Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 31/32 - ago./set. 1992

- I - ,P.tL BIANCO lX1tnosso Miiklilld Legalitàe solidarietà di Paolo Tufari 1tema della legalità è venuto clamorosamente alla ribalta in questi ultimi mesi, con diretto riferimento alla vita pubblica in genere e, molto più esplicitamente, con gravissime imputazioni contro quegli apparati di Partito che da mezzo secolo hanno messo le mani sullo Stato fino a farne cosca e cosa loro. Indubbiamente, questa esplosione di marciume è un fatto positivo perché si è usciti dalle invettive o dalle insinuazioni generiche contro la classe politica mettendo a nudo, invece, luoghi, circostanze, entità, meccanismi e soprattutto nomi e incarichi di una nomenclatura così altolocata quanto corrotta. Se questo è indubbiamente un fatto positivo per chi crede nella politica come missione o servizio per gli interessi generali della collettività nel massimo rispetto della legge, non si possono però solo per questo mettere a tacere alcuni dubbi che la situazione così come la stiamo vivendo o, meglio, così come ce la stanno rappresentando, necessariamente solleva. Dubbi sul quando: i reati contestati «oggi» agli Amministratori pubblici risalgono a fatti e misfatti compiuti anni addietro, con il concorso di moltissime persone implicate a vari livelli di responsabilità in una vera e propria forma di associazione per delinquere che non ha risparmiato né i vertici dei Partiti politici né funzionari di alto livello né grandi industriali né Presidenti e presidenze di importanti Enti a partecipazione statale. Quanti sapevano, per quanto tempo hanno taciuto e perché? Ma soprattutto: per quanto tempo ancora questa rete omertosa di consociazione a delinquere avrebbe continuato a funzionare se non fosse intervenuto a romperla non un sussulto di moralità generale ma la ribellione e l'astuzia di qualcuno fra i tanti «piccoli tartassati» capace di incastrare con uno stratagemma qualche noto e incallito professionista della tangentocrazia? Dubbi sul dove: l'attenzione si è appuntata su Milano e sulla Lombardia. Come mai si parla ancora 10 tanto poco e ancora così marginalmente di altre realtà, ugualmente e notoriamente corrotte, come Napoli e Roma? Il Deputato verde Mauro Paissan ha dato voce a questo dubbio con una interrogazione parlamentare al Ministro di Grazia e Giustizia (Il Manifesto, 10giugno 1992)ma, date le circostanze, c'è molto da dubitare che una tale interrogazione abbia la dovuta risposta, perché snellezza o no dell'attuale governo i politici che controllano le realtà politiche di queste due metropoli sono sempre al loro posto di controllo e comando per interposta persona. Pensiamo alla Napoli altro che milionaria! Del dopobradisismo e della perdurante Italstat. In ogni caso, lo scandalo di tangentopoli si allarga, se non a macchia d'olio come vogliono far credere certi giornali, perlomeno a macchia di leopardo, che in una Italia dell'omertà e della consociazione partitico-mafiosa è già molto. Col denaro che gira e con l'indistinzione che si è istaurata fra poteri di gestione e poteri di controllo, forse è «inevitabile che avvengano gli scandali» e c'è solo da sperare che sia vero anche il «guai a coloro per colpa dei quali avvengono gli scandali», guai, naturalmente, con la giustizia, come si addice a uno Stato di diritto; guai proporzionati al danno che questi cosiddetti signori hanno provocato alla collettività, anche in termini economici, ma soprattutto in termini di moralità e fiducia nella partecipazione dei cittadini alla politica come servizio in nome di grandi ideali, nell'interesse di tutti. I segni e i sintomi di questo degrado della moralità pubblica non si contano, dall'assenteismo sempre più esteso nelle consultazioni elettorali al trionfo del «Ci vorrebbe un amico» non, come dice la canzone, per aprire l'animo ma per aprire le porte, del Palazzo, del Comune, della Usl, della Circoscrizione e del Collocamento. Tra questi segni e questi sintomi mettiamo anche la stupefacente dichiarazione fatta pubblicamente in Campidoglio dal Presidente della Camera di Commercio

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