Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 31/32 - ago./set. 1992

_p-l), BIANCO lXILROSSO •MUikUAl11M leva perlomeno perplessità il nuovo assetto delle Partecipazioni Statali. Intanto non è chiaro chi incasserà i proventi delle quote azionarie messe sul mercato. Andranno al Tesoroo saranno invece utilizzati per ricapitalizzare le società? Comunque si dovrebbe pensare che facendo capo al Tesoro un parziale processo di privatizzazione potrebbe risultare più spedito. Ma, almeno per quanto si è capito finora, con la costituzione delle due super holding il risultato potrebbe invece essere un ulteriore zavorramento del metodo decisionale e della sovrastruttura burocratica delle imprese pubbliche. Nel caso dell'Iri, ad esempio, al di sopra delle aziende d'ora in poi avremo le finanziarie, il gruppo e la super holding, oltre, naturalmente, il ministero che dovrebbe continuare ad esercitare funzioni di indirizzo e di controllo. Si tratta di un modello organizzativo-burocratico di stampo sovietico e, per sua natura, poco adatto a sorreggere un processo selettivo di privatizzazioni. Processo che dovrebbe consentire di rettificare una espansione delle Partecipazioni Statali avvenuta nel corso degli anni in modo casuale e non di rado cervellotico. Cioè senza nessun disegno strategico che non fosse quello di assicurare un «pronto soccorso» ai fallimenti dei privati. Un altro punto che non convince è la detassazione degli utili reinvestiti dalle imprese. Le finalità dichiarate, soprattutto in una fase di grande difficoltà per l'occupazione, possono anche apparire lodevoli. Ma una simile misura concorre, tanto all'umento del disavanzo, quanto alla selva delle agevolazioni fiscali che andrebbe invece urgentemente e drasticamente disboscata. Alle stesse imprese, del resto, più che discutibili iniziative «promozionali» come questa, gioverebbe molto di più una riduzione del disavanzo pubblico. Perché è da lì che passa una riduzione del costo del danaro e quindi una maggiore competitività del sistema produttivo. E veniamo, infine, al dubbio. È piuttosto improbabile che la manovra ottenga i risultati auspicati dal governo. Non tanto perché all'interno della maggioranza (oltre tutto già assai ristretta) si sentono crescenti mugugni ed è difficile immaginare un benevolo atteggiamento di supplenza delle opposizioni. Ma perché la guerra dei tassi che si è dovuta ingaggiare per difendere la lira costerà al Tesoro (in termini di maggior interessi sul debito) qualcosa come 1500miliardi in più al mese. Il che significa che se l'attuale tasso di sconto rimanesse 4 invariato fino alla fine dell'anno si creerebbe nel bilancio 1992un altro buco da coprire di oltre 10 mila miliardi. Cosa che renderà inevitabile, a settembre-ottobre la ricerca affannosa di altri tagli e di altre entrate. Poiché a settembre il governo dovrà presentare la legge finanziaria per il 1993 c'è chi suggerisce di anticipare gli effetti di alcune misure all'ultimo trimestre del 1992. La sostanza non cambia. Nell'uno o nell'altro caso saremo condannati ad una rincorsa senza fine e senza speranza tra tentativi di risanamento e presa d'atto del continuo avvitamento della situazione economico e finanziaria. ** Al punto in cui siamo governo, forze politiche e parti sociali non possono più eludere il dato di fatto che il risanamento comporta per tutti conti difficili da regolare con se stessi e con il cambiamento che dobbono imporsi. Una cosa infatti è certa. Questo passaggio arduo non si supera con l'esercizio indolore di una fervida propaganda. Perché l'emergenza nella quale ci dibattiamo non è un nemico venuto da fuori, ma è il prodotto di una somma di comportamenti sregolati che bisogna radicalmente correggere se si vuole costruire un rapporto corretto tra consumi privati, bisogni sociali ed esigenze di accumulazione. Bisogna allora sapere che fuori da un confronto coraggioso, con il dovere di una correzione complessiva, ci sono soltanto gesti sbagliati e soluzioni finte.

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