~li- BIAN<:O lXll,ROSSO Ciillil■ «Lafabbricdaellepensioni»: Pervedercpi iùchiaro iuliano Cazzola ha raccon- G to in una recente pubblicazione (La fabbrica delle pensioni, Ediesse, Roma 1992) il suo pensiero sul sistema di pensionamento italiano, sul suo futuro prossimo e su quello più remoto, sulle correnti di crisi che lo percorrono, sulle possibilità di restituirlo ai suoi naturali compiti e al suo ruolo. Il volume è completato da un utile dossier a carattere informativo curato da Francesco Gerace. Ho iniziato la lettura con lo spirito di chi, per l'appunto, si mette a leggere un libro sulle pensioni. E cioè con la predisposizione ad annoiarsi mista ad una certa dose di spirito aprioristicamente critico. Fin dalle prime pagine, al contrario, la mia attenzione è stata catturata dall'interesse del discorso, dall'argomentazione dotta, dalla ricchezza dell'aggettivazione, da uno stile insomma che raramente si trova in questo genere di libri. Edè stata una bellissima sorpresa. Perché Cazzola riesce a parlare di pensioni parlando della realtà più generale del paese, dell'esperienza politica e sindacale che ha caratterizzato l'evoluzione del Welfare State nel nostro Paese, presentandola come problema vivo che tutti riguarda. Cazzola spiega innanzitutto il sistema della previdenza pubblica italiana, avendo cura di mettere in risalto le enormi discrasie che lo affliggono. La lettura del libro consente a chi ha avuto modo di occuparsi di queste materie, di ripercorrere a ritroso gli ultimi quindici anni di dibattito, offrendo la possibilità di riflettere più serena~ente su una delle vicende più emblematiche della :·· 1radazione politica del di Francesco Paolo Conte paese. L'analisi infatti è acutamente portata sia sul piano storico che su quello sociopolitico, fiscale, economico e attuariale. Nel contempo bisogna precisare che Cazzola - nel richiamare alla considerazione generale le problematiche previdenziali, che tanto complicano la vita collettiva e che la condizioneranno ancor più fortemente nell'avvenire prossimo e futuro - ha fatto uso di uno spregiudicato realismo sino a dimostrarsi impietoso. Questa spregiudicatezza è però da attribuire solo all'ansia di vedere risolti i problemi della previdenza, perché nasce dalla visibile scelta di usare decisioni e chiarezza, magari coniugate ad un pò di intelligente ironia (o, se vuolsi, ad una specie di cattiveria non maligna), per spingere coloro che ne hanno l'obbligo a porre rimedio ai gravosi problemi della previdenza pubblica alla vigilia della costituenda Europa, della libera circolazione di persone e beni e della moneta unica. Cazzola si è sforzalo - e lo ha saputo fare da vero maestro -, di evidenziare la necessità di ben capire la previdenza, di appurare realisticamente come essa è oggi, quale potrebbe diventare se non si fa niente per riordinarla, e come dovrebbe presentarsi se oggi si facesse iò che è necessario per riformarla. Come poter riuscire a capire la previdenza se non si conoscono i vincoli che la limitano e la condizionano nell'ambito socio-economico nazionale? In altri termini, i problemi previdenziali non sono a se stanti; essi vanno visti armonizzati con le altre problematiche di natura strutturale della nostra economia e dei sistemi economici degli altri paesi nostri concorrenti ed amici, primi fra tutti i paesi europei. Per quanto si riferisce ai vincoli, essi so61 no ben delineati. Le argomentazioni tecniche addotte a riguardo sono molto precise, e presentale con dovizia di esempi e di riferimenti. Ad esempio, quando l'autore parla dell'evasione contributiva - che chiama «sottoprodotto della evasione fiscale» - mette in cruda evidenza un vincolo notissimoche nessuno ha mai tentanto di rimuovere, e cioè la deresponsabilizzazione dell'iscritto nei confronti della propria posizione contributiva ed assicurativa. Basti pensare come, a causa del sistema di calcolo della pensione nell'ambito del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, l'iscritto sia interessato a preoccuparsi solo degli ultimi cinque anni di attività lavorativa, perché sono gli anni in base ai quali si determina la retribuzione base per il calcolo della pensione. Gli altri periodi di lavoro sono, come è nolo, utili a determinare l'anzianità contributiva, e i periodi oltre i 40 anni non fanno alcuna utilità pensionistica. Ciò comporla che l'iscritto non sia ugualmente interessato durante l'attività lavorativa a preoccuparsi del corretto ed integrale versamento dei contributi. L'assettopensionistico - deformato, sregolato, iniquo, solidaristico sì, ma a volte anche perversamente solidaristico , frantumato in ben 47 forme assicurative obbligatorie, gestito da una infinità di Enti (54 ne enumera Cazzola) - non può più assolutamente reggere! Esso deve essere riformalo con l'obiettivo di introdurre «regole del gioco uguali per lutti», prestazioni pensionistiche proporzionate alla contribuzione versata, allo scopo di eliminare la solidarietà perversa, e di armonizzare il nostro con i sistemi degli altri paesi europei. Di-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==