni importanti della cultura europea dell'ottocento: il positivismo e lo storicismo idealista. Con tale cultura che nulla ha a che fare con le sacche residue di socialismo reale, si debbono fare ancora i conti. Per i cattolicic'è da riflettere molto sulla nuova dottrina sociale della Chiesa che è più impegnativa di quella vecchia. In realtà la crisi del Welfare State subisce un trascinamento da parte della decadenza dei socialismi di Ruggero Orfei consequenziari dell'Est. Le culture economiche degli anni Trenta dipendevano molto dall'esperienza dei piani quinquennali staliniani. In sostanza cade uno schema interpretativo, ma restano i problemi sui quali la cultura del socialismo si è costruita. 2) Ciò comporta anche la necessità di capire bene quale consistenza abbia la crisi del sistema occidentale che è precedente alla crisi dell'esplosione della crisi comunista. C'è una letteratura antica in proposito. In realtà il carattere di sistema andrebbe analizzato nelle sue parti per cogliervi tutta la casualità che deriva dai cambiamenti. È un problema per i sociologhi. L'economia di mercato è l'esaltazione della casualità non più sorretta dai margini di una crescita che era sembrata un destino benefica ineluttabile di tutto il pianeta. È il mito di Colombo con tutto quel che contiene. 3) Questo comporta una disfatta complessiva dello Stato come si è configurato negli ultimi secoli. Mi pare che Baget Bozzo abbia sollevato questo dato fondamentale. Lo Stato come figura storica determinata ha una sua origine specifica nelle forme che sono state adottate. Sempre basate su una ricerca di accentramento e di controllo della forza fisica di coazione interna ed esterna e di una disponibilità, di fatto senza limite (si pensi al caso limite dell'economia di guerra) della ricchezza nazionale. Nel momento in cui la società civile cresce anche non in maniera sufficiente,ma sicuramente diventando più complessa a causa dell'innovazione tecnologica, del tempo libero, dell'acculturazione generalizzata, in una fase di comunicazioni molto diramate ed estese, lo Stato si accorge o dovrebbe accorgersi di essere ingombrante. Non riesce più a dare ordini. La ricchezza dello Stato si separa da quella dei cittadini e lo stesso controllo del territorio è messo in questione, non solo in Italia. Che 37 la rivolta ancora in nuce si realizzi in nome delle tasse o dell'etnia cambia poco. C'è il dato che molti, troppi soggetti, non si riconoscono in questo modello di Stato e viene il separatismo come idea forte, che è il controcanto dell'apoteosi dello Stato nazionale che ha celebrato i suoi fasti negli ultimi centocinquanta anni. Che all'idea di patria subentri quello di «matria» grazie al dialetto, al patois o altro tuttavia ha qualcosa di importante: è pure affermazione di valori. La complessità cerca la cura del particolare. Non solo, ma anche il grande presupposto positivista della società divisa in classi non riesce più a svolgere alcuna funzione riunificatrice. Questo è stato ricordato utilmente. Ciò non esclude che tolto ogni carattere metafisico alla lotta di classe come molla permanente della storia, possa esplodere ad occasione data come adesso in Italia e (forse) anche altrove. 4) La crisi dei partiti. Questa esiste: ma occorre dire anche qui che sotto certi aspetti sono intrascendibili. Lo storico individua infatti anche nei regimi più totalitari dei «partiti» agire per la elaborazione di una politica. Nella democrazia questo avviene a luce aperta e con una concorrenza esplicita e pubblica. Questa pubblicità esige delle regole che non ci sono. Il tutto è affidato al buon cuore dei soggetti attivi. Ma non è la corruzione l'elemento dirimente di una fase che passa in un'altra. Il passaggio è offerto dalla ripresa di capacità della repressione della corruzione che per sé è ineliminabile e per questo una società sana deve avere sempre gli anticorpi pronti che non sono soltanto la magistratura che però ha un'iniziativa. Ma se si attendesse la fine della corruzione da riforme strutturali e istituzionali si ricadrebbe ancora in una concezione soteriologica della politica. Il punto da curare è la strutturazione continua e variabile, a seconda dei
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