i.>.U- BIANCO '-X-ILROSSO iiX•®hitl Usciredallacrisi:progetti nuovie valoritrasversali L e provocazioni iniziali di Camiti, nel dibattito aperto da «Il Bianco & il Rosso»,possono ben costruire il filo del contributo che ci è stato chiesto. Al centro della riflessione comune non possono esserci infatti che le domande: come si esce dalla crisi del sistema? Chi sono gli attori possibili di una tale uscita dalla crisi? Possono esserlo gli attueli partiti che ne sono in qualche modo i responsabili? Possono non esserlo comunque i partiti? Partirò da questa ultima questione. L'attuale esaltazione della insostituibile funzione dei partiti appare troppo funzionale alla resistenza contro una vera riforma elettorale che obblighi ad un profondo mutamento e rischia così di mettere in ombra la verità, ovvia e evidente che contiene: democrazie complesse come quelle moderne non possono non poggiarsi su strutture di aggregazione delle funzioni di controllo, di partecipazione, di aggregazione del consenso che i cittadini intendano esercitare in quanto tali, cioè di partiti. Questo mix di veritàe di opportunismo contiene soprattutto due mistificazioni. La prima è supporre che, poiché i partiti sono indispensabili, sono indispensabili i partiti che oggi occupano la scena politica, con il retaggio delle vischiosità e delle caratteristiche datate che una lunga storia, una storia di cui fa parte la guerra fredda e la contrapposizione fra Est e Ovest, ma, ancora prima, la natura ideologica della politicaottocentesca, ha disegnato di fatto.Come non avvertire che l'unità della Dc oggi è, per queste stesse ragioni, solo una unità di segno immobilista, che qualsiasi ipotesi di ridefinizione strategica del suo ruolo è di fatto lacerante e entra in collisionecon le ragioni e gli interessi di questa o quella frangia del suo gruppo dirigente? di PaolaGaiotti La seconda sta nel fatto che gli anni ottanta hanno già profondamente accelerato la mutazione dei partiti storici della tradizione italiana. Possiamo davvero ancora parlare, per questo ultimo decennio, dei grandi partiti, in particolare dei partiti di governo, come partiti popolari? Nel dibattito è stato richiamato il ruolo innovatore, laico e occidentalizzante di Craxi nella politica italiana dalla fine degli anni settanta in poi. Ma Craxi è stato il lucido esportatore, nella politica italiana, di una dottrina, quella della Trilaterale, che intendeva affrontare la crisi di governabilità e di efficienza della democrazia con una riduzione della partecipazione e un rafforzamento del ruolo degli esecutivi. Il processo che si è andato sviluppando ha fattosì che i partiti storici di governo si qualificassero sempre più come corporazioni del ceto politico, come gruppi di interesse della «nuova classe», sempre meno come aggregazioni popolari: mentre si andava erodendo, fra appannarsi del riferimento comunista e centralizzazione istituzionale del confronto politico anche la capacità di aggregazione del Pci. Non a caso il messaggio degli anni ottanta è stato un messaggio di inutilità della politica, di esaltazione della grinta e dell'ascesa individuale, di riconduzione della politica a costruzione di destini e carriere personali, a protagonismo sociale individuale: di fatto di accettazione e tolleranza delle lobbies, palesi e occulte. Lo scandalo delle tangenti, come sistema di potere rimanda fondamentalmente a questa che è stata non una deviazione di singoli ma una strategia politica, uno strumento di governo, una formula, a suo modo efficacissima, si selezione della classe politica, consapevolemente cavalcata; e ciò sia quando è stata in qualche modo assunta culturalmente (è il caso del Psi) sia quando è stata mascherata dietro la retorica tra31 dizionale dell'impegno politico come nella Dc. Assai altro cioè sia dalla pur disastrosa etica rivoluzionaria del partito chiesa, sia dalle stesse deviazioni degli anni cinquanta e sessanta, per le quali sembra francamente arbitrario prendere come figura emblematica Moro. Proprio l'emergere della Lega, del resto, conferma il venir meno della funzione storica dei grandi partiti popolari: essa è stata sempre, fin dagli inizi del secolo, una funzione di acculturazione politica collettiva, certo segnata dai dati del tempo, l'analfabetismodi grandi masse, l'insufficiente scolarizzazione, ma anche capace di ridurre tali limiti ai fini di una praticabilità della democrazia. Le Lega, questo movimento che si sviluppa nelle aree storicamente di più alta sensibilità civile, le più scolarizzate e modernizzate del paese, con un tasso alto di interscambio europeo, sia esso economico o turistico o comunque di abitudini e di consumi, e tuttavia esprime, quale che ne sia il senso politico ultimo, una protesta politicamente rozza e quasi istintiva, cosa è se non il segno di una società abbandonata a sé stessa, ai suoi umori e interessi immediati, entro cui sono sparite le ipotesi aggregative su grandi canali progettuali? La verità è che i grandi partiti popolari non ci sono più, tutti già ricondotti a federazioni di comitati elettorali di singoli. L'unico che ha in qualche modo affrontato il problema della sua riconversione radicale, perché meno coinvolto come partito di opposizione nella scelta antipolitica, e perché costrettovi dalla caduta dei suoi riferimenti, il Pci, fatica a ricostruirsi come soggetto politico nuovo, nella concretezza di una sua presenza sul territorio, anche perché la figura di cosa possa e debba essere oggi un partito tarda a definirsi. È in questo contesto che non c'è contrad-
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