,Plt BIANCO l.XILROSSO iit•®ilil Democrazdiaell'alternanza e presenzcaattolictarasversale - l crollo delle certezze dell'antico or- I dine obbliga tutti a mettersi in gioco. Mentre tutto traballa, non possiamo pensare che il cambiamento riguardi sempre gli altri e non bussi invece anche alla nostra porta. È - certamente vero che i sistemi socialisti sono stati spazzati via dalla storia; e chi ha combattuto e contrastato tali sistemi non può che rallegrarsene. Ma il vento dell'Est non è più trattenuto da nessun muro. L'Est europeo è un formidabile specchio della nostra condizione. L'immagine che ci rimanda del «nostroOvest» è ad una sola dimensione: l'Occidente sembra ridotto ai valori dell'utile, del mercato e della competizione. Solamente questi valori sembrano essere trasmigratinella testa e nel cuore dei cittadini dell'ex impero sovieticoe dei suoi paesi satelliti. Ma l'Europa, l'Occidente è solo questo? Chi ha fatto politica alimentandosi alla dottrina sociale della Chiesa e al personalismo cristiano non si sente turbato da questa immagine deformata che l'Est Europa ci rimanda? Eppure è tempo di lasciarci alle spalle un passato certamente carico di grandi idealità e valori, per avventurarci in mare aperto in un momento che richiede capacità di immaginazione e disponibilità al cambiamento. I.:EnciclicaCentesimus Annus muovegià in questa direzione. La piena assunzione da parte della Chiesa dei valori simbolo dell'Occidente - il mercato, la scienza appli- . cata alla produzione, la democrazia - non suona come una riduzione della tensione evangelica ad uno scenario tutto mondano. Anzi, dal di dentro di questi valori, viene esplicitata una linea critica che riconduce tutto al valore della persona e della sua libertà. Che significa allora negli anni '90 promuovere e sviluppare la libertà? Oltre ai di Luigi Bobba diritti di cittadinanza non sarà tempo di parlare di cittadinanza delle responsabilità? Come contrastare la perpetuazione dello svantaggio sociale, la emersione di una società dei due terzi, dove il «terzo debole» al massimo può aspirare ad una dignitosa assistenza? Come orientare, governare, controllare per fini di bene comune la straordinaria potenza tecnica che è oggi nelle mani dell'uomo? Come sconfiggere una «società di classe senza classi»? Come ricostruire un rapporto non di rapina con il Sud del mondo? Come contribuire alla ricostruzione delle disastrate società dell'Est europeo? Queste domande ci conducono al cuore dei problemi delle democrazie occidentali: la loro perdita di forza e di vigore sembra condurle ad un'esistenza asfittica e priva di slancio per il futuro. La storia ci insegna che le democrazie moderne non vengono mai assassinate: si suicidano. I popoli ricchi di queste democrazie si stanno avvitando in un'entropia mortale. La loro malattia sembra inarrestabile. Le grandi democrazie europee da un lato sono svuotate da una cultura che tutto riduce ad utile, a merce; dall'altro sono «sorprese» dall'emergere di un «eccesso di etnia» che si manifesta in particolare nell'Est Europama anche in molte contrade della Cee. Senza valori, simboli, speranze per il futuro, il disorientamento cresce. Doveandare a rintracciarli? Un recente incontro della Società di filosofiadell'Uomo di Vienna ha messo in luce il ruolo che le religioni svolgono all'interno delle democrazie liberali nel rigenerare continuamente l'humus etico e culturale in grado di sorreggerle e mantenerle vive. Sia ben chiaro, non si tratta di una riedizione dell'alleanza tra Tronoe Altare; anzi religioni e società liberale sono sempre 22 conflittuali. Ma le moderne democrazie senza un afflato religioso rischiano di sprofondare sulle loro burocrazie. Qualcosa di simile sta avvenendo anche nel nostro Paese. Non è solo la mancanza di una riforma delle istituzioni ciò che inquieta. È un disagio più profondo. È la perdita di vigore etico della partecipazione democratica, la rottura di legami sociali in grado di offrire una prospettiva sensata al vivere quotidiano. La risposta a questo disorientamento non può essere tecnocratica: servono leadership in grado di ridare unità ad una comunità nazionale dispersa e in frantumi. Non di meno molti dei guasti del nostro Paese derivano da una mancata alternanza delle coalizioni di governo. Il mancato rispetto di questa regola, fondamentale per la democrazia, ci ha condotto ad uno stato patologico. Il sistema dei partiti non è più al servizio dei cittadini, ma della classe politica. Si è costituito un ceto di «clientes» che vivepuramente di rendita politica, cioè di intermediazione di denaro pubblico. I gruppi dirigenti dei partiti sono ossificati perché in gran parte prigionieri di questo ceto che consente loro di mantenere, a prezzi più alti, il consenso. Tangentopoli è lo stadio finale di questa degenerazione cancerogena. Altro che casi personali! La tangentocrazia ha sostituitoin molti casi la democrazia, l'ha svuotata e resa un soprammobile polveroso. Quindi un progetto di riforma istituzionale basato sull'alternanza non può che produrre effetti benefici - anche attraverso drammatici scossoni - nei gruppi dirigenti dei partiti e nessuno escluso. In uno scenario dell'alternanza, quale potrà essere il contributo dei cattolici variamente impegnati nell'agone politico? Qualcuno ha paventato che il formarsidi un polo conservatore e di un polo progres-
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