e gestionali, dalle cecità accumulate negli anni, e più utilmente alimentare la nascita di forze originali? La domanda si pone forte oggi a Pds-Psi-Psdi; è posta a parole dal Pri a spezzoni Dc; è stata affrontata dai pannelliani nel partito transnazionale; si porrà in prospettiva anche ai partiti-movimenti di questi anni (Leghe, verdi, Rete). Uno scompaginamento guidato e soprattutto desiderato, se condotto aldilà delle sole logiche di fusione tra apparati, sarebbe un grande segnale per la gente, anche se in apparente controtendenza con la frammentazione dell'attuale voto elettorale. Sarebbe un'occasione in più per disegnare non solo un diverso quadro (sempre .{).I.L BIANCO lXILROSSO iiX•®ilil teorico, ricordiamolo) di alternanza tra schieramenti, ma un più concreto e palpabile ricambio nella classe politica alla guida del paese. Forse così possono trovare spazio e consenso quelle competenze professionali e civili che già guidano tante piccole, riservate, poco appetite esperienze di Autonomie locali. Allora potremo fare meno discorsi «moralistici» e dare peso ai nostri giudizi su chi è capace e chi è corrotto o imbecille. Chi provoca chi So che possono non piacere questi toni «apocalittici», estranei a chi vede del pensiero tragico solo la pars destruens. Eppure parliamo di accettare una provocazione al cambiamento che la Storia ci offre: creare nuovi partiti, ridisegnare le istituzioni, mettere alla prova la vitalità del «sociale». È qualcosa che ad Est si è avviato in due anni, con civiltà e realismo sulla fragilità dei nuovi equilibri. Trovo più angoscioso che in Italia tanti vivano con la tranquillità che nulla cambierà comunque. Come se non ci fossero alle porte prospettive ben più tragiche per il nostro sistema di quelle qui sollevate, davanti al contemporaneo accatastarsi di così tante pratiche da risolvere su questi tavoli. La malattia è graveu: rgeuna radicaleamputaziondei potere ulla parte diagnostica, diciamo S così, del «domandone» sono pienamente d'accordo e non ho obiezioni di sorta. È vero, Milano non è un episodio ma l'epifenomeno di un sistema generalizzato che si stende per tutto il Paese. Non si tratta di alcuni disonesti o «mariuoli» da pescare e punire esemplarmente; si tratta di un maleprofondo che ha attaccato l'intera società, a cominciare, appunto, dagli imprenditori (i quali si lamentano perché, se vogliono lavorare, devono pagare le tangenti ma dimenticano, o fanno finta, tutti gli altri vantaggi che traggono dai rapporti con la P.a. e che li ripagano ampiamente, aumentando e non riducendo i margini di profitto). È vero, c'è una sproporzione enorme fra il costo della politica e le entrate legali dei partiti. Basta pensare che il finanziamento pubblico è di poco superiore ai 100miliardi/anno e che, quando il Parlamento modificò l'ultima volta la relativa legge (si eradi Mario Gozzini nell'84 o nell'85), si diceva che il costo complessivo dei partiti superava molto i 1000 miliardi. Che ora, sette o otto anni dopo, con l'inflazione e il resto, si avvicineranno ai 2000. Da qualche parte la differenza - certo cospicua, trattandosi di oltre 1500miliardi - deve pur venir fuori: non bastano certo, a tal fine, le elargizioni legali e i proventi dalle feste de l'Unità, dell'Amicizia, dell'Avanti! Bisogna dir forte dunque che il nostro sistema politico, in quella sua articolazione fondamentale e irrinunciabile che sono i partiti, riconosciuti dalla Costituzione, vive in piena illegalità. Ciò significa tante cose, e anche il fatto che le illegalità dei sottosistemi, così diffuse anch'esse, traggono origine e in qualche modo giustificazione dalla illegalità principale. D'altronde è molto probabile che gli imprenditori preferiscano (ossia giudichino più vantaggiosa)la via illegale delle tangenti sottobanco con i rischi giudiziari connessi - abbondantemente calcolati nei conti pre46 ventivi e fatti ripagare in altro modo - alla via legale prevista dalla legge delle elargizioni alla luce del sole che potrebbe esporli eccessivamente allo sguardo, pur così miope, quasi cieco, del nostro fisco. Anche sulle indicazioni terapeutiche sono d'accordo. Modifichiamo le regole per gli appalti, affidiamo la massima parte possibile delle opere pubbliche alle aziende di Stato, riduciamo al minimo indispensabile i subappalti, limitiamo drasticamente l'immunità parlamentare ... Tuttobenissimo, tutto opportuno, anzi necessario. Ma non illudiamoci che queste cose valgano a cambiare il sisternr1S. i tratta di palliativi, ci vuole ben altro. Cioè appunto la cura dimagrante per i partiti: sia all'interno, con ]~ riduzione degli apparati pletorici che ne fanno delle vere e proprie aziende con permanente esuberanza di personale o con rendimento medio bassissimo (il che è lo stesso), sia all'esterno, estromettendoli in modo assoluto dalle designazioni dirigenziali negli enti di secondo grado (che di-
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