Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 31/32 - ago./set. 1992

..Q-lt BIANCO lXILROSSO , •XM@o w 11 MANCINA Non sono d'accordo, e quello che stavo cercando di sostenere è che questa idea, del proletariato come motore della storia, non era solo dell'élite comunista, ma era diffusa molto al di là. Comunque sia il problema è questo: quale sistema concettuale, quale apparato culturale può sostituire questo riferimento? Non mi pare che lo abbiamo. Né il filone socialista né il filone postcomunista mi pare che abbia ancora - e non solo in Italia - elaborato un sistema concettuale nuovo. Ci sono dei tratti di ragionamento importanti. Soprattutto io credo in una certa filosofia politica od in una certa scienza politica di estrazione liberaldemocratica, che però ha poi una valenza politica decisamente socialista, e non a caso nel nostro paese è stata adottata dalle forze politiche, o dai gruppi intellettuali - , forse sarebbe più corretto dire così - della sinistra. Allora la questione non è soltanto quella delle regole. Certo, anche quella. Occorre cioè abbandonare l'interventismo nelle sue due forme e pensare ad un sistema di regole che lasci poi tutte le autonomie possibili agli sviluppi del mercato, dell'economia e dei soggetti economici. Secondo me c'è una questione di regole, e c'è anche una questione di etica pubblica, precisamente. Non a caso sono anni che il tema dell'economia ed il tema dell'etica si incontrano molto spesso nella riflessione filosofica, nella riflessione degli economisti, ed ora cominciano ad incontrarsi nella riflessione politica, e si sono incontrati anche nella riflessione del Papa ... Però quando si parla di «etica pubblica» io non lascerei alcun tipo di privilegio alla Chiesa, o alla tradizione cattolica, perché mi pare che non ci sia mai stata un'etica pubblica cattolica. I.:etica pubblica, invece, è precisamente di origine laica e non a caso si incontra nell'elaborazione della filosofia politica e dell'economia anglosassone. Oggi mi pare che il bisogno di etica pubblica sia molto forte, anche nel nostro paese, e per la precisione come fattore coesivo della società, e cioè non come un sistema di valori a cui conformarsi, o come un sistema di regole morali da seguire, - che invece è un'accezione più tradizionale del termine di etica, pubblica o privata che sia -, ma come lo spazio di una discussione collettiva di principi comuni, non valori ma principi comuni definiti attraverso la discussione, quindi definiti in modo pluralistico ed in modo sperimentale, sempre 37 soggetti a verifica ed a cambiamento. Questa è una cosa di cui mi pare si senta da molte parti il bisogno, e credo che il vero discrimine rispetto ad un fenomeno come la Lega sia qui. Devo dire che - qui mi sento un po' isolata - io non considero la Lega così evidentemente di destra. Penso che ci siano delle componenti di destra, e che ci siano dei rischi molti forti che questo movimento abbia un esito complessivo e definitivo di destra, però non penso che sia così a priori e penso che se questo avverrà, avverrà anche per colpa nostra, per colpa dei partiti e per colpa della sinistra. Penso che la Lega esprima anche richieste non solo egoistiche, ma richieste di una nuova statualità che hanno degli elementi di ragione, in parte, tra l'altro, desunti dalle battaglie della sinistra: il regionalismo è stato una bandiera della sinistra fino agli anni '70; il federalismo ha una nobile tradizione in Italia, sicuramente non di destra, anzi è stato - visto che si è nominato il Risorgimento - la parte «più di sinistra» del Risorgimento, abbandonata del tutto nella formazione dell'unità d'Italia. Il punto dove la Lega mi pare che manchi, che il suo messaggio sia insufficiente ed anche pericoloso è proprio - e mi riferisco proprio ad una cosa di Miglio uscita recentemente su «MicroMega» - dove propone alla sinistra il federalismo in termini che io trovo convincenti fino al punto in cui non passa dal federalismo al contrattualismo, cioè alla sua idea di un «patto di cittadinanza» che abbia soltanto dimensione contrattuale, quindi qualcosa da cui si può uscire ed entrare in qualunque momento. Una dimensione puramente contrattualistica, secondo me, non è una dimensione su cui si può fondare alcun tipo di costruzione statale, e neanche una costruzione statale di tipo federalistica. Ci vuole, invece, una condivisione di un fondamento etico, appunto nel senso che dicevo e cioè pluralista, democratico, sottoposto a discussione, sempre revocabile ... Tuttavia un tessuto etico di rapporto tra i cittadini ci vuole per costituire qualunque patto di cittadinanza. Questo mi sembra che sia, oggi, un punto dirigente per la sinistra. Mi rendo conto che questo è soltanto un discorso preliminare. Occorre poi riempirlo di contenuti. Non solo non lo posso fare io in questo momento, ma che credo siamo lontani dal poterlo fare in generale come sinistra. È un vuoto da riempire.

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