~!LBIANCO lXILROSSO iliiiilillll ti socialisti e il Fin che ha governato fino ad ora il paese. L'Italianaturalmente non ha battuto ciglio: la sua politica algerina è tutta più o meno riconducibile al gasdotto, e più in là non vede. E la sinistra? Silenziosa e complice. Né manifesti, né manifestazioni.Un sospiro di sollievo,in perfetta sintonia con i governi europei, per l'avvenuto colpo di stato, ma a bassa voce e di nascosto, perché non sta bene che la sinistra approvi un golpe. E il silenzio sul resto: gli arresti, i campi di concentramento nel deserto, la sospensione delle garanzie costituzionali, la repressione armata. A darle man forte, e un alibi in più, ci hanno pensato anche gli intellettuali arabi che vivono in Europa. Quegli stessi che magari hanno tuonato, e giustamente, contro la guerra del Golfo (altra occasione di riflessione persa per l'Europa, basti pensare al silenzio in cui è passato il primo anniversario di quella carneficina, che l'occidente ha già dimenticato, ma che il mondo arabo non scorderà tanto presto) 1 , ma che sul caso algerino hanno preferito glissare, o rifugiarsi in una ambigua approvazione del colpo di stato2 . Come e perché è potuto accadere? Le ragioni non mancano. 6 Per i veterani del terzomondismo si trattava dell'ennesimo mito che crollava in pochi mesi, e non è facile accettarlo quando non è rimasto in piedi praticamente nient'altro. Una sinistra le cui conoscenze dell'Algeria erano nutrite dall'epica popolare di un film come La battaglia di Algeri, e per il resto si limitavano allo scambio di visite di cortesia con i dirigenti dell'Fln, dopo tutto eredi di una rivoluzione che si è creduto socialista, non poteva certo capire la protesta popolare, e men che meno che se ne facesse interprete un movimento islamico, che come tutto ciò che è religioso è per questa cultura sinonimo di medioevo. E qui si innesta un altro problema, che travalica i confini dell'Algeria e ci tocca fin dentro l'Europa: quello del rapporto con l'Islam. Credo e temo che una sinistra che è ancora culturalmente, al di là dei diversi accenti di oggi, se non atea militante perlomeno areligiosa, ma in generale un occidente poco propenso alle spiegazioni religiose dell'esistente e poco abituato, grazie a un processo di secolarizzazione che ha più o meno coinciso con quello di democratizzazione, a un ruolo attivo e determinan- ,\
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