noranze in conformità delle «Trealy Provisions». Riconoscimento della Bosnia-Erzegovina La relazione Badinter è giunta alla conclusione che in Bosnia-Erzegovina si dovesse organizzare un referendum per determinare se l'indipendenza di tale repubblica fosse sostenuta dalla volontà popolare. Il referendum si è tenuto il 29 febbraio e il 1 ° marzo 1992 sotto il controllo internazionale e comunitario. Stando ai risultati ufficiali, il 64,31 % dell'elettorato ha partecipato al referendum e il 99,44% dei volanti ha confermalo la posizione del governo. Data l'opposizione del partito serbo Sds, questo risultato è più positivo del previsto. Si temeva che l'afflusso alle urne sarebbe staio inferiore al 60%. Stando ai sondaggi, una minoranza significativa della popolazione serba ha comunque votato (20%). Secondo gli osservatori il referendum si è svolto in condizioni regolari. Data la valutazione fatta dalla Comunità al riguardo, non si può mettere in dubbio la legalità del referendum. Nel corso dei negoziati tra i partiti musulmano, serbo e croato in ordine alla configurazione statale della Bosnia-Erzegovina sono emerse due tendenze. Il partito Sds voleva una confederazione, in cui la repubblica sarebbe stata divisa in tre stati federali autonomi. Tale suddivisione avrebbe dovuto essere basata sull'orientamento etnico del partito più forte. I.;autorità centrale avrebbe avuto un'importanza limitata. Questa impostazione solleva due gravi obiezioni: innanzitutto l'obiettivo sembrava essere la costituzione, nei «cantoni» autonomi in questione, di dittature di maggioranza e si partiva dal presupposto che le minoranze di sottomettessero alla maggioranza. In secondo luogo la confederazione potrebbe rapidamente sfociare nella disintegrazione della Bosnia-Erzegovina, la qual cosa, data l'irregolarità dei confini dei territori etnici (della maggioranza), porterebbe ad una situazione invivibile. La Comunità non può contribuire ad un'evoluzione siffatta. Il partito croato ha parlato di una doppia nazionalità: i cittadini croati dovrebbero poter scegliere, oltre a quella bosniaca, anche la nazionalità -'.)!I, BIANO) UltHOSSO • H ii fti)U I i I~Ci)~• Uii croata, il che offrirebbe loro una serie di vantaggi nella repubblica di Croazia. Anche a questo proposito si pongono due gravi obiezioni: in primo luogo la repubblica di Serbia potrà fare un'offerta analoga ai cittadini serbi in Bosnia-Erzegovina. In tal modo si perpetua un'ingerenza della Serbia e della Croazia nella Bosnia-Erzegovina e si mantegono quindi le tensioni esistenti. In secondo luogo non è giusto in via di principio concludere in questo modo una sorta di trattali culturali ed economici a carattere discriminatorio. Una repubblica indipendente non può permettere che i suoi cittadini vengano trattati su una base che non sia di parità. In effetti la relazione Badinler dà adito, con i termini che essa utilizza, ad una proposta di questo tenore, in quanto parla della libertà dei cittadini di scegliere la propria nazionalità. Dal contesto risulta che questa libertà si ricollega ad un'identificazione con un gruppo etnico-culturale. l_;offerta croata riguarda invece una cittadinanza, che sarebbe in particolare aperta ai cittadini con determinate caratteristiche etniche. La proposta si riallaccia all'ambizione, già espressa nelle Costituzioni croata e di altre repubbliche, di estendere la responsabilità statale a tutti i membri di un gruppo etnico, sia quelli che vivono nel territorio della repubblica in questione, sia quelli che vivono altrove. La Comunità ha respinto queste ambizioni e ha richiesto una modifica delle Costituzioni della misura in cui vi vengano espresse tali ambizioni. Offrendo una doppia nazionalità ( = cittadinanza) si elude il criterio imposto dalla Comunità. Anche per questo la Comunità non può accettare questa cosiddetta «doppia nazionalità». Date le ambizioni politiche di vari leader politici etnici, la Comunità dovrà vigilare attentamente sull'adeguamento della Costituzione e della legislazione bosniache alle «Guidelines» e al capitolo II delle «Traty Provisions». La ripartizione delle competenze tra autorità centrale e regioni dovrà essere determinata in funzione di una valutazione obiettiva delle conseguenze per il benessere dei cittadini. Il ricatto e la violenza non possono essere assolutamente accettati. Data l'eterogeneità della popolazione, è più opportuno concepire la Bosnia-Erzegovina come uno Stato campo53 sto a tutti i livelli e in tutte le regioni di cittadini con pari diritti che non come uno Stato di gruppi etnici. Macedonia iugoslava Nonostante la relazione Badir1ternon veda alcun ostacolo al riconoscimento della repubblica iugoslava della Macedonia, il riconoscimento si scontra con l'accesa opposizione del governo e dell'opinione pubblica greca. Questa repubblica fa parte di un territorio in cui ancora in questo secolo vi sono state migrazioni ed è divampata la guerra civile. La Macedonia greca comprende la metà circa del territorio indicato geograficamente come «Macedonia». È inoltre questa la parte che è legala per eccellenza alla storia greca. Nella Macedonia iugoslava vivono invece una popolazione slavofona (circa 60%) e una comunità albanofona (circa 33%). Secondo il punto di vista greco, la repubblica iugoslavanon ha diritto di monopolizzare la denominazione Macedonia. Inoltre resta fin troppo vivo il ricordo delle rivendicazioni territoriali avanzate in passalo dal nord nei confronti della Macedonia greca, che hanno avuto anche effetti concreti. Il governo greco può accettare il riconoscimento, ma non con il nome di Macedonia. Nel frattempo il governo della Macedonia iugoslava ha soddisfatto l'esigenza della Comunità di rinunciare a qualsiasirivendicazione territoriale e a non condurre alcuna forma di propaganda che possa causare dei problemi al governo greco. Nell'ambito del processo di riconoscimento e della Conferenza di pace la questione dovrà essere risolta definitivamente. Oltre alle obiezioni greche, vi sono anche le obiezioni della popolazione albanofona. Questa non trascurabile minoranza sottolinea che i suoi diritti continuano a non essere assicurati, anche se il governo della Macedonia iugoslava si è impegnalo a seguire i criteri del capitolo II delle «Treaty Provisions». È del resto difficile comprendere perché la repubblica in questione debba prendere il nome unicamente dalla denominazione del gruppo etnicamente maggioritario, che non rappresenta più del 60% circa della popolazione. Con un'altra denominazio-
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