~JJ,BIANCO l.XttROSSO liX•#lilil dimensione molto particolare, potenzialmente più dirompente, proprio perché una delle caratteristiche di questo paese è stata, molto semplicemente, quella di assenza di senso nazionale, l'assenza di identificazione nella cosa pubblica, traducibile in quella constatazione molto semplice, e frequente, per la quale le case degli italiani sono pulitissime al loro interno, ma questa realtà convive con il fatto che esse, e le strade, restano sporche all'esterno. La carenza di senso dello stato ha identificato tutta la storia di questo paese. Solo il fascismo ha potuto pensare di risolvere questo problema con qualche marchingegno, e senza riuscirci. E questo resta. Quarant'anni di potere democristiano non hanno sicuramente rafforzato il senso dello stato, o l'identificazione dei cittadini con la res publica, e perciò da noi questi effetti di carattere localistico pesano molto di più. D'altra parte, da noi, il fallimento o la fine della politica nata dalla Guerra Fredda, ha effetti potenzialmente più gravi, perché prende piede in una società nella quale la politica ha dominato, nella quale la politica ha sostanzialmente governato la società ed ha in qualche modo ridotto fortemente le autonomie della società. Perciò questa crisi della politica da noi si sente di più perché c'è meno società, c'è meno organizzazione della società. E se guardiamo quanto capita nei paesi dell'Est scopriamo subito proprio questo. Il dramma - mi sembra - più terribile dei paesi ex comunisti non è il fatto che occorre cambiare il sistema politico, perché il sistema politico lo si cambia facilmente: si fa una costituzione anche in un paio d'anni. No. Là manca l'organizzazione delle società. Dietro a quel sistema politico non c'è la società perciò se la società entra direttamente nel sistema politico si hanno effetti disastrosi. Guardate alla Polonia, guardate alla Cecoslovacchia: le frammentazioni entrano direttamente nel sistema politico proprio perché la società non è mai stata organizzata adeguatamente. Anche noi, per concludere questo ragionamento - scontiamo due cose: il risorgere dei localismi e la frammentazione di carattere etnico, da una parte, e la crisi della politica e delle sue forme tradizionali di organizzazione. E lo scontiamo con effetti potenzialmente più gravi di altri perché da noi la res publica, l'identificazione nella cosa pubblica è sempre stata debole, e perché la politica in quarantacinque anni, attraverso i partiti politici, non ha teso ad altro che ad invadere la società, che 18 ora cerca di prendersi la rivincita sulla politica, con effetti di divisione, di frammentazione, di moltiplicazione di partitini, di idee, di proteste ... MANCINA Un nuovo «patto» costituzionale per uscire dalla crisi Non so se stabilire una correlazione così forte tra la crisi italiana e la crisi dei paesi dell'Est sia poi veramente utile da un punto di vista conoscitivo. Naturalmente lungi da me diminuire l'importanza mondiale della crisi dell'Est, della crisi del comunismo ed anche il rilievo particolare che questa ha in Italia, che è un paese che più di altri ha subito l'influenza della divisione del mondo secondo uno schema bipolare. Il contraccolpo, quindi, è certamente forte. Però io credo che le ragioni della crisi italiana siano molto italiane, e non siano recenti, ma affondino le loro origini negli ultimi vent'anni. Credo che il patto tra i partiti italiani, che ha dato origine alla forma di stato repubblicano, ha cominciato a venire meno negli anni '70, attraverso quella forma di accordo che è stata la «solidarietà nazionale». Proprio lì è venuta a termine anche questa forma di stato. Un termine che si è realizzato però in modo processuale ... Oggi siamo effettivamente di fronte ad un passaggio da una forma di stato ad un'altra. La prima forma di stato era caratterizzata da una certa funzione dei partiti costituzionali, quelli che hanno fatto la Costituzione, e da un certo rapporto tra questi partiti. Questo rapporto nell'ultima fase ha preso la forma del «consociativismo»,che poi ha dato origine anche a fenomeni perversi come quelli che identifichiamo quando evochiamo il termine generale di «questione morale». Io credo che effettivamente la fine dei partiti - non come tali, ma come noi li abbiamo·conosciuti, cioè dei partiti che hanno una fortissima funzione di sostegno dello stato, come i nostri e come - in forma più o meno simile - i partiti europei, io credo che questa fine sia effettivamente possibile. Ma non la identificherei con la fine della democrazia. Penso che dire che non ci può essere democra - zia senza partiti, e che la fine dei partiti significa la fine della democrazia, sia un modo per esorcizzare la fine dei partiti, cioè per non affrontare veramente il problema di come i partiti devono trasformarsi se voglio sopravvivere, oppure di come
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