renza, che i cittadini non possono conoscere e quindi giudicare, ove il potere delle segreterie di partito, delle correnti, dei franchi tiratori raggiunge il massimo livello. ~nnessun paese del mondo se ad esempio il partito di governo compie un'azione scorretta l'opposizione ne è complice. Ciò avviene solo in Italia perché non vi è una demarcazione precisa tra chi governa e chi è all'opposizione e la trasversalità è divenuta l'unico sistema di gestione della cosa pubblica. Rompere il consociativismo significa spezzare la catena della corruzione e dell'omertà, ma significa anche dare al cittadino la possibilità di essere, in modo concreto e non demagogico, partecipe della vita politica perché gli si dà il potere di scegliere al di là delle mistificazioni e delle manipolazioni. Un'altra eredità storica che scontiamo è quella dei partiti elefantiaci e totalizzanti. In nessun paese vi sono apparati mastodontici come da noi con il conseguente costo economico che è puerile credere possa essere soddisfattocon il finanziamento pubblico o con le offerte degli iscritti. Inoltre se la DemocraziaCristiana ha occupato il potere, il PartitoComunista ha occupato la società. Ci dobbiamo chiedere se è solo il carattere italico ad avere impedito il sorgere di associazioni, gruppi di pressione, clubs che, rappresentando interessi non di categoria ma politici in senso lato, potessero concorrere alla creazione di un'opinione pubblica libera senza essere organizzati, influenzati e spesso sostenuti economicamentedai partiti. Penso all'associazionismo diffuso dei paesi anglosassoni ma anche della Germania e della Francia, nato spontaneamente e spontaneamente sostenuto dalla gente interessata ad un determinato problema mentre da noi dietro ogni raggruppamento (Udi, Arei ecc.) si intravvedeva il simbolo di un partito. In questi ultimianni qualcosa è cambiato l'occupazione si è spostata sulle Usl, banche, Iacp ecc. ma il principio è rimasto lo stesso. Noi restiamoprigionieri della concezione leninista del partito, inizio e fine della politica. Questaconcezione è di ostacolo all'esigenza oggi fortemente sentita di dare più potere al cittadino. Non a caso il Pds, erede del Pci, si oppone all'elezione diretta del Capodello Stato, al referendum propositivoecc., a tutti quegli istituti insomma ca- {)JL BIANCO lXILROSSO lit•®ilil paci di trasferire quote di potere dai partiti agli elettori. Non voglio certamente negare il ruolo dei partiti, che anzi è stato per molto tempo un importante veicolo di formazione dei cittadini, ma essi devono diventare veramente strumenti della democrazia, dell'aggregazione del consenso intorno ad idee guida. La perdita di prestigio dei partiti determina il sorgere del notabilato attorno al quale si coagulano spesso interessi non sempre puliti. In un libro edito recentemente in Francia «Lacorruptionde la Republique» si fanno risalire gli scandali di quel paese proprio alla debolezza dei parlili ed alla crescila di personaggi locali alcuni dei quali vincono per la stima e il rispetto che li circonda, altri per ragioni molto meno nobili. Lo smembramento per i partiti in comitati elettorali, in gruppi legati a questo o a quel leader favorisce la corruzione quanto il partito onnipresente. Se oggi l'elettorato valuta la persona con più attenzione di una volta, quando il voto era prevalentemente ideologico, bisogna saper proporre individui credibili. Le donne, gli intellettuali, le forze del lavoro forse possono essere uno degli elementi del cambiamento non perché siano intrinsecamente più onesti, ma perché meno legati al professionismo politico, generalmente con un proprio lavoro che li rende più autonomi e meno ricattabili e più vicini ai bisogni reali della società. Se vogliamo moralizzare la vita pubblica, oltre al rinnovamento istituzionale, questa è una strada obbligata. Così come è obbligata la strada della riforma elettorale sia per ridurre il proliferare dei partiti, rendere chiare le differenze tra gli stessi, stabili ed efficienti i governi, coerente il voto del corpo elettorale (oggi quando si va a votare non si sa se giudica il governo Goria o quello Andreotti, il pentapartito o il quadripartito), sia per evitare uno spreco di denaro che non proviene certamente dalle tasche del candidato. Nelle campagne elettorali non vale chiedere al concorrente chi sei? Cosa hai fatto sin'ora? Qual'è il tuo programma? Ma dimmi quanti soldi hai e ti dirò se sarai onorevole o anche solo consigliere comunale. La preferenza unica,non ha risolto il problema anzi, con buona pace dei moralizzatori improvvisati, lo ha aggravato. La verità è che sono nemici della chiarezza e della trasparenza e la proporzionale 51 pura e il volo di preferenza uno o plurimo che sia. Democrazie vecchie e nuove come Francia, Germania, Spagna lo hanno abolito anche se non sempre con il successo sperato. Esso può essere espressione della volontàpopolare nei piccoli centri in cui tutti si conoscono e una manciata di suffragi è determinante, ma nelle grandi città, nelle elezioni politiche o peggio europee la scelta è rimessa alla forza del denaro, alle oligarchie di partito, alle lobby potenti. Il modo di svolgere una campagna elettorale è in questi ultimi anni profondamente cambiato. Non più comizi,assemblee di fabbrica, riunioni nelle osterie con al massimo un bicchiere di vino e una fetta di salame, ma cene, ricevimenti,Tvprivate, annunci sui quotidiani di grande tiratura.Fissareun tetto alle spese elettorali è ipocrisia.Chi mai conterà quante cene ho organizzato,quanti depliants palinali ho distribuito, quante lettere ho spedito? Più facile forse una regolamentazione riguardante le Tvprivate ed i giornali stabilendo, magari come norma interna di partito, un numero massimodi apparizioni. Ma il nocciolo sta nel ridurre la concorrenzialità tra i candidati trovandoun sistema (circoscrizioni elettorali più piccole, elezioni primarie, collegio unico nazionale ecc.) che impedisca lo spostamentodei valori: dalle capacità del soggetto al denaro di cui dispone. Ma il voto di preferenza ha anche un altro inconvenienteal quale come italiani dovremmo essere molto attenti in questo momento in cui gli accordi di Maastricht ci impongono un ridimensionamento drastico del debito pubblico. Quante sono le cosidette «leggine», gli sfondamenti di bilancio (che, e non ci vorrebbe molto,dovrebbe essere approvatoo respinto senza emendamenti) frutto di un voto trasversale per ottenere i favori personali di questa o quella categoria? Quelle che ho esposto sono alcune delle ragioni per cui ritengo che la questione morale o diventa questione politica di riforme istituzionali profonde, alle quali certamente vanno aggiunte subito la modifica delle regole per gli appalti, la separazione delle funzioni di indirizzo e di controllo da quelle di gestione, la fine dell'occupazione partitica di ogni spazio di potere, la revisione dell'immunità parlamentare ecc., o è una lamentazione senza via di uscita. Per questo, pur addolorata per quanto sta avvenendo nel Psi, respingo
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