~lLBIANCO l.X_tLROSSO INTERVENTI Lavorochemanca, lavorochecambia - 1 mercato del lavoro italiano, benché> I ancora influenzato dall'ultimo ciclo di espansione dell'apparato produttivo (1987-89) e dalla crescita ininterrotta del terziario, appare sempre più contraddistinto da forti incertez- - ze sul futuro dell'occupazion industriale. A questo proposito si è parlato di deindustrializzazione, ma sembrano cogliere meglio il problema coloro che parlano d1 economia post-industriale, di un'economia cioè, non più caratterizzata, come è stato sino ad ora, dalla centralità dell'industria. Il nuovo corso mostra in tutti i paesi a maggiore industrializzazione un avanzamento di settori come l'informazione e la comunicazione, la cultura, la cura del patrimonio artistico, lo spettacolo, settori che sempre più assorbiranno l'occupazione un tempo destinata all'industria. Al di là di questo, il problema vero è come affrontare la fase di transizione verso il post-industriale transizione resa molto difdi Livia Ricciardi ficile da una serie di peculiarità del nostro Paese, prima fra tutte la compresenza di settori esposti e settori non esposti alla concorrenza internazionale, responsabili questi ultimi in massima parte dell'inflazione. In questo scenario esposto, l'industria privata appunto, per reggere l'impatto della concorrenza, reagisce riducendo i costi e, con essi, l'occupazione. Per inerzie connaturate al sistema, tuttavia, la nuova fase di stagnazione iniziata verso la fine dell'89 sta mostrando i primi effetti occupazionali in questi mesi. Infatti nel 1990 e 1991 la disoccupazione avevaaddirittura iniziato a diminuire sensibilmente, dopo oltre un decennio di crescita, mentre l'occupazione nello stesso periodo ha raggiunto valori superiori ai 21 milioni di unità. Esiste dunque una sfasatura nel modo in cui gli andamenti occupazionali reagiscono all'evoluzione del ciclo economico. A questo proposito vanno tenute presenti anche le dinamiche demografiche, he hanno avuto la loro parte nel ridurre 59 il volume delle forze di lavoro, tramite il calo delle classi in ingresso causato dalla fine del fenomeno del baby-boom. Il 1992 si è aperto invece con gravi problemi occupazionali che, per la prima volta dopo anni, toccano pesantemente anche il Nord del paese e inaspriscono i già drammatici problemi del mercato del lavoromeridionale. I più recenti dati Istat, riferiti al primo trimestre del 1992, documentano un calo occupazionale di 226 mila unità rispetto al dato medio dello scorso anno, di cui 165 mila nel solo settore industriale, dato questo che, è bene sottolinearlo, coinvolge anche le piccole e medie imprese, che invece nella crisi dei primi anni '80 avevano sostanzialmente tenuto. Sembra tuttavia riduttivo interpretare questi dati come un semplice ridimensionamento del settore industriale. Come si diceva sopra, il fenomeno esiste, ma accanto ad esso si fa strada anche un'ipotesi secondo cui i processi di ristrutturazione industriale saranno sempre più frequenti in fu-
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