mento», perché quest'ultimo ha effetti di trascinamento e di esaltazione rispetto all'inflazione. Il conguaglio invece è solo il ristabilimento di un potere d'acquisto annuale corretto. E si potrebbe anche rilanciare qualche idea di solidarietà che vada oltre l'l % di prelievo aggiuntivo Irpef (definito con l'accordo del lO•dicembre '91 per sostenere prepensionamenti, Cassa integrazione guadagni e riduzione di 1 punto del costo del lavoro): per esempio congelando in titoli pubblici i conguagli relativi a fasce di reddito oltre una certa soglia, per destinarli a finalità sociali controllate dal sindacato. Un altro esempio potrebbe riguardare il cosiddetto «modello partecipativo» a livello aziendale. Nel documento presentato dalla Confindustria il 2 giugno scorso si accenna alla costituzione di organismi bilaterali, con un ruolo consultivo, di approfondimento ed istruttorio. Ma se esaminiamo il caso recentissimo della Fiat ove esisteva in base all'intesa del 1988 un «Comitato bilaterale di consultazione» ci si accorge dell'inaffidabilità di questo istituto. Il 25 febbraio scorso nell'ultima riunione di tale organitimo il responsabile del personale Fiat-Auto dr. Magnabosco annunciava che «nel 1992 la cassa integrazione sarà inferiore a quella del 1991, ed è eslcuso il ricorso alla cassa integrazione a zero ore». Esattamente quattordici settimane dopo la Fiat aveva invece maturato la decisione che almeno uno stabilimento produttivo era eccedente e quindi Chivasso poteva essere eliminato. Si diceva allora in «Comitato» che oggi la produttività non va più creata con l'automazione come nel 1980, ma con gli uomini che operano sui sistemi di governo delle macchine, puntando cioè alla «fabbrica integrata», che ha bisogno di integrare la flessibilità delle macchine con l'intelligenza e la flessibilità degli uomini. Oggi invece si giustifica l'eccedenza di operai e impiegati in Fiat con il processo di integrazione che eliminerebbe molte funzioni indirette svolte in precedenza. Le domande che allora scaturiscono riguardano non solo la «visibilità» sul futuro della Fiat in Italia e in particolare al Nord, ma anche il ruolo del sindacato nella partecipazione: se l'azienda pensa a tutto da soia, cosa può modificare l'intervento del sindacato rispetto al programma annuncia- .Q.{J, BIANCO lXILROSSO OWili\ilWi• to? L'azienda cioè preferisce fare da sola la maggior parte del cammino, oppure accetta che anche il sindacato entri in gioco, proprio fin dalla «fase istruttoria»? Eper il sindacato si tratta di capire se dopo dieci anni di dibattiti la volontà prevalente è quella di fare da notai delle decisioni altrui e poi giocare solo all'opposizione per ottenere piccoli correttivi, oppure giocare più alla grande come portatori di un «valore aggiunto» (visibile ed apprezzabile dai lavoratori) rispetto a quanto predisposto dall'azienda. Questo vuol dire riqualificare in modo sostenuto le forme elementari di comitati paritetici finora sperimentati. In particolare appare necessario che il «comitato di consultazione» costituisca non una semplice interfaccia fra due funzioni delle parti sociali, ma un istituto fatto di responsabili che decidono. Quindi bisognerà superare, almeno per quanto concerne la discussione sulle strategie aziendali, l'attuale condizione in cui il sindacato si confronta con chi amministra le decisioni, e quindi con chi ha tendenza a far passare la linea dettata dall'alto anziché ascoltare e riportare per avere un'effettiva «integrazione» fra le parti sociali. Un altro elemento di qualificazione di questi organismi di partecipazione è l'associazione di esperti che aiutino la parte sociale sindacale ed analizzare, comprendere e costruire quello che prima abbiamo chiamato «valore aggiunto sindacale». Su un altro piano occorre innovare la strumentazione per una gestione fatta congiuntamente e con metodi più avanzati della mobilità interna ed esterna: cioè occorre che il lavoratore in mobilità abbia un servizio reale dal soggetto che lo rappresen79 ta, in modo che fondamentalmente gli riduca il disagio. Pensiamo al fatto che l'ammortizzatore sociale per eccellenza, ossia la Cassa integrazione speciale, se usata per un lungo periodo di sospensione dal lavoro, crea uno stato di precarietà sociale che può avere degli effetti distruttivi sullo status e sull'equilibrio psicologico dei lavoratori. Perciò c'è bisogno di evitare l'isolazionismo dei singoli e mantenere la coesione intorno alla parte sociale che li rappresenta e li difende nell'ambito di un comitato bilaterale (oppure trilaterale se si introducono anche le Agenzie per l'Impiego) per la mobilità. Quindi il sindacato non deve curare solo l'amministrazione della promessa di ricollocazione (cioè tempi, modalità a criteri di gestione) per i lavoratori in esubero, ma anche fornire loro dei servizi di sostegno e orientamento. Si potrebbe ancora parlare dell'impostazione delle questioni di reindustrializzazione al Nord (nei casi di Chivasso per Lancia e di Crema per Olivetti) per definire le modalità di corresponsabilità sulle iniziative territoriali. Queste sono le riflessioni che nascono intorno ai problemi della quotidianità attuale: bisogna superare rapidamente il crinale fra l'esistente e il nuovo e creare oggi le condizioni per gestire le fasi successive: cioè per arrivare più preparati e avviare iniziative in controtendenza di cui Chivasso potrebbe rappresentare un caso esemplare. Dunque trasformare le disgrazie, che sono percepite più pesantemente anche per i ritardi sindacali, in una opportunità per sollecitare un'intelligente progettualità. Si potrebbe concludere che oggi occorre dare concretezza alla risposta eticoculturale che ci siamo trascinati dietro per oltre dieci anni. Agli opinion leader degli industriali (Romiti, De Benedetti) i quali hanno predicato per parecchi anni che l'evoluzione della società civile e dell'uomo è assicurata dal fatto che la collettività affida una parte dei propri talenti al dirigente industriale, perché li faccia fruttare... si è risposto che i talenti veri sano le persone, che non possono essere lasciate inerti, mentre gli inve, stimenti, i risanamenti finanziari e la produzione vanno subordinati all'uomo. Si può sperare oggi di non seppellire i nostri talenti?
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