Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 33 - ottobre 1992

.P.lL BIANCO lXILROSSO l•Xi#JiMII Oltrela crisi:recuperare l'onordeellasinistra u na premessa si impone, di metodo e di sostanza a un tempo. I termini «destra» e «sinistra», se pure l'hanno mai avuto, hanno perduto gran parte del loro valore come indici segnaletici della toponomastica politica. Possono ancor oggi denotare con sufficiente chiarezza l'ubicazione dei seggi in parlamento e dei rispettivi occupanti, ma dal punto di vista dell'azione politica effettiva la loro validità è modesta. Misure o riforme che un tempo erano considerate per eccellenza di sinistra, come la nazionalizzazione di certe industrie-chiave, sono oggi correttamente viste come occasioni di sperpero di denaro pubblico, luoghi deputati alle rendite di posizione e al parassitismo di lusso di certe forze politiche, carrozzoni burocratici in cui si consumano stancamente i compromessi fra capi politici e clientele elettorali. D'altro canto, atteggiamenti che -untempo era costume bollare come velleitari o conservatori, se non sterilmente moralistici, come l'«azione volontaria» di singoli o di «comunità di base», sono oggi salutati come una possibile via d'uscita dalla crisi, ormai non solo «fiscale», ma anche strutturale, dello Stato sociale. Per l'Italia, basterà forse ricordare l'accordo a suo tempo intervenuto fra Aldo Moro e Riccardo Lombardi, sancito con la nazionalizzazione dell'industria elettrica e la creazione dell'Enel,da cui si attendevano straordinari benefici in termini di riduzione dei costie del prezzo dell'energia elettrica a vantaggio degli utenti. Invano avevo cercato all'epoca insieme con !'on. Ugo La Malfa, di far approvare una proposta di legge tendente al controllo della distribuzione dell'energia che lasciasse alla parte privata gli oneri della produzione. Già nell'anno 1962 gli appetiti dei partiti politici, di governo di Franco Ferrarotti e di opposizione, erano tali da non consentire una sobria, realistica visione della situazione. «Destra»e «sinistra»conservano, tuttavia, almeno per il peso della tradizione, un certo grado di capacità connotativa, se si intende per «sinistra» l'insieme delle forze politiche che non si sentano in pace con lo statu quo e mirino in qualche modo a cambiarlo mentre si potrebbe convenire di chiamare «di destra» quelle posizioni politiche che, non immemori del candido dr. Pangloss, trovino che questo è, nonostante tutto, il migliore dei mondi possibili. La crisi della politica italiana odierna non è un incidente di percorso. Mostra caratteristiche strutturali che impongono non solo riformulazioni esterne, riverniciature di etichette o reinvenzioni di slogan. Vanno ripresi e ridefiniti metodi e contenuti - in altre parole, tattica e strategia. Questo atto di auto-chirurgia richiede coraggio morale e acutezza cognitiva. Questo coraggio e questa acutezza per ora sono mancati. Si continua a preferire il piccolo cabotaggio, un vivere, che è in realtà un sopravvivere, alla giornata. Il passato, in queste condizioni, è subìto più che fortemente ripensato e compreso. Si notano inoltre gli effetti di una strana amnesia. Gli intellettuali e in generale i politici che già si dissero di sinistra sembrano oggi annaspare in un vuoto teorico e progettuale che li fa apparire come i depressi orfani della sinistra. Il ministro Claudio Martelli ha fatto recentemente un'affermazione interessante da non lasciar cadere: «Occorre ridare l'onore al Psi». La portata dell'impresa è più ampia. Bisogna ridare l'onore a tutta la sinistra. Culturalmente, la sinistra appare oggi inibita, fragile, insicura. I fatti che hanno segnato il triennio 1989-1991sono stati forse troppo rapidi e sconvolgenti per essere attentamente 29 ripensati. Il crollo della ex-Unione sovietica è stato vissuto come un fallimento, ha comunicato alla sinistra un tremito da cui stenta a riprendersi. Non si è sufficientemente riflettuto sul fatto che è stata la chiaroveggenza di Michail Gorbaciov a porre termine alla guerra fredda, a scuotere il marxismo imbalsamato, a liberare una società grande e compressa dalle strutture che l'avevano anchilosata. Nel momento della crisi non bisognerebbe dimenticare che la rivoluzione d'ottobre ha fatto di un popolo di mugik senza scarpe una potenza mondiale ex aequo con gli Stati Uniti d'America. La struttura burocratizzata del potere sovietico non è entrata in crisi a causa di un'invasione straniera. Nazismo e fascismo sono crollati per colpi all'esterno. Il potere sovietico è caduto e va faticosamente rinnovandosi in base a pulsioni interne, ad opera di uomini che lo hanno variamente rappresentato e incarnato. Michail Gorbaciov era un uomo dell'apparato, una creatura del partito. A dispetto di radicati dogmatismi e della pesante, per certi aspetti criminale, eredità staliniana, ha aperto nuove strade allo sviluppo sociale. Con la «perestrojka» e la «trasparenza»ha determinato la fine della guerra fredda e dell'incubo nucleare. La sinistra deve rendersi conto dei suoi punti di forza. Contro coloro che hanno gridato irresponsabilmente al «trionfo del capitalismo», la sinistra deve semplicemente dimostrare che la legge del mercato - nella sua linearità di puro calcolo del più forte - costituisce un pericolo mortale per l'umanità. Ciò non significa misconoscere la grande funzione del profitto, che resta l'indice più sicuro della gestione razionale di un'azienda. Ma occorre distinguere nettamente tra profitto razionale e rendita parassitaria. Vanno riconsiderati gli incentivi individuali e la questione della proprie-

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