Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 33 - ottobre 1992

~jLBIANCO '-XILROSSO iliikiiilill Dc della sua città, poi convalidata dalle indagini giudiziarie e da raffiche di avvisi di reato. Di rilievo, poi, e lo vedremo in sintesi, le ultime elaborazioni della Cei in quanto tale. Ora vale la pena di fermarci su qualche intervento in particolare. 2. A partire da Milano. Il cardinale Martini. È noto che nel processo di manifestazione della crisi della politica Milano ha avuto un ruolo centrale, e non certo positivo. Qualche anno fà, in tempi che appaiono lontani come un altro mondo, uno dei segnali della fine di un'epoca, quella del terrorismo, fu la consegna delle armi dei terroristi, da parte degli stessi, all'arcivescovo, Carlo Maria Martini. Oggi proprio davanti a lui, in casa sua, il massimo rappresentante dell'imprenditoria italiana, Cesare Romiti, amministratore delegato della Fiat, è andato a pronunciare parole di grande significato morale: «Come cittadini, e come imprenditori, non ci si può non vergognare di fronte alla società, per quanto è successo. Ed io sono il primo a farlo... Non ho paura di dirlo. Avrei paura di non dirlo, stando qui seduto accanto alla massima autorità morale della città». Giuseppe Turani ha annotato, sul «Corriere», che queste parole a Romiti «nessuno le aveva chieste», e perciò esse sono ancora più significative. Martini. Con lui la Chiesa milanese è diventata più che mai forza sociale, nel senso della autorevolezza e della capacità di parlare a tutti. La sua recente lettera pastorale, «Sto allaporta», sulla vigilanza e sulla responsabilità come doveri morali cristiani e umani, ha colpito nel segno. Lo scritto, al di là delle tematiche che qui ci interessano, appare un piccolo capolavoro di stile anche letterario, di capacità di accostare con rispetto e con delicatezza l'uomo moderno, visto realisticamente alle prese anche con i dubbi e con le difficoltà della cultura contemporanea, con i sospetti nei confronti della istituzione ecclesiale, con le colpe dei cristiani impegnati in politica e delle stesse istituzioni ecclesiali che non vigilano, non verificano, non si prendono le loro responsabilità storiche, preferendo una delega data una volta per tutte, e favorendo così anche i tradimenti della fede e la ripercussione sulla stessa Chiesa delle incoerenze dei cristiani. Con il suo stile discreto e amichevole, con la forza degli argomenti che vengono da sapienza e cui13 tura, con il realismo saggio, mai cinico, che osserva tutti i dati per poi avanzare un giudizio netto sulle cose, ma rispettoso delle persone e delle coscienze, l'arcivescovo di Milano è capace di bussare alla porta di tutti i lettori, e di toccare prima la mente, e poi, eventualmente, i cuori e le coscienze. Anche dal punto di vista letterario la sua lettera è un esempio di stile, di misura, di metodo. Egli è uno che sa dialogare con gli uomini. Ma è l'arcivescovo di Milano, epicentro di Tangentopoli, e non può certo dirsi che non abbia ammonito prima, mentre ancora quasi nessuno protestava, mentre lo stile dei pretoriani della politica contagiava partiti e città, mentre le bande dei professionisti degli affari preparavano questo presente di desolazione e vergogna ... Già l'anno scorso, il 27 novembre, - i nostri lettori hanno potuto leggere il testo intero sul n. 24 di questa rivista, pp.52-53 -, ai politici Dc riuniti ad Assago, Martini aveva richiamato con forza il senso della responsabilità morale nei confronti dello sfascio e della corruzione. Suo, allora, l'ammonimento per una riforma autentica della politica, che non si limitasse alle apparenze, come il «fico dalla foglie belle, ma senza frutti», o ai rimedi parziali, come la «toppa nuova sul vestito vecchio» o il «vino nuovo negli otri vecchi». Si sa che egli non è mai stato un partigiano acceso del partito unico dei cattolici, ma nella circostanza parlava ai Dc e il suo ammonimento era fatto su misura per essi: «Ivalori che domandano l'unità dei cattolici contestualmente giudicano pure uomini e prassi politiche, comportamenti di singoli e di gruppi, programmi e realizzazioni o mancate realizzazioni ... Voidunque comprendete molto bene l'esigenza indilazionabile della riforma del partito. Voi vi rendete conto che per un rinnovamento è urgente sapere suscitare e fare spazio ad uomini nuovi, e porre le condizioni per una loro militanza nel partito, che non comporti compromessi con la coscienza ... ». Un discorso netto come il taglio di un bisturi. Se la sciagurata Irene Pivetti, e con lei il suo capo Umberto Bossi, prima di parlare oggi avessero ascoltato e letto, si sarebbero risparmiati lo sguaiato intermezzo dei giorni scorsi. Ma cultura e senso della misura, si sa, non sono di certo la specialità della Lega ... È del resto singolare che qualcuno chieda ad un vescovo, anche se solo a scopo demagogico, di in-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==