Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 29/30 - giu./lug. 1992

pendono cioè per le nomine dai consigli elettivi). Ma questa cura dimagrante non è agevole perché, teniamolo ben presente, si tratta, né più né meno di escludere i consigli elettivi dalla procedura per le nomine. Apriti cielo. È un delitto di lesa democrazia. Il nocciolo del problema si sposta comunque: a chi affidare il compito delicatissimo delle nomine? Non credo possa rappresentare una soluzione soddisfacente quella avanzata in qualche grosso Comune, per esempio Firenze: facciamo una specie di concorso al quale tutti si possano presentare, cittadini impacchettati in un partito e cittadini sciolti, ignari di qualsiasi pacchetto; poi una bella commissione che lavori alla luce del sole e scelga il migliore per la poltrona da assegnare, ossia chi ha più titoli e possibilità per occuparla positivamente. Sì, ma come viene nominata quella Commissione? Si sa cosa succede, invariabilmente, in quelle universitarie. Se viene nominata dal Consiglio comunale son sempre i partiti a condurre la danza, facendosela a propria misura, ovviamente col manuale Cencelli alla mano, ossia con le debite proporzioni rispettate. D'altronde il medico che sappia prescrivere e imporre al paziente questa cura dimagrante non si è trovato e temo anzi lo si possa mai trovare. Abbiamo già avuto, non dimentichiamolo, il tentativo fatto dal segretario del Pds, il partito per costume e cultura più centralizzato di tutti; ed è un tentativo clamorosamente e totalmente fallito, per le rivolte interne, collettive e unanimi, degli interessati. Alludo a Occhetto e alla proposta di far uscire dai consigli delle Usi i rappresentanti del suo partito. Se il segretario fosse riuscito a far passare la sua proposta sono convinto che il Pds avrebbe ottenuto almeno due vantaggi: qualche centinaio di migliaia di voti in più alle elezioni (ma allora fanno sul serio, dicono di voler cambiare il sistema e comin - ciano da se stessi; diversamente dagli altri, alle dichiarazioni di intenti fanno seguire i fatti...) e qualche dirigente di Usi incapace, o comunque fuori posto, in meno. È noto come, invece, sono andate le cose: col pretesto della legge di modifica del Servizio sanitario nazionale e della organizzazione della Usi in discussione al Parlamento si è dissimulato il rigetto - ripeto: totale, nemmeno cominciato a discutei.)!L BIANCO lX.ILROSSO iiX•#ihOI ... ""•· ~""'- ',f -=--.·----_·_:.:...-.~ ~.:;;_; __ f,17t a;:;:;_( _:__ J ,.------:- ..-.-.~:".·'.-/.-.. i --...L r ' ,. ·, ' .,.-7 ' '/ ' ,,. . - f -;..--~~.";'"°~ ; ··/ ··., l I ·.. .- ! I--· -~:.:... ... -·-':"=··· - ______ ,._, .. ···- . --- . . : ·- . :\ .. ~;,,;.~ ":_:_'À5~: .."-~ ·-·--è-:\-:-I·· 7 \ --\ . ... . , . / l re, un rifiuto di principio - della proposta del segretario. Proposta che il sottoscritto aveva sinceramente e per quanto poteva fortemente sostenuta in un paio di articoli su l'Unità e si è poi visto togliere il saluto, o almeno si è sentito chiedere se era diventato pazzo, da parte di dirigenti locali del partito che avrebbero dovuto dare le dimissioni o rinunciare a pensare a un posto nelle Usi come a una buona tappa della propria carriera. Il colmo fu raggiunto da uno il quale candidamente mi disse: dove siamo minoranza, lo capisco; ma dove siamo maggioranza perché mai dovremmo lasciare quello spazio che ci spetta ad altri partiti? Gli risposi che proprio in questo suo modo di vedere le cose stava il cancro del sistema, lottizzazione o spartizione che dir si voglia, la democrazia ridotta a quota proporzionale del potere; e che lui sarà stato anche un buon comunista nelle convinzioni personali di fondo ma era certo che le pessime abitudini altrui, appunto la malattia del sistema, lo avevano contagiato in maniera assai preoccupante, forse irreparabile. La cura è chiara, dunque, ma come applicar la resta tutto da pensare e da inven47 tare. Alle possibilità di autoriforma dei partiti io posso solo sperare, non crederci seriamente. Le insistenze sulla «questione morale», cioè sull'aspetto etico di un certo modo di concepire la politica e di operarla, sono compresse di aspirina a un malato terminale per male inguaribile. Potrebbe avere un effetto d'urto, di trascinamento, di messa con le spalle al muro anche un solo partito che rinunciasse, di principio e di fatto, a partecipare alla spartizione delle nomine. Questo partito, allo stato, non potrebbe essere che il Pds, il quale, non foss'altro, ha avuto la forza di esprimere un'intenzione. Ma, come ho ricordato, mal glien'è incolto. Ciò non toglie che possa aver successo domani quel che ha fallito ieri. Ricordiamo che al centro della questione c'è la gente che è stanchissima di parole e vuole fatti, fatti dirompenti, «rivoluzionari», rispetto a certe abitudini diventate, per i più, insopportabili. È ovvio che la situazione comporta un pericolo e una minaccia per la democrazia. A qualcuno, infatti, sembra più che auspicabile, risolutiva anzi della crisi, la Seconda Repubblica di tipo presidenziale. Questa sarebbe già di per sé riduttiva (o almeno si immagina sarebbe) dell'eccesso di potere esercitato dai partiti. Personalmente sto con quelli che ci vedono solo una scorciatoia apparente che aggraverebbe, anziché alleggerirli, i problemi. Non penso affatto, sia chiaro, che vi sia contraddizione insanabile fra struttura presidenzialista dello Stato e democrazia; dico soltanto che percorrendo quella strada i partiti non guariranno dai loro mali che sono l'ipertrofia strutturale, l'invasione di campi non loro, la ricerca del consenso ad ogni costo come fine supremo al di sopra del bene comune o dell'interesse generale. Anzi ci sarebbe da temere che questi mali peggiorassero: penso alle lotte interne per la conquista della candidatura alla presidenza. Le tangenti allora servirebbero anche per finanziare la sete del consenso interno. Certo, bisogna tener presente che fra regolamentazione elettorale e struttura dei partiti vi è una correlazione che può diventare anche molto stretta e in qualche modo determinante. Ma questo richiamo ci porta alla legge elettorale la cui riforma, si sa, è all'ordine del giorno in senso correttivo della proporzionale, ora che abbiamo superato il tempo e la situazione in cui

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