Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 31/32 - ago./set. 1992

turo, a causa del necessario adeguamento alle nuove tecnologie, sino a diventare processi di ristrutturazione continua, e quindi fenomeni non più di tipo patologico, bensì riconducibili alla normale fisiologia dei cicli di impresa. Siamo dunque di fronte ad un'industria che si ridimensiona e ad un'economia che va verso la fase post-industriale, ma contemporaneamente assistiamo ad un fenomeno per cui le imprese industriali che rimarranno sul mercato dovranno assumere la ristrutturazione continua come condizione indispensabile alla loro sopravvivenza. Come è ovvio, la forza lavoro sarà sempre più coinvolta in tali processi, e sempre maggiore sarà il rischio dell'obsolescenza. Accanto a tali aspetti non vanno dimenticate altre importanti caratteristiche del Mercato del Lavoro italiano: i tassi ancora elevati di disoccupazione giovanile e femminile (il tasso di attività femminile continua infatti a crescere soprattutto nella fascia di età 30-59 anni, a significare che si tratta di reingressi nel Mercato del Lavoro) e il permanere del divario occupazionale tra il Centro Nord e il Sud. In sintesi il Mercato del Lavoro italiano appare oggi caratterizzato da questi principali aspetti: l'espulsione di lavoratori adulti dal ciclo produttivo; l'ingresso o reingresso delle donne adulte; l'inoccupazione giovanile, che continua a mostrare caratteri di emergenza al Sud dove é\ problemi di sviluppo si aggiungono carenze formative dell'offerta e, infine, il forte divario, in termini di sviluppo, che si riflette poi sulle dinamiche occupazionali, tra il Centro Nord e il Sud, caratterizzato ancora da una forte presenza del sommerso. Le politiche del lavoro da perseguire per fronteggiare tali problemi dovranno essere particolarmente incentrate sulla formazione professionale iniziale e continua, al fine di adattare le caratteristiche dell'offerta ad una domanda in continua evoluzione. Da una parte va garantita una professionalità a chi si affaccia per la prima volta sul Mercato del Lavoro,dall'altra il lavoratore adulto deve avere la possibilità di riqualificarsi nel corso della sua vita professionale e della vita dell'azienda. Su questi aspetti in Francia e in Germania si sta sviluppando quella che è stata chiamata la «gestione previsionale dell'impiego», ossia una politica del lavoro volta ad individuare i mutamenti ~li-BIANCO lXltROSSO OW i 60\iIW i• che, nel medio-lungo periodo, potranno verificarsi nella domanda di lavoro e a sviluppare anticipatamente strumenti per adeguare l'offerta. Un approccio, dunque, di continuità dell'occupazione tramite investimenti sul capitale umano (in forma di congedi di formazione o strumenti simili) piuttosto che di garanzia del reddito. In secondo luogo andrebbe realizzato un intervento globale sul sistema del collocamento, che dovrà diventare sempre più un collocamento attivo, dunque con funzioni anche di orientamento al lavoro, e nell'ambito del quale sempre maggiori spazi dovranno occupare strumenti nuovi come le Agenzie per l'Impiego, create nel 1987,ma entrate in funzione solo di recente, al fine di favorire l'ingresso nel mondo del lavoro delle «fasce deboli». In terzo luogo si dovrà prima o poi al60 frontare a tutto campo il problema della flessibilità del Mercato del Lavoro dando più spazio a modelli occupazionali innovativi, come i cosiddetti rapporti «atipici». In particolare ci si dovrebbe muovere verso un utilizzo più esteso del pari-time (sull'esempio di paesi coma la Svezia), nonché verso la riduzione dell'orario di lavoro, per rispondere e due tipi di esigenze: trovare valide soluzioni ai problemi delle eccedenze occupazionali e, nello stesso tempo, dare risposte ad esigenze di parte della forza lavoro, esigenze che assumono un rilievo crescente in società mature, che vanno recuperando via via il valore del tempo libero (per la famiglia o altro) in relazione a quello del tempo di lavoro. In questo senso anche il sindacato dovrebbe essere capace di scelte più coraggiose. Accanto a tutto questo, vanno sempre più perseguite politiche di riequilibrio tra il Nord e il Sud, con l'uso di una strumentazione di politica industriale e di sviluppo di nuova imprenditoria, affiancata da politiche attive del lavoro. Si tratta di una serie di politiche occupazionali alternative a quelle di puro e semplice sostegno al reddito, che hanno avuto nel passato un ruolo dominante. Queste ultime dovranno continuare ad avere una loro parte, naturalmente affiancate da interventi per il reimpiego, ma non si potrà più fare un ricorso indiscriminato ad esse. In questa linea si muove anche la legge di riforma varata lo scorso anno, che pone limiti ben precisi all'utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni, e in questa linea dovranno continuare a muoversi la politiche dell'occupazione. Infatti è ormai dimostrato che il trasferimento puro e semplice non è sufficiente a creare sviluppo e contemporaneamente disincentiva la mobilità del lavoro ed alimenta l'economia sommersa. A queste più che valide motivazioni se ne aggiunge un'ultima, che è ormai sotto gli occhi di tutti e di stringente attualità, e cioè il fatto che lo stato del disavanzo pubblico in Italia, in vista soprattutto dei vincoli europei, rende impensabile che lo Stato possa continuare a finanziare l'uso disinvolto di strumenti solo assistenziali. Queste ultime constatazioni dovrebbero essere sufficienti da sole a suggerire che un'inversione di tendenza nelle politiche dell'occupazione è ormai un'esigenza improcrastinabile.

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